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Una pioggia di bonus, di quelle che si vedono raramente, forse nemmeno negli anni d’oro degli incentivi all’auto o alle rinnovabili. Il decreto Agosto, il quinto provvedimento d’emergenza dell’era Covid-19 e che poggia su uno scostamento di deficit di 25 miliardi (quasi 100 i miliardi in disavanzo aggiuntivo dall’inizio della pandemia), è in arrivo. Stavolta il perno sono i consumi, e allora largo agli incentivi all’uso della moneta elettronica con gli sconti su determinate fasce di prodotti e servizi, dall’abbigliamento ai bar. Una spinta che nei calcoli del governo può arrivare a 2 miliardi, se non 3 se si considerano gli incentivi all’acquisto per i pagamenti effettuati con carta di credito e bancomat. Rilanciare la domanda interna, insomma. Può funzionare, ma solo per un po’, dice a Formiche.net, Mariano Bella, capo dell’Ufficio Studi di Confcommercio, l’associazione che rappresenta la spina dorsale dell’economia italiana, la piccola impresa.

BONUS? ANCHE NO

“A me questi bonus non piacciono assolutamente, perché non ne capisco la motivazione. Perché per aiutare un settore in crisi, non per propri demeriti ma per colpe della pubblica autorità, come la ristorazione o il commercio non alimentare, bisogna ricorrere a delle logiche tortuose?”, si chiede Bella. “Se io devo dare 100 euro a un imprenditore, per esempio, potrei semplicemente irrobustire i contributi a fondo perduto commisurati alla perdita di fatturato. E allora perché devo fare di tutt’erba un fascio e dare soldi pure ai dipendenti pubblici che finora non hanno perso un euro. Aiutiamo chi ha bisogno e facciamolo direttamente. Ora però, visto che viviamo in un 2020 fatto di bonus e Covid, gli imprenditori ringrazieranno anche ma comunque è un provvedimento davvero poco strutturale”.

Secondo il capo degli esperti di Confcommercio la misura insomma non è la soluzione dal problema della scarsa domanda. “Siamo dinnanzi a una misura che è assolutamente non strutturale, che prende in prestito dal futuro dei nostri figli del denaro da distribuire senza alcuna logica. Ma purtroppo questa è la realtà. Se io compro oggi un paio di jeans grazie al bonus, mi può anche stare bene ma comunque lo faccio con soldi, visto che si tratta di deficit, che tolgo a chi verrà dopo di me e che magari quel jeans non se lo potrà comprare. E allora, ha senso tutto questo”?

IL DEBITO ALL’ORIZZONTE

Per bella sembra essere scomparso dai radar del governo il vero problema, il debito pubblico. “Altro che bonus, parliamo del rapporto tra debito/Pil. Noi pensiamo oggi di poter fare tutto a debito, ma questo debito un giorno o l’altro si sveglierà, magari nel 2021 e lì verranno i problemi. Adesso sembra di stare tutti in una bolla, ma quando la bolla scoppierà e i soldi dell’Europa non basteranno più, occorrerà semplicemente alzare le tasse”. Bella ne ha anche per il Recovery Fund. “Vogliamo sfatare un altro mito? I 209 miliardi che l’Italia ha ottenuto dall’Europa, sono per la maggior parte prestiti da restituire. Persino i contributi a fondo perduto sono a loro volta il frutto del nostro contributo al bilancio comunitario. Ora, chiarito questo, invece di continua a parlare di bonus, perché non cominciamo seriamente a parlare di investimenti e di riforme. Se non faremo così, dopo il 2021 ricominceremo a crescere in modo anemico, come prima del Covid-19. Adesso dovremmo discutere delle riforme, di investimenti e invece stiamo parlando di bonus Befana. Non va bene così, perché un conto è fare delle cose che durano settimane, un conto sono le riforme strutturali”.

Basta coi bonus, è l'ora delle riforme. Parla Bella (Confcommercio)

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