Skip to main content

C’è necessità di raggiungere un accordo politico globale per la crisi libica, ha detto sabato il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, durante un colloquio con funzionari europei di cui si hanno pochi insights: il capo della diplomazia del Cairo avrebbe rinnovato l’impegno del suo paese affinché tutte le parti presenti in Libia tornino su negoziati “volti a raggiungere un accordo politico per porre fine alla crisi”.

“Sulla complessa partita libica, uno dei Paesi più coinvolti è certamente l’Egitto. Se finora sembrava messo ai margini, in posizioni di retrovia rispetto a Emirati Arabi (e Arabia Saudita) e anche alla stessa Russia, ora la situazione è ideale per far tornare in scena il Cairo con un ruolo prominente, legato anche a una quantità di interessi più forti da spendere in Cirenaica, che è parte integrante della catena economica-commerciale e culturale egiziana”, spiega a Formiche.net Giuseppe Dentice, ricercatore dell’Ispi.

Sempre sabato, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha telefonato al suo omologo turco, Recep Tayyp Erdogan, per chiedere una “rapida de-escalation”: Ankara è attualmente il paese coinvolto con più successo in Libia, perché dopo l’accordo di cooperazione stretto con il governo Gna di Tripoli ora sta incassando successi militari. Le forze che difendono l’esecutivo internazionalmente riconosciuto e di ispirazione onusiana hanno creato una bolla di sicurezza attorno alle postazioni avanzate nella Tripolitania che erano state conquistate nel corso di quest’ultimo anno di offensiva dalle forze di Khalifa Haftar – il miliziano ribelle della Cirenaica che vuole rovesciare il governo e intestarsi il Paese come nuovo rais. Bolla che ha tagliato i rifornimenti e messo in crisi l’intera campagna militare.

L’Egitto è il Paese più preoccupato per le conquiste turche: teme l’avere un paese nemico schierato militarmente sul territorio contiguo, soprattutto se certe postazioni – come la grande base di al Watiya recentemente riconquistata dal Gna – dovessero diventare in qualche modo permanenti. “La Turchia è un attore produttivo e in netta competizione con l’Egitto: i due paesi hanno idee di politica estera in competizione, pensiamo per esempio al Mediterraneo, soprattutto alla fascia orientale dove si sovrappongono interessi di carattere energetico e geopolitico”, spiega Dentice.

La “fascia orientale“ de bacino, o EastMed, è stata tagliata dalla Turchia con un memorandum di cooperazione con Tripoli che ha riguardato l’unione delle due Zone economiche esclusive ed è stato stretto in contemporanea alla cooperazione militare: un tentativo di rappresaglia rispetto al quadro che si stava costruendo in quella regione che vede attive e allineate Egitto, Grecia, Cipro, paesi non certo amici di Ankara.

Nei giorni scorsi, mentre Haftar perdeva territorio, sono circolate due genere di notizie (molte rimbalzate da media egiziani, che spesso rilanciano informazioni a solo fine propagandistico). Si è parlato della disponibilità del Cairo di entrare in conflitto sulla Libia, che però sembra ben poco plausibile perché significherebbe aprire una guerra con la Turchia. E poi ci sono stati vari rumors sulle divisioni dietro Haftar, in particolare l’Egitto è sembrato nervoso nei confronti del grande sponsor del signore della guerra cirenaico, gli Emirati Arabi (info ben più credibile e confermata da varie fonti contattate in questi giorni, ndr).

“In questo momento il Cairo potrebbe avere interesse a regolare il fronte haftariano. Gli egiziani vorrebbero un militare, ma debole e per questo Haftar sembrava adatto, salvo poi che il miliziano ha svelato la sua anima mercantilistica (usiamo questo termine in modo un po’ figurato) e ha trattato di più con Emirati e Russia. Ora che sta perdendo – prosegue Dentice – l’Egitto potrebbe ritrovare un ruolo. Vuole Haftar, non tanto in quanto leader, ma per quel che può rappresentare, e contemporaneamente vuole anche che tutto torni al piano negoziale”.

Fermare le armi, adesso che il capo miliziano dell’Est perde, è però molto complesso: da Tripoli sono arrivate indicazioni nette, niente trattative con Haftar e campagna militare profonda per distruggerlo – anche perché la spinta turca sembra permetterlo.

“Però l’Egitto su queste sue visioni incontra gli interessi russi. Prendiamo il caso degli aerei recentemente arrivati dalla Siria: a me pare che Mosca utilizzi la cosa non per dire che attaccheranno, ma perché vogliono rinegoziare la situazione. E – spiega il ricercatore italiano – lo vogliono fare proprio con i turchi, che sono tirati in ballo per la questione siriana. Per Mosca della Libia è importante la Cirenaica, ma la Russia non vuole affondare il colpo. Vuole controllare una partita che non ha ancora la stessa importanza della Siria”.

Da settimane, dopo che ha rilanciato una sua road-map che Haftar ha cercato di obliterare rapidamente, si è tornati a parlare di Agila Saleh, il presidente del parlamento riconosciuto dall’Onu, l’HoR, come punto di bilanciamento est-ovest cavalcato dall’Egitto, ma spiega Dentice che quella non sarebbe la soluzione migliore per il Cairo: “Saleh è un politico troppo raffinato e scaltro, preferiscono il militare debole perché più controllabile e più affine al mondo al Sisi. Il punto è che adesso lo spazio c’è per l’Egitto: potrebbero riportare un Haftar indebolito sulla strada negoziale e pressare gli Emirati per seguire l’allineamento, su cui troverebbero anche la Russia”.

“Non dimentichiamo – aggiunge – che oltre alla Libia in sé, per l’Egitto l’attenzione sul dossier si prolunga fino all’Etiopia e al Sudan: si tratta di interessi di vicinato, questioni che per il Cairo sono di sicurezza nazionale”. Entrambi i Paesi hanno al loro interno una forte penetrazione emiratina, e – come con il caso a nord del Mediterraneo orientale – anche lungo la fascia meridionale la partita libica può trovare interessi incrociati e dinamiche ampie.

Libia. Ecco perché è il momento dell’Egitto. L’analisi di Dentice (Ispi)

C'è necessità di raggiungere un accordo politico globale per la crisi libica, ha detto sabato il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, durante un colloquio con funzionari europei di cui si hanno pochi insights: il capo della diplomazia del Cairo avrebbe rinnovato l'impegno del suo paese affinché tutte le parti presenti in Libia tornino su negoziati "volti a raggiungere un accordo politico per porre fine alla crisi". "Sulla complessa…

Guerra fredda? Ecco come la Cina tende la mano agli Usa

Pechino lancia la sua offerta: sì all’indagine sull’origine del coronavirus purché “professionale, equa e costruttiva”, no a “qualsiasi ingerenza politica” su Hong Kong e Taiwan. A parlare, nel corso della conferenza stampa a margine dei lavori dell’Assemblea Nazionale del Popolo, è Wang Yi, ministro degli Esteri cinese. I due temi — Covid-19 da una parte, Hong Kong e Taiwan dall’altra…

Ecco la tenuta etica che prepara il futuro. La riflessione di D'Ambrosio

Mi hanno sempre colpito, in questi giorni, alcune affermazioni di medici e infermieri come: “Prima di entrare in corsia mi tremano le gambe, ma poi, una volta entrata/o mi passa tutto – spesso credo di non farcela ma poi riesco a portare a termine il mio turno – anche se siamo stanche/i morti ci aiutiamo sostituendoci quando c’è bisogno, per…

Russiagate? Nessuno (anche a Mosca) puntava su Trump. Scrive Pellicciari

Coerenti con l’impostazione di tornare su un argomento a “bocce ferme” per fare una riflessione meno esposta all’emozione politica del momento, il momento è buono per parlare del Russiagate da una prospettiva russa (si badi, non necessariamente filo-russa). L’occasione è data dalla letterale scomparsa del tema dalla scena politica americana e a cascata nel resto del mondo a totale vantaggio…

Cina in Africa, c’è chi dice no. La Nigeria apre un’indagine su debito e corruzione

Hanno fatto il giro del mondo i video delle discriminazioni degli africani in Cina accusati di portare il coronavirus. Episodi che, come avevamo raccontato alcune settimane fa su Formiche.net, rappresentano un doppio rischio per la Cina: da una parte lo scandalo diplomatico, dall’altro il pericolo di minare il rapporto con i Paesi del Continente nero, conquistati a suon di renminbi…

Corea del Nord, torna Kim e non con buone intenzioni. È deterrenza nucleare

"Nuove direttive per incrementare la nostra potenza nucleare", il satrapo nordcoreano, Kim Jong un, è (ri)tornato in pubblico col botto: parlando alla Commissione militare centrale e proponendo di spingere sull'Atomica – argomento su cui, in quella che ormai sembra una vita fa, s'era creato il sistema di contatti negoziali prima col presidente sudcoreano, Moon Jae-in, e poi soprattutto con Donald…

Burocrazia e rilancio, la parola d'ordine è liberalizzare. L'analisi dell'avv. Zucchelli

Di Claudio Zucchelli

In occasione della crisi economica da pandemia, si affronta l’ennesima riforma della burocrazia per eliminare i così detti administrative burdens, i costi burocratici. Sino ad oggi, le c.d. “riforme” sono state concepite da numerosi “esperti”, i quali normalmente non sono mai entrati nel back stage di una pubblica amministrazione e non hanno mai nemmeno partecipato alla formazione delle regole burocratiche.…

Prevenzione, cura e riabilitazione. Le linee guida per riformare la sanità

Le analisi da svolgere sul servizio sanitario sono molteplici e impegnative per la complessità di un settore fondamentale, finalizzato alla buona salute dei cittadini. Non da meno è la questione che attiene alla riforma del sistema scolastico nazionale e universitario. È urgente occuparsi oggi della sanità; è giusto sottolineare che in questo tempo essa è stata protagonista, al pari di…

Il Parlamento che non lascia indietro nessuno è impegnato a salvare la Scuola

“Rumore costruttivo”: questo è il nome dato allo sciopero sui generis (link) organizzato dalle famiglie delle scuole pubbliche paritarie italiane, che ha coinvolto centinaia di migliaia di genitori, studenti, docenti in una maratona di due giorni serratissimi di eventi (link). In effetti, tutti hanno lavorato dieci volte tanto, perché  le lezioni non sono state sospese, per non lasciare da soli allievi…

Libia. Trump chiama Erdogan e chiede una rapida de-escalation

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha chiesto una "rapida de-escalation" del conflitto libico in una chiamata con l‘omogo turco, Recep Tayyip Erdogan, dopo che i recenti guadagni delle forze del governo di Tripoli sostenute dalla Turchia hanno provocato minacce di ritorsioni, ha detto la Casa Bianca. La telefonata a Erdogan è l'ultimo di una serie di contatti che…

×

Iscriviti alla newsletter