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Lo scambio reciproco Cina-Europa in nome del coronavirus; lo sforzo del coordinamento tra Bruxelles e i Paesi membri e l’intervento della Commissione per mettere pace tra i partner del Vecchio continente per consentire la vendita di mascherine. Per l’Europa questa pandemia è un banco di prova importante per la tenuta dell’Unione. Il futuro economico è quanto mai incerto e in attesa delle previsioni che saranno pubblicate a maggio, Bruxelles ha già messo in moto una serie di misure per supportare i Paesi partner. Formiche.net ne ha parlato con Massimo Gaudina, che guida la Rappresentanza della Commissione europea a Milano.

Qual è la posizione dell’Europa rispetto al Covid-19? E per quanto riguarda le attività di coordinamento?

Questa è un’emergenza assoluta che chiaramente richiede uno sforzo senza precedenti, sia sul piano sanitario che economico e la Commissione, così come le altre istituzioni Ue, sta mobilitando tutti i suoi mezzi per sostenere gli sforzi dell’Italia e degli altri Paesi.
Ovviamente, la priorità immediata è la salute dei cittadini e sul lato del coordinamento sanitario occorre premettere che secondo i trattati esistenti (scritti e adottati dai Paesi membri, ndr) la competenza è nazionale e non condivisa a livello europeo: i Paesi sono sovrani nel decidere azioni e politiche sanitarie, per loro stessa volontà.

L’Ue ha una funzione di sostegno, supporto e, per l’appunto, di coordinamento. Per quanto riguarda quest’ultimo, da venerdì 13 marzo, i 27 ministri della Salute e la Commissaria Kyriakides si riuniscono ogni giorno in videoconferenza per fare il punto della situazione sull’epidemia e la sua evoluzione, e per discutere e confrontare le misure prese. Queste video-riunioni sono allargate a volte ai 27 ministri degli Interni e alla Commissaria Johansson, in quanto si trattano questioni come la mobilità delle persone e la sicurezza. 54 ministri e 2 Commissari che lavorano costantemente in stretto contatto sono una piattaforma credibile di coordinamento.

Sul versante del materiale protettivo e sanitario, la Commissione europea ha raggiunto due risultati importanti: in primo luogo, mascherine e materiali protettivi prodotti in Europa dovranno restare in Europa, salvo eccezioni che dovranno essere autorizzate dal governo competente; ma soprattutto, la Commissione ha fatto pressione sui Paesi affinché non si blocchino l’esportazione di mascherine, o beni simili, verso altri Stati membri. All’inizio dell’emergenza alcuni Paesi avevano in effetti bloccato l’esportazione verso l’Italia e la Commissione ha convinto questi Paesi a rimuovere i blocchi, permettendo la libera circolazione all’interno dell’Unione.

Ricordiamo infine che la Commissione sta creando alle frontiere interne europee delle corsie preferenziali per agevolare e velocizzare il trasporto di alimentari, medicinali e altri beni di prima necessità.

Occorre anche sottolineare il ruolo dell’Agenzia europea per la gestione delle malattie basata a Stoccolma (ECDC) che fornisce ai governi linee guida, analisi del rischio, dati e raccomandazioni, e che ha inviato il suo team in Italia già il 24 febbraio.

Questa pandemia sta di fatto diventando un banco di prova per la Comunità europea.

Il coronavirus è una sfida enorme per istituzioni, governi, sistemi sanitari ed economie. Ma è soprattutto una sfida enorme per i cittadini.
È chiaro che quando un problema supera i confini, anche la soluzione dovrebbe superare i confini.
Quindi, ci dovrebbero essere le competenze, i poteri e i mezzi finanziari per gli organismi transnazionali, al fine della gestione di questi fenomeni che non sono né locali, né nazionali. Abbiamo visto quello che succede quando regioni differenti dello stesso Paese hanno politiche diverse rispetto all’epidemia, e lo stesso quando diversi Paesi agiscono in maniera scoordinata.
È come chiedere a un arbitro di gestire una partita difficilissima senza fischietto e senza cartellini. Ebbene, nonostante queste limitate competenze in campo sanitario, lo sforzo è enorme e come abbiamo detto le misure e il coordinamento europee sono in fase di accelerazione.

La Comunità europea è attualmente alle prese con le ripercussioni economiche e finanziarie che la pandemia produrrà sul Vecchio continente.

Sicuramente questa emergenza rappresenta un duro colpo per le economie europee e mondiali. La dimensione di questo shock è ancora indefinita perché non conosciamo la durata di questa crisi, ma è sicuro che colpirà la crescita economica presente in Europa da tanti trimestri consecutivi. Nel mese di maggio usciranno le nuove previsioni economiche della Commissione, quindi non abbiamo ancora una previsione ufficiale, ma evidentemente si tratta di uno shock significativo. In ogni caso, sia sul lato economico sia su quello finanziario, le istituzioni europee stanno mobilitando tutti i mezzi a loro disposizione. Il 16 marzo l’eurogruppo ha preso una serie di decisioni, i Paesi comunitari hanno deciso di destinare una parte del loro Pil per combattere questa crisi e per affrontare le carenze di liquidità. In queste ore la Bce ha attivato un suo nuovo bazooka da 750 miliardi per acquisto di titoli di Stato, con l’obiettivo di contrastare i gravi rischi per la politica monetaria e per le prospettive della zona euro derivanti dall’epidemia.

Anche la Commissione ha preso le sue misure, ovvero: gli aiuti di Stato per le imprese saranno consentiti, e non proibiti come in tempi normali. La flessibilità sui conti pubblici sarà pienamente applicata per aiutare l’Italia e gli altri Paesi che ne avessero bisogno. Inoltre la Commissione ha lanciato un piano di investimenti da quasi 40 miliardi di euro per utilizzare fondi Ue nell’emergenza sanitaria e nell’aiuto ai settori colpiti e azioni specifiche con la Bei per sostenere le Pmi. Ricordiamo che la Commissione sta investendo anche nella ricerca scientifica, con bandi straordinari e quasi 400 milioni di euro per i laboratori, i ricercatori, le industrie farmaceutiche e le startup, per sviluppare dei vaccini, trovare delle terapie e delle tecnologie che possano aiutare anche il monitoraggio di questa pandemia. Quindi questi sono alcuni esempi degli strumenti che l’Ue vuole mettere in atto.

Come si sente di commentare la proattività cinese nel fornire aiuti agli italiani, anche rispetto agli altri Stati membri?

Per quanto riguarda la Cina, ricordiamo che l’Europa stessa aveva aiutato Pechino in seguito alla richiesta di assistenza, inoltrata nel momento dell’esplosione del virus alla fine del 2019. Sono stati inviati 54 tonnellate di aiuti, dispositivi di protezione e medicinali da parte di Paesi Europei come la Francia, la Germania e l’Italia.

Ora la Cina risponde aiutando alcuni Stati europei, e questo ovviamente è ben accolto poiché la cooperazione internazionale continua ad essere una chiave di lettura del futuro e una via di uscita da questi scenari.

Quindi fra Cina ed Europa c’è stato uno scambio reciproco. Mentre alcuni Paesi europei che inizialmente avevano bloccato le loro forniture per l’esportazione, dopo l’intervento della Commissione del 15 marzo, hanno ripreso lo scambio di aiuti all’interno dell’Unione.

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