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Con i rumors ben sondati sulla candidatura di Guido Bertolaso per il centrodestra e l’annuncio della discesa in campo di Carlo Calenda sembra completo il quadro delle candidature per le prossime amministrative per Roma Capitale.

Ai due prevedibili candidati di Azione e della coalizione di centrodestra va aggiunta la ricandidatura di Virginia Raggi, avanzata nel corso dell’estate, aprendo la questione nel M5S del superamento del divieto del doppio mandato (Raggi è stata consigliere comunale, prima di divenire sindaca).

Il trittico dei candidati, per ora solo virtuale, è emerso dopo una tormentata stagione di pressing, nel centrodestra e nel centrosinistra, su potenziali candidati politici di livello per il Campidoglio. Alle molteplici richieste verso nomi quali Giorgia Meloni, da una parte e David Sassoli ed Enrico Letta, dall’altra, non sono giunte risposte positive e la scelta di una candidatura che nessuno sembrava voler raccogliere ha trovato i propri potenziali aspiranti in due outsider della politica: il medico manager della Protezione civile, quel Guido Bertolaso sempre pronto a raccogliere ogni sfida connessa a disastri su vasta scala (e solo il cielo sa quanto la Roma contemporanea rientri nella categoria) e l’“enfant gâté” della politica muscolare del centrosinistra, quel Carlo Calenda che di Roma conosce bene centro storico e circoli sportivi.

Due outsider politici, due personaggi in cerca di autore partitico, in bilico tra le rispettive competenze professionali e l’assenza di un autentico radicamento partitico. Quest’ultimo elemento, soprattutto si rivela davvero necessario per mobilitare il consenso elettorale in una megalopoli così disincantata e cinica, fiera della sua bellezza e centralità millenarie che resistono, nonostante tutto e tutti.

Non è un caso che il fuoco amico delle primarie del Pd romano sia già stato avviato nei confronti di Calenda, percepito come un outsider rispetto alla composita congerie di forze sociali e interessi che gravitano attorno al Pd romano, un segmento assai specifico e precipuo del Pd nazionale. Le primarie di Calenda contro i “sette nani”, come malevolmente sono stati definiti gli altri candidati allo scranno di sindaco per il centrosinistra, possono avere l’effetto di depotenziare proposte e programmi che l’europarlamentare può portare per la città di Roma.

Successivamente ad una eventuale conquista della candidatura alle primarie, Calenda si troverà di fronte un pesante negoziato politico con gli esponenti del Pd romano e la loro base elettorale, che potrebbe diluire ancora la carica progettuale innovativa di un outsider extrapartitico.

Non più lineare la strada di Bertolaso verso la candidatura: il supporto esplicito e costante di Silvio Berlusconi non sembra sufficiente per fare breccia negli alleati di FI, Salvini e Meloni, che forse temono la dimensione troppo tecnica e impolitica della candidatura. La circostanza che sia stato fatto circolare molto in ambienti politici e giornalistici romani il sondaggio che vede riconosciuto a Bertolaso il 44% dei consensi potenziali dei romani alle urne sembra una spinta gentile verso una candidatura che non convince fino in fondo tutti gli alleati.

Ai due outsider, dopo la formalizzazione delle candidature, resta una questione rilevante da sciogliere: la definizione di una squadra  e la proposta di un programma serio, in grado di centrare e provare a risolvere i principali temi aperti a Roma (rifiuti; trasporto pubblico locale; riformulazione della vocazione della città, dopo la fine di un certo turismo e commercio nell’era post-Covid; riconnessione economica, sociale e fisica delle periferie al tessuto urbano; sviluppo di nuove industrie creative). Per quanto riguarda la definizione della squadra, nel corso dell’esperienza di Raggi al Campidoglio si è visto che si può presentare il programma più originale e innovativo, ispirandosi alle buone pratiche di altre capitali europee e mondiali, ma senza un team con competenze solide e realmente al servizio del programma del sindaco, poco si riesce a compiere.

Questo elemento suggerirebbe che i due candidati del centrodestra e centrosinistra iniziassero a guardarsi attorno sin da questa fase, di modo tale da creare ed integrare un proprio team di esperti a prova delle sfide che li attendono. Per ciò che concerne la scelta dei punti programmatici essa deve tenere conto dei temi e dei problemi che affliggono la Città eterna, ma deve anche aprirsi a prospettive di sviluppo, connettendosi ad eventi quali il Giubileo del 2025, che cadrà nel corso del prossimo mandato del sindaco eletto nel 2021.

In occasione dell’Anno Santo del 2000, un sindaco come Rutelli ebbe la capacità di ripensare buona parte dei servizi e delle aree della Città, rendendo l’evento religioso una leva (forse l’ultima, in ordine di tempo) per la crescita e lo sviluppo di una certa idea di Roma.

Il futuro sindaco potrebbe replicare l’efficace gestione dell’evento straordinario operata da Rutelli, affiancando anche adeguati poteri e risorse economiche connesse allo status di capitale di Roma. Con risorse economiche destinate al Giubileo paragonabili ai 1.258,7 milioni di contributi pubblici conferiti dallo Stato al Comune di Milano per Expo 2015, una serie di nodi strutturali della Città eterna, dal trasporto pubblico locale alla realizzazione di nuove strutture di servizio utili anche in seguito all’Anno Santo, potrebbero essere utilmente affrontati nei programmi e nelle previsioni dei candidati a sindaco. Non resta che valutare come i due potenziali candidati Bertolaso e Calenda sapranno declinare questi temi, in vista di una campagna elettorale che si rivelerà combattuta attorno alla visione della Città eterna del futuro.

roma

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