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I mezzi di comunicazione da qualche tempo hanno scoperto l’importanza dei dati nell’economia moderna sia dal punto di vista delle opportunità (i dati come fonte di ricchezza e di sviluppo), sia dal punto di vista dei rischi (la cybersecurity, il fatto che i privati si vedono spesso spossessati dei loro dati e del relativo valore). La querelle riportata dai mezzi di comunicazioni tra il Movimento 5 Stelle, da una parte, e Casaleggio e le sue ditte, dall’altra, sul controllo dei dati relativi agli associati al Movimento ci sembra una ottima occasione per meditare sul fatto che la tematica dei dati è affrontata con grande superficialità. In particolare ci si dimentica che i dati esistono non solo grazie all’informatica ma che l’informatica è uno strumento per gestire i dati.

Dati ed informatica non sono la stessa cosa. Facciamo un esempio molto comune nelle nostre amministrazioni. Se un sindaco ha bisogno di consultare i dati relativi ad una pratica edilizia, nella maggior parte dei casi, non è in grado di ritrovare i dati da solo ma li deve chiedere ad un dirigente (il quale dovrebbe sapere chi sa dove stanno i dati) che, a sua volta, li deve chiedere ad un funzionario che sa in quali scaffali si ritrovano i vari fascicoli che contengono, in maniera sparsa. I dati che interessano al sindaco sono di fatto non disponibili come non sono disponibili i dati relativi a membri del Movimento 5 Stelle che sono nella disponibilità di Casaleggio.

Quando il sindaco richiede i dati al dirigente che, a sua volta, li deve richiedere al funzionario, il funzionario non mette i dati richiesti a disposizione immediatamente, perché li deve cercare. Nulla garantisce che, durante questa ricerca, il funzionario, in prima battuta, e il dirigente, in seconda battuta, non diano “un’occhiata ai dati” ed eventualmente non diano una “aggiustata” a questi dati. Sia nel caso di Casaleggio e del M5S così come nel caso del sindaco e della sua burocrazia comunale il problema è rappresentato dalla accessibilità dei dati, indipendentemente dal supporto su cui questi dati sono registrati.

Nel 1419 il regolamento dell’Istituto degli Innocenti (Istituto creato dalla Repubblica fiorentina per curare l’educazione dell’infanzia abbandonata, primo esempio di istituzione pubblica non religiosa creata per fornire un servizio pubblico e non per gestire del potere) prevedeva che i documenti dell’amministrazione fossero disponibili per gli ispettori della Repubblica giorno e notte.

Nel caso della diatriba M5S/Casaleggio il problema non riguarda l’informatica ma l’accessibilità dei dati, indipendentemente dal supporto su cui i dati sono registrati.

Esistono per lo meno due ulteriori aspetti della gestione dei dati che vengono ignorati dal dibattito in corso: (i) i dati come strumenti di gestione e (ii) le problematiche gestionali che nascono quando i dati sono registrati su supporto informatico. Vediamo i due punti separatamente.

I dati come strumenti di gestione. Il premio Nobel per l’economia H. A. Simon già nel 1949 (cfr. M. Balducci, Entre prescription et description: le dilemme de l’«Administrative Behavior» de Simon et son impact sur l’ étude des organisations et sur celles de la public choice», Revue Française d’administration Publique, 2009, III) mise in evidenza con un lavoro epocale che le organizzazioni lavorative esistono, prima che per realizzare dei beni o servizi, per “decidere cosa fare”. Per poter decidere cosa fare le organizzazioni hanno bisogno di dati. La raccolta e la messa a disposizione dei dati è, quindi, cruciale per il successo dell’organizzazione. Non solo. Le decisioni e i comportamenti delle organizzazioni dipendono dal tipo di dati raccolti e dai canali di diffusione di questi dati nel sistema organizzativo.

Se veniamo al caso della pandemia del Covid-19, le nostre strategie fino a che punto sono riconducibili al fatto che i dati relativi ai malati ed ai decessi raccolti in ambiente ospedaliero hanno un percorso più rapido di quelli relativi al territorio? A questo proposito c’è una domanda che, da non sanitario, mi sto ponendo da diversi mesi, domanda che non vedo mai sollevata né vari talk show sul tema. Riassumo brevemente la mia domanda. Ad un certo punto della vicenda della pandemia i medici patologi della Lombardia hanno suggerito un radicale cambiamento dell’approccio alla patologia. Originariamente i contagiati venivano tenuti a casa, dove non erano visitati (per evitare di contagiare i medici) per essere portati in ospedale quando non erano più in grado di respirare autonomamente (la percentuale di decessi era a questo punto molto alta).

La svolta sembra essere avvenuta all’inizio di aprile quando (mi si scusi il linguaggio non tecnicamente adeguato) ci si è resi conto che, se il coronavirus non ha oggi un medicamento che sia in grado di distruggerlo, esistono peraltro medicamenti che aiutano a minimizzare le conseguenze del virus purché somministrati il prima possibile (quindi a casa). Non si capisce se lo svuotamento delle terapie intensive sia arrivato dopo questo cambiamento di strategia piuttosto che dovuto al lockdown. Anche oggi non si capisce se i contagiati ricoverati siano stati preventivamente curati tempestivamente a domicilio o se le cure vengono iniziate solo in ambiente ospedaliero. È ovviamente una questione di information management.

Il problema è che i dati nella nostra cultura lavorativa vengono registrati a scopo di certificazione burocratica e non per mettere a disposizione delle istanze decisionali dati per facilitare la decisione. Un caso personale. Ho dovuto recentemente sottoscrivere un contratto con l’Università di Firenze (dove ho insegnato sino al novembre del 2019) per erogare alcuni corsi a favore dell’Istituto di Studi Militari Aeronautici (totale circa 1.800 euro lordi su cui verranno applicate ritenute per un totale del 66%). Nel modulo del contratto per adesione ho dovuto dichiarare che non ho altri contratti con l’Università di Firenze né con sue agenzie! Evidentemente l’Università di Firenze non sa quello che fa, non ha le informazioni sui contratti che sottoscrive! Il dato quindi viene registrato ma evidentemente non viene reso disponibile a scopo gestionale.

Esiste poi una serie di problemi che sorgono quando il dato è gestito non su carta ma su supporto informatico. Un caso può valere più tante spiegazioni. L’elezione del Rettore dell’università di Firenze avviene in via informatica. Come risulta inequivocabilmente da questo link, il meccanismo informatico attivato confonde l’identificazione dell’elettore ad evitare che possa votare più di una volta con la possibilità di individuare chi ha votato per chi. Di fatto il voto non è segreto. Gli accrocchi di questo tipo sono diffusissimi e stanno minando il funzionamento, già scarso, delle nostre istituzioni.

La digitalizzazione è sicuramente una occasione di sviluppo a condizione che l’organizzazione del lavoro sia reingenierizzata per processi prima di venir digitalizzata.

M5S, Casaleggio e la gestione dei dati nelle istituzioni. Il punto di Balducci

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