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Cento anni, cento anni sono passati dalla nascita di quello che può essere considerato il più grande papa dell’ultimo secolo (era nato il 18/05/1920 a Watowice, Polonia) Giovanni Paolo II, il Santo, al quale ho affidato la mia famiglia. Un grande papa, perché in tutto il suo pontificato non ha smesso mai di indicare alla Chiesa la rotta della custodia fedele e dell’annuncio forte della verità rivelataci da Gesù Cristo, insegnandoci che la parola di Dio non “scade” mai e non può essere manipolata per renderla “politically correct”, più digeribile dal mondo moderno scristianizzato.

Santo subito, innalzato agli altari a furor di popolo perché era stato instancabile nel predicare l’intransigenza sui principi della tradizione cattolica: la tutela della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale; la difesa e la promozione della famiglia naturale fondata sul matrimonio; la centralità della persona umana nella sua inviolabile dignità; la centralità del lavoro; la solidarietà; la giustizia sociale, con il superamento sia del materialismo socialista che di quello liberista.

Un pontefice né conservatore né progressista, né di destra, né di centro, né di sinistra: semplicemente petrino, cioè apostolo del Vangelo; un Papa che era riuscito a riportare l’Europa al centro della storia, perché consapevole che è da questo continente che era partito il messaggio evangelico e che da Roma sarebbe dovuto ripartire la ri-evangelizzazione dell’umanità (per questo aveva istituito un’apposita Commissione affidandola a mons. Fisichella).

Fu la Voce di colui che grida nel deserto fino a farsi sentire anche dalla coscienze più sorde, anche quando diventò vecchio e malato e parve accollarsi sulle spalle il dolore del mondo intero.

Il vecchio leone, ancorché ferito, fino all’ultimo giorno del suo pontificato ci fece capire che non si può essere cattolici nel chiuso della propria sfera privata, intima e personale, ma che bisogna esserlo anche, e soprattutto, nella dimensione pubblica del proprio agire, nelle istituzioni, nelle aule parlamentari, incarnando la fede nella realtà della vita ed intervenendo nella società per cambiarla e migliorarla. In altre parole ci ha sempre ripetuto che occorre sanare la frattura tra la vita – e dunque la cultura, la scienza, la politica, l’arte – e la fede.

San Giovanni Paolo II ci fece comprendere che esiste una morale valida per tutti gli esseri umani e che essa risiede nel rispetto del diritto naturale; una morale che è precedente alla stessa religione cattolica, che è scolpita nel cuore di ogni uomo, indipendentemente dal credo religioso, dalla razza, dalla nazionalità e dal colore della pelle. Ci spiegò che la legge morale naturale è un principio valido per tutti, che presuppone un’alta concezione dell’uomo, il quale va rispettato per la sua dignità intrinseca e per la difesa del suo vero bene, difendendo tutti insieme quelli che non sono valori confessionali o clericali, ma squisitamente laici in quanto umani, assiologici, ricavati dalla mera osservazione dell’oggettività dell’essere.

Quella del pontefice polacco fu la risposta forte  a chi parlava a sproposito di pluralismo etico e di democrazia liberale; una risposta al pensiero debole che disegna un supermarket delle morali dove ognuno può scegliersi la propria e pretende uno Stato che si fa il garante di questo supermarket.

Il papa venuto da un Paese lontano spiegò che in un tale scenario di relativismo e di soggettivismo etico, nel quale esistono infinite morali, è chiaro che solo chi avrà forza per farsi valere potrà essere tutelato da quello Stato garante del supermarket. Non certo, ad esempio, il nascituro, il malato terminale o il povero, non certo i soggetti deboli, i quali, come nella giungla, dove vige la legge del più forte, saranno destinati inevitabilmente a soccombere.

E così scrisse in più di un suo documento che anche una democrazia può in maniera subdola ed inavvertita trasformarsi facilmente in totalitarismo.

L’insegnamento di San Giovanni Paolo II è stato dunque il seguente: una società è tanto più civile, più pluralista e più libera, quanto più tutela i soggetti deboli. Una chiara condanna del modello utilitarista e una forte riaffermazione del modello personalista, nel quale dal concepimento all’ultimo istante di vita la misura di tutto ed il discrimine tra lecito e non lecito, morale ed immorale è solo ed esclusivamente la persona umana, la quale, nella sua essenza unitaria, ha un valore in sé, ontologico, e quindi è degna della più grande ed efficace difesa nei confronti di ogni strumentalizzazione, di ogni potere e di ogni ideologia.

Ma il Vicario di Cristo nato in Polonia, che attraversò la fine del XX scolo e l’inizio del XXI, riaffermò anche un’altra verità da troppi, pure nel mondo cattolico, dimenticata, e cioè che non c’è possibilità di conciliazione tra la fede, che pone in Dio l’origine e il fine dell’uomo, e la concezione che rinnega ogni valore posto oltre la portata dei sensi e degli orizzonti visibili: concezione tipica della defunta ideologia marxista e dell’ideologia edonistica, libertaria, radicaleggiante che oggi ci affligge. Ci invitò con forza, insomma, ad un ritorno a quell’istanza metafisica e trascendente sulla quale la nostra società ha fatto calare l’oblio. E il suo è ancora oggi un messaggio rivolto a tutti, anche all’interno della comunità ecclesiale.

Questo grande papa, in ultima analisi, individuò con chiarezza il disegno strategico di coloro che vogliono sempre più limitare gli spazi di libertà della Chiesa cattolica e della comunità cristiana nazionale, (vedi le recenti restrizioni del governo Conte per le celebrazioni delle messe) neutralizzando così, sempre più, il ruolo pubblico del cattolicesimo ed incentivando, contemporaneamente, il processo di secolarizzazione e di laicizzazione della nostra società. Ed a questo disegno si oppose fermamente riuscendo a contrastarlo con grande efficacia.

Abbiamo seguito il suo esempio, continueremo a seguirlo, operando per una ridefinizione della weltanschauung cattolica, in grado di fare della dottrina sociale della Chiesa uno strumento efficace e formidabile di intervento nella società italiana.

VERSO GLI ALTARI ANCHE I GENITORI DI SAN WOJTYLA

Le cause di beatificazione dei genitori di San Giovanni Paolo II sono state ufficialmente aperte con una cerimonia nella basilica di Wadowice, sua città natale. Il Cardinale Stanislaw Dziwisz ha detto: “Essendo stato a lungo il segretario del cardinale Karol Wojtyla e papa Giovanni Paolo II, posso testimoniare qui di averlo sentito molte volte ripetere che aveva dei genitori santi”. Commenta alla Cna padre Pawel Rytel-Andrianik, portavoce della Conferenza episcopale polacca: “I processi di beatificazione di Karol ed Emilia Wojtyla testimoniano il grande ruolo della famiglia nella formazione di un santo e un grande uomo”. Il postulatore, padre Slawomir Oder, che sovraintense anche alla causa di Giovanni Paolo II, pronunciò durante la messa per la canonizzazione di Santa Kinga, nota come Cunegonda, celebrata a Stary Sacz in Polonia, “i santi nascono da santi, sono tirati su dai santi e traggono dai santi la vita e la chiamata alla santità”.

 

L'insegnamento di Wojtyla, il papa "Santo subito"

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