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Anche la politica deve abituarsi alla volatilità della crisi. Oggi c’è il virus, domani non c’è più, dopodomani può ritornare. Oggi il premier Giuseppe Conte detta l’agenda economica, convoca Stati generali sulla ripresa, ha in mano le redini della maggioranza. E domani? Domani non è detto, spiega Massimo Franco, saggista ed editorialista del Corriere della Sera.

Al via gli Stati Generali dell’economia. Ancora una volta, la politica si fa fuori dal Parlamento.

È una gestione piuttosto atipica della politica. È atipico affidare l’agenda economica al gruppo di Colao, esterno al Parlamento e anche al governo. Un errore comunicativo, oltre che politico. Il premier sembra ammettere implicitamente di non riuscire a farla da solo. Sarebbe stato meglio forse fare incontri riservati in cui si raccoglievano le idee per tre, quattro provvedimenti forti. Gli Stati Generali mi sembrano un’operazione per dimostrare la forza del premier, i suoi contatti internazionali. Non so, alla prova dei fatti, quanto una kermesse di dieci giorni serva a una soluzione concreta della crisi.

Fra alleati non mancano i mal di pancia. Molti criticano la gestione solitaria dell’agenda da parte di Conte.

Sì, ma in modo un po’ velleitario. In questa fase non c’è un’alternativa a Conte. Pd e M5S se ne sono resi conto e vivono questa frustrazione, di un premier che cresce in popolarità o comunque ne perde meno di loro. Oggi è un alleato, in prospettiva potrebbe rivelarsi un avversario.

Chi ha il coltello dalla parte del manico?

Al momento Conte. Quando ad afferrarlo sono Pd e M5S rischiano di prenderlo dalla parte della lama e sanguinare. Ma in questa Fase 2 tutto può cambiare. Se il premier pensa di poter andare avanti con annunci e grandi appuntamenti senza distribuire gli aiuti che arrivano e indicare chiaramente alcune priorità, la sua popolarità e il rapporto con la maggioranza potrebbero cambiare. E il coltello ribaltarsi.

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Vero, non ci sono alternative in vista. Conte deve ringraziare l’opposizione, uno dei suoi più fedeli alleati. In tre mesi di pandemia, neanche l’ombra di una proposta politica alternativa.

Che piani ha, Giuseppe Conte?

Difficile dirlo. Mi sembra un uomo con ambizioni grandi, forse smisurate. Penso che abbia grandi doti da navigatore, da incassatore. Soprattutto, ha capito che è fondamentale l’aggancio con l’Europa, grazie anche al consiglio discreto di Mattarella. Lo ha capito ormai quasi un anno fa. Dopotutto, la crisi del governo gialloverde non è iniziata ad agosto, ma a luglio, quando M5S, Pd e Fi hanno votato insieme per la von der Leyen. Già allora prendeva forma un progetto che aveva l’Europa come referente.

In questi mesi si è tanto parlato di un avvicinamento fra Pd e M5S. Ci sono i presupposti per un’allenza organica, davvero politica?

Dipende di quale Movimento parliamo. Al suo interno convive una serie di posizioni confuse, spesso contraddittorie e configgenti in prospettiva. Quanto al Pd, mi pare che oggi sia costretto a seguire il governo, dubito che possa nascere un’alleanza organica con i Cinque Stelle, se non con una sua parte minoritaria. I dem non danno l’idea di avere una road map chiara. I sondaggi inchiodano il Pd intorno al 20-22%. Un risultato consolante, di certo non entusiasmante.

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