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Il Comitato Indo Pacifico della Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati ha ospitato poche ore fa un’audizione informale (senza registrazione video) a cui hanno partecipato funzionari del dipartimento di Stato e del Consiglio di Sicurezza nazionale statunitense (Nsc). La delegazione arrivata da Washington è di primo livello: Sarah Beran, e Henrietta Levin Director per China and Taiwan al Nsc; Nora Todd, Senior Director per International Economics al Nsc; Rob Lee, Director per Western Europe al dipartimento di Stato; Julian Gewirtz, vice direttore delle Global China Issues a State. Con loro, analisti e responsabili specifici dell’ambasciata statunitense di Via Veneto.

Temi trattati molto vasti, ma soprattuto incentrati sulle relazioni con la Cina, sulla posizione di Roma nel quadro del confronto tra potenze Washington-Pechino, del ruolo che l’Italia può occupare nelle dinamiche ultra-complesse che stanno interessando l’Indo Pacifico — dove attori come il Vietnam, il Giappone e la Corea del Sud, per non parlare dell’India, stanno approfondendo le relazioni bilaterali con l’Italia, mentre aumentano le loro tensioni con la Cina e rafforzano il rapporto con gli Stati Uniti. Tra gli argomenti toccati, la sicurezza e la resilienza delle catene di approvvigionamento, con particolare attenzione ai materiali critici e alle tecnologie cutting-hedge (come l’AI), ma anche la libertà di navigazione dal Mar Cinese al Mar Rosso e il valore della deterrenza.

“Innanzitutto, mi piace sottolineare l’ampia partecipazione da parte dei miei colleghi, che significa aver compreso l’importanza di questo incontro che siamo onorati di aver ospitato”, spiega Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione che ha presieduto la riunione oggi pomeriggio. “Ma è logico che ci sia partecipazione, visto che quanto accade nell’Indo Pacifico riguarda il nostro diretto interesse nazionale, e non a caso, come ha recentemente sottolineato la sottosegretaria Maria Tripodi, il tema sarà tra le priorità del G7 che presidieremo quest’anno”.

Per Formentini, ciò che è emerso chiaramente è che “occorre continuare a intensificare i rapporti con l’amministrazione statunitense, anche a livello parlamentare, perché in ballo c’è un attacco complessivo al nostro sistema di valori. La libertà di navigazione dello Stretto di Taiwan e dell’intero Indo Pacifico, un’area in cui passano due terzi del commercio globale ogni anno, si somma infatti alle vicende che hanno protagonisti gli Houthi, perché la sfida dell’Indo Pacifico è globale, con l’interconnessione nel quadrante Indo Mediterraneo che ci riguarda da vicinissimo, ma non possiamo perdere di vista ciò che accade dove il Pacifico si fonde nell’Artico e non possiamo sottovalutare la spinta sulla cooperazione tra Cina e Russia”.

A proposito di Cina, qual è la linea uscita dai funzionari americani? “Sulla Cina è stata ribadita la posizione ufficiale dell’amministrazione Biden: l’approccio basato su ‘invest, align, and compete’ rimane il solco tracciato da Washington, anche se recentemente si è rinvigorita la relazione diplomatica secondo necessità di stabilità. Una linea che dovrebbe seguire anche l’Italia, con la consapevolezza che la competizione è in corso”.

Così abbiamo ragionato di Indo Pacifico con i funzionari Usa. Il racconto di Formentini

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