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“Come già visto a novembre dello scorso anno, quando la presenza russa dietro Haftar si fa più evidente Washington alza la retorica”, dice su queste colonne Arturo Varvelli, direttore dell’Ecfr Roma. E infatti dopo la telefonata di ieri al ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, oggi il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha chiamato il presidente del Consiglio presidenziale libico, il premier del Gna onusiano, Fayez Serraj.

Gli americani sono preoccupati per il ruolo russo, che si è fatto più aggressivo col trasferimento di otto cacciabombardieri siriani ad al Jufra, centro logistico del signore della guerra dell’Est, Khalifa Haftar. Il passaggio è un impegno simbolico, che Mosca pensa con ogni probabilità di usare come deterrente rispetto all’incremento dell’impegno militare turco dietro al Gna. Coinvolgimento che è stato un game-changer che ha permesso alle forze della Tripolitania di riconquistare ampie porzioni di territorio e mettere in crisi l’avanzata su Tripoli del miliziano sponsorizzato dalla Russia.

Ma gli Stati Uniti, come dimostrato dalla nota diffusa questa mattina dall’ambasciata libica – che opera per ragioni di sicurezza da Tunisi – hanno anche un genere di preoccupazione legata all’escalation della guerra più in generale. Seguendo quanto fatto dalla missione Onu Unsmil, l’avamposto diplomatico americano ha chiesto di evitare vittime civili. In particolare preoccupa l’avvio dell’attacco a Tarhouna, dove le milizie di Misurata che difendono Tripoli hanno avviato da settimane contatti con le famiglie locali, ma i negoziati sembrano saltati anche per via di un’accelerazione dei successi militari dei turco-tripolini.

Tra l’altro, in questo momento Washington e Ankara si stanno molto riallineando, con sfondo Nato, sia sul dossier libico che in generale sul quadro del Mediterraneo – dove la Turchia ha intrapreso un’operazione di proiezione molto convinta dallo scorso anno.

“Come abbiamo detto durante questo conflitto non c’è assolutamente posto per attacchi contro civili, saccheggi o atti di punizione. È tempo di tutte le parti in Libia di tornare immediatamente ai negoziati guidati dalle Nazioni Unite nel formato 5 + 5″, scrive l’ambasciata americana. Ma il problema è che in questo momento nessuno pare interessato fermare i combattimenti, ma anzi: il rischio è che anche gli attori esterni abbiano un interesse a uno showdown definitivo e pericolosissimo.

Il punto è che all’interno del conflitto libico attori come la Russia tengono da sempre una linea ambigua: per esempio, nello stesso giorno in cui circolavano le prime immagini dei caccia russi ad al Jufra, il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, contattava il suo omologo turco per chiedere il ritorno ai negoziati guidati dall’Onu – che Haftar meno di un mese fa ha considerato carta straccia cercando un all-in contro chi dalla Cirenaica cercava di tornare al colloquio.

Libia, gli Usa chiamano Serraj. Obiettivo evitare escalation e contenere la Russia

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