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L’oppositrice bielorussa Maria Kolesnikova si trova in un centro di detenzione a Minsk. Lo ha riferito il sito d’informazione indipendente Tut.by, citando il padre della donna che è stato avvertito da un investigatore. Di Kolesnikova si sono perse le tracce lunedì e secondo i suoi collaboratori si è trattato di un “rapimento” organizzato dall’intelligence del regime. (Da notare che le autorità bielorusse hanno sostenuto fino all’ultimo che la donna non era in stato di detenzione).

È accusata di un tentato colpo di stato, usurpazione del potere ed eversione: oggi è iniziato il suo interrogatorio. Secondo membri del suo staff, Kolesnikova nel frattempo ha presentato denuncia contro funzionari del Kgb e del Gubopik bielorussi per averla minacciata di morte durante l’arresto.

Ieri un altro oppositore, Anton Rodnenkov, ha raccontato che le autorità bielorusse hanno cercato di costringerla a varcare la frontiera ucraina a inizio settimana, ma lei si è rifiutata e ha distrutto il suo passaporto per evitare l’espulsione, prima di essere arrestata. Il tentativo di espellerla con la forza è stato condannato anche dal segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, che si è detto “profondamente preoccupato” e ha avvertito che gli Stati Uniti stanno considerando di imporre ulteriori sanzioni.

Il capo della diplomazia americana ha esortato il regime di Minsk a “mettere fine alle violenze contro il suo stesso popolo, a rilasciare tutti coloro che sono stati ingiustamente fermati, compreso il cittadino americano Vitali Shkliarov, e a partecipare in un dialogo significativo con rappresentanti autentici della società bielorussa”.

Sul caso Kolosnikova è stata dunque superata ufficialmente la versione in cui si sosteneva che era stata prelevata per strada a Minsk, ma poco cambia nella sostanza: il regime creato dal presidente-eterno Aleksander Lukašenka sta stringendo alla gola le opposizioni, che da cinque settimane scendono in strada, sostenute da un’ampia fetta di popolazione, per protestare contro i risultati delle presidenziali del 9 agosto (le accuse sono di brogli per permettere una nuova vittoria al batka bielorusso, per la prima volta in quasi trent’anni in reale difficoltà).

Dei sette membri del presidium del Consiglio di coordinamento, il centro movimentista delle opposizioni, sei sono in stato di detenzione o sono stati costretti a lasciare il paese. Solo il premio Nobel Svetlana Aleksievich è libera, anche se nei giorni scorsi ha denunciato la presenza di agenti nel suo pianerottolo (ieri una serie di diplomatici europei erano nella sua casa per dimostrare vicinanza e protezione).

Sempre ieri, la giornata s’era aperta con l’arresto dell’avvocato Maxime Znak, uno dei due ultimi componenti del Consiglio di coordinamento dell’opposizione bielorussa ancora in patria e in libertà: il legale è stato prelevato da uomini mascherati mentre si trovava nel suo ufficio per partecipare a una videoconferenza.

 

 

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