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La Cina attacca le restrizioni statunitensi alle esportazioni dei chip e minaccia rappresaglie. Si tratta, ha affermato ieri il ministero del Commercio cinese, di “bullismo unilaterale e protezionismo, che mina gravemente la stabilità del settore globale dei semiconduttori”.

Cosa prevedono le misure americane

Nel mirino di Pechino ci sono le linee guida statunitensi che scoraggiano l’uso di semiconduttori avanzati cinesi, in particolare i chip per l’intelligenza artificiale prodotti da Huawei. L’uso dei chip Ascend del colosso Huawei “in qualsiasi parte del mondo” viola i controlli alle esportazioni imposti dagli Stati Uniti, si legge nella nota americana. L’Ufficio per l’industria e la sicurezza del dipartimento del Commercio ha inoltre messo in guardia sui “potenziali rischi” derivanti dall’utilizzo di chip per l’intelligenza artificiale statunitensi per l’addestramento di modelli di intelligenza artificiale cinesi. Il processo di addestramento dei modelli IA consiste nel fornire loro dati per apprendere schemi e modelli, mentre l’inferenza è la fase in cui i modelli già addestrati applicano tali conoscenze a nuovi dati per formulare previsioni o generare output. Le aziende statunitensi riceveranno indicazioni su come proteggere le catene di approvvigionamento da strategie di elusione, nel tentativo di rafforzare i controlli all’export sui chip Ia destinati all’estero, si legge in una nota dell’ufficio.

La contromossa di Pechino

In una nota pubblicata ieri, il ministero del Commercio di Pechino ha dichiarato che chi contribuisce all’attuazione delle linee guida pubblicate la scorsa settimana da Washington potrebbe incorrere in “responsabilità legali corrispondenti”. Le autorità cinesi hanno definito le misure statunitensi “restrizioni discriminatorie” nei confronti delle imprese nazionali e hanno esortato Washington a rispettare le regole del commercio internazionale e il diritto degli altri Paesi allo sviluppo scientifico e tecnologico.

I dubbi di Nvidia

Sempre ieri, l’amministratore delegato di Nvidia ha criticato le restrizioni sulle esportazioni di semiconduttori avanzati imposti da Washington verso la Cina, sostenendo che si sono ritorti contro di loro, spingendo aziende tecnologiche cinesi come Huawei a innovare più rapidamente. Alle aziende cinesi sono stati dati “lo spirito, l’energia e il sostegno del governo per accelerare il loro sviluppo”, ha dichiarato Jensen Huang, secondo quanto riferito dal sito Semafor. “Il controllo delle esportazioni è stato un fallimento”, ha aggiunto. Nvidia ha cercato di mantenere la sua presenza in Cina, anche con chip meno avanzati, ma la sua quota di mercato si è quasi dimezzata, ha detto Hiang. Ad aprile, Nvidia ha previsto una perdita di 5,5 miliardi di dollari dopo che il governo statunitense ha limitato l’esportazione del suo chip di intelligenza artificiale H20 verso la Cina, un mercato chiave per uno dei suoi prodotti di punta. Gli Stati Uniti, tuttavia, hanno revocato martedì ulteriori controlli all’export sui semiconduttori avanzati per il calcolo, rispondendo alle richieste di quei Paesi che avevano denunciato l’esclusione da tecnologie cruciali per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

Chi rischia di più

Tuttavia, a rischiare di più in questo scontro frontale non sono soltanto Washington e Pechino, ma soprattutto gli “Stati di mezzo” – nazioni come l’Italia, la Germania e altre economie aperte all’influenza di entrambi i giganti. Questi Paesi vedono nel settore dei semiconduttori una leva cruciale per la propria competitività industriale e temono di dover scegliere da che parte stare, con ricadute negative su settori chiave come l’automotive, l’aerospazio e le tecnologie green. L’Italia, per esempio, dipende in larga misura dalle forniture di chip esteri e potrebbe subire ritardi negli investimenti in ricerca e sviluppo se le tensioni costringessero i produttori locali a rinunciare ai mercati cinesi o statunitensi.

Verso un maxi-accordo?

L’unica via di uscita da questo vicolo cieco appare un accordo multilaterale di ampio respiro tra Washington e Pechino, in cui il tema dei controlli alle esportazioni diventi parte integrante di un’intesa strategica più ampia: dalla tutela della proprietà intellettuale alla cooperazione su standard tecnologici condivisi, fino a meccanismi di garanzia per le catene di fornitura globali. Solo un patto di questo tipo potrebbe evitare che gli Stati “di mezzo” finiscano in mezzo a un fuoco incrociato che rischia di rallentare la crescita dell’intero sistema produttivo europeo.

Fuoco incrociato Usa-Cina sui chip IA. Verso un grande accordo?

Gli Stati Uniti hanno imposto restrizioni sui chip avanzati per l’IA cinese, scatenando l’accusa di “bullismo protezionista” da parte di Pechino e minacce di ritorsioni legali. A patirne maggiormente sono le economie “di mezzo” come l’Italia, dipendenti sia dalle forniture americane sia dal mercato cinese, che potrebbero trovare una via d’uscita solo in un vasto accordo strategico tra le due superpotenze

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