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Giuseppe Conte promosso per equilibrio e ragionevolezza, ma per la fase 3 occorrerà una grande capacità di visione. Lì valuteremo la statura del premier.

Lo dice a Formiche.net Alfredo Bazoli, capogruppo Pd in commissione Giustizia di Montecitorio che, partendo dai numeri impietosi della crisi e dal dibattito su Def e Mes, analizza il percorso fin qui attivato dal governo ma anche la nuova strada che dovrà imbboccare per stimolare la crescita (oltre l’emergenza).

Per affrontare un Pil a -8% e un deficit a +10,4%, che significano in soldoni almeno un debito al 155%, basteranno il decreto aprile da 55 miliardi, lo stop alle clausole Iva e il Mes per la sanità?

Abbiamo dinanzi a noi uno scenario molto difficile, dovremo mettere a disposizione della ripresa tutto il potenziale economico di cui siamo in grado di farci carico: sia attraverso un indebitamento interno, sia con gli strumenti messi a disposizione dall’Europa. Occorre la consapevolezza che tutti i mezzi che utilizzeremo saranno a debito e non ci verranno regalati. Penso che se vorremo immaginare di usare al meglio questi denari al fine di rilanciare l’economia dovremo farlo avendo particolare attenzione alla prospettive di crescita.

Ovvero?

Solo con una crescita sostenuta potremo poi riuscire, pian piano, a far scendere gli indicatori di deficit citati. Per cui da un lato dovremo attivare subito tutti i canali di accesso alla liquidità necessaria, dall’altro avere la consapevolezza che i denari da reperire sui mercati (interno ed europeo) andranno messi a servizio sia dell’emergenza e della depressione da lockdown, ma soprattutto della crescita industriale. Quella la strada da seguire per reggere al grande indebitamento che inevitabilmente finirà per pesare sul paese nei prossimi anni.

I numeri impietosi della crisi potranno essere attutiti da un Def su cui si fatica a trovare una sintesi?

La fase è eccezionale. Oggi dobbiamo evitare che i danni derivati dalla grande chiusura provochi effetti a catena. Il decreto liquidità e il decreto aprile rifinanzieranno in maniera robusta tutti gli interventi già previsti nel Cura Italia, come cassa in deroga e bonus per autonomi. In seguito ci sarà una fase nella quale le nuove risorse che riusciremo a trovare, anche grazie al dialogo con l’Ue, verranno messe a servizio non tanto dell’emergenza ma di un progetto generale per l’economia senza il quale caricheremmo sulle spalle delle nuove generazioni un fardello insopportabile.

In attesa della fase 2 e di quella 3, in dieci milioni rischiano di non farcela secondo la Caritas: come aiutarli?

Se ne occuperà il decreto in arrivo, in parte è stata già garantita liquidità immediata per una platea vastissima di italiani come i 600 euro agli autonomi e ai professionisti, le risorse date ai Comuni per le emergenze alimentari. Andranno rafforzati i presidi che già ci sono, come il Reddito di Cittadinanza che ha avuto proprio tale obiettivo: dare una misura universale a sostegno dei più poveri, anche se come Pd avevamo avanzato alcune critiche. Lo strumento andrà rafforzato se vorremo intercettare i bisogni larghissimi che si stanno manifestando. Questa la discussione che stiamo portando avanti in vista della chiusura del decreto aprile.

Intanto una parte del Pd si sta interrogando sulle strategie gestionali. Ieri il senatore Zanda ha detto che a Conte manca una visione. Che ne pensa?

Penso che il premier abbia gestito in maniera equilibrata questa fase drammatica della storia italiana: non sfugge a nessuno che la crisi sanitaria è stata repentina e ampia. Ancora oggi non abbiamo chiaro quale impatto avrà sull’economia italiana. Ma questa fase epocale potrebbe anche rappresentare uno spartiacque della storia europea e occidentale. Certo il premier si è mosso con grande cautela, ma anche con grande ragionevolezza e bisogna dargliene atto. Credo che se vorremo affrontare in modo adeguato la grande prospettiva per ripartire allora ci vorrà uno scatto: non potremo più permetterci di restare in una conduzione ragionevole e ragionata della crisi, ma bisognerà avere poi una grande capacità di visione. In quell’occasione e quando arriverà quel momento però dovremo essere bravi a misurare l’adeguatezza del nostro governo rispetto alle nuove sfide che avremo difronte. Lì valuteremo la statura di Conte.

La proposta avanzata da Carlo Calenda di un governo di larghe intese con alcuni governatori come ministri è un’opzione per la fase 3?

Onestamente osservo che il clima di unità nazionale che si era cercato di costruire nelle prime fasi della pandemia è già naufragato totalmente. Non solo le polemiche in corso tra maggioranza e opposizione in Parlamento, ma anche quelle fra istituzioni di colore diverso che hanno gestito l’epidemia dimostrano che la concordia non c’è. Ciò rende complicato sia un percorso politico che consenta un rafforzamento, anche numerico, del governo sia un governo nuovo con numeri più solidi.

twitter@FDepalo

Il Pd promuove Conte ma adesso serve un cambio di passo. Parla Bazoli

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