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Entro la prossima settimana le prime dosi del vaccino contro il Covid prodotto dall’americana Pfizer e dalla tedesca BioNTech saranno somministrate ai cittadini del Regno Unito. Londra diventa il primo Paese al mondo a deciderne l’impiego sulla popolazione con un annuncio fatto uscire dal ministero della Salute alle 8 di mattina di mercoledì 2 dicembre.

Il governo inglese recepisce le indicazioni fornite dalla MHRA, l’Agenzia regolatrice dei farmaci in UK, e – dato anche che la percentuale di efficacia (al 95 per cento) è superiore a quanto richiesto – Downing Street ha deciso di dare il via libero all’utilizzo. Londra aveva preordinato 40 milioni di dosi, che visto la doppia somministrazione, saranno usate per vaccinare subito 20 milioni di persone.

In queste prossime settimane si partirà dai più a rischio (anziani, individui con patologie pregresse, personale medico-sanitario e altre categorie sensibili), mentre nei primi mesi del 2021 si allagherà agli altri cittadini. In quel momento, oltre a nuove dosi del prodotto basato sul mRNA della Pfizer, potrebbero essere utilizzabili nel Regno Unito anche quelle di AstraZeneca, azienda svedese-britannica che sta chiudendo la sperimentazione su un vaccino costruito in collaborazione con l’università di Oxford (e con l’Irbm di Pomezia, da cui in queste stesse ore è stato annunciato che nel giro di una settimana il siero sarà pronto per l’approvazione).

La decisione inglese è molto importante e ha una serie di sfaccettature interessanti. Londra ha fatto una scelta indipendente, anticipando di diversi giorni la decisione della Ema, l’Agenzia europea del farmaco, che ha fatto sapere che esprimerà entro il 29 dicembre il proprio parere sul vaccino Pfizer/BioNTech. Per i sostenitori della bontà della Brexit è un chiaro elemento di vantaggio dato dall’essere al di fuori dell’Unione: il 29 dicembre già diversi inglesi potrebbero aver ricevuto la prima dose.

Quanto annunciato da Londra diventa per certi versi da inserire tra le mosse di quella che gli strateghi inglesi sono tornati a definire “Global Britain”: ossia è una scelta che proietta la media-potenza del regno sulla sfera globale.

Tutto sembra avere più valore strategico che sanitario. Muoversi in anticipo può per esempio diventare una forma di rassicurazione davanti a scozzesi e irlandesi – cittadini del Regno Unito da persuadere, adesso, sull’utilità di restare all’interno del regno davanti a ravvivate ambizioni e tendenze separatiste. Mossa che in questo caso copre una consapevolezza tetra per Londra: la Washington di Joe Biden l’irlandese non è favorevole alla Brexit e tiene in primo piano le necessità dell’Eire (e le posizioni dell’Ue sull’Irlanda del Nord).

Restando allora nell’ambito della strategia, la domanda è se la scelta di anticipare AstraZeneca con Pfizer è dunque una concessione agli Stati Uniti per mostrarsi ancora più vicina all’alleato cruciale. Scegliere per primo Pfizer in effetti significa scegliere uno dei vettori principali (insieme a Moderna) con cui Washington sta conducendo il confronto sul vaccino, arma strategica del momento. E questo va appunto a parziale detrimento di AstraZeneca e del lavoro dei laboratori oxfordiani.

Il tema della necessità inglese di restare nelle grazie americane; quello di dare un segnale al regno e al mondo di indipendenza e capacità; la necessità di trovare un ambito di vantaggio sul resto dell’Occidente per tirare un sospiro dopo periodi complessi; sono i risvolti dietro alla scelta di Londra. L’esigenza sanitaria diventa campo di azione per volontà di carattere anche superiore, come visto più volte durante la pandemia (pensare per esempio alla diplomazia delle mascherine).

regno unito difesa

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