Skip to main content

Il governo Italiano ospita in questi giorni le massime istituzioni europee in una riunione informale le cui finalità appaiono alquanto complesse ma che, in estrema sintesi, possono così esporsi: illustrare la politica economica che l’Italia dovrà perseguire per uscire prima possibile dalla crisi della pandemia. Di contro, appare chiaro quali siano le finalità e le aspettative dei vertici Ue e della Bce: parla di necessità di “interventi ambiziosi” von der Leyen, mentre Lagarde assicura la presenza della Bce solo se l’Italia non perderà l’opportunità. Insomma, si attiva una funzione di controllo, preventivo e successivo, sull’impiego delle risorse che, a vario titolo, l’Italia sta chiedendo all’Unione. La richiesta/condizione dell’UE è dunque chiara: riforme.

In questo contesto appare ancora una volta esemplare il caso Ilva sul quale abbiamo avuto più volte modo di soffermarci.
Già in una esternazione resa nello scorso Novembre dalle colonne de Il Messaggero, Romano Prodi aveva infatti dichiarato alla stampa: “Il caso Ilva ci mette di nuovo all’angolo fra tutti i Paesi europei. Nessuno più si fida di noi: la nostra politica industriale, abbandonati i positivi disegni del 4.0, si riduce a cercare di salvare, senza però applicarvi le necessarie cure, un giorno l’Alitalia, e, il giorno dopo, la Whirlpool o l’Ilva” (si veda Il Messaggero, 6 novembre 2019). L’allarme, dunque, veniva lanciato ben prima dell’esplosione della crisi Covid-19. Da allora la situazione, lungi dal migliorare, è se possibile di gran lunga peggiorata e non solo per l’ovvio e anzi notorio incidere della crisi pandemica.

Si ricorderà che, una volta selezionata Arcelor Mittal quale possibile acquirente di Ilva, il percorso della procedura sia stato alquanto tormentato. Un primo accordo venne raggiunto nel 2018 e prevedeva, in due diverse fasi, l’impiego – riassorbimento di oltre 12 mila lavoratori entro il termine del 2023, previsto per il perfezionamento dell’acquisto del complesso aziendale che al momento i commissari straordinari di Ilva hanno concesso in affitto ad Arcelor Mittal. È importante qui rilevare che quell’accordo, raggiunto sotto il governo c.d. Conte 1, era stato sottoscritto anche dalle maggiori sigle sindacali. Tuttavia, la contrazione mondiale della domanda di acciaio, poi accentuata enormemente con la crisi pandemica, ha presto indotto il possibile acquirente a voler rinegoziare quell’accordo, ritenuto eccessivamente oneroso. Ne è scaturito un contenzioso legale che è stato apparentemente risolto il 4 marzo 2020 in piena crisi Covid con un accordo che ha comportato l’abbandono delle cause reciprocamente intentate presso il Tribunale di Milano tra Arcelor Mittal e i commissari straordinari.

Qual è il contenuto di tal accordo? In realtà si tratta di un profilo rimasto aperto, se non oscuro. Difatti, secondo quanto è dato conoscere, l’accordo prevede l’impegno alla definizione di un nuovo piano industriale entro il mese di novembre 2020. Tale nuovo piano dovrebbe essere improntato a contenuti più marcatamente ecologistici e di attenzione all’ambiente. Qualora simile requisito venisse rispettato, la mano pubblica potrebbe/dovrebbe entrare nel capitale della nuova società e accompagnare la fase di transizione fino all’acquisto definitivo fissato, come detto, per il 2023. Qualora tale piano non venisse redatto o comunque approvato entro il termine, Arcelor Mittal avrebbe comunque la possibilità di recedere dal contratto, corrispondendo al Governo la somma di euro 500 milioni per tale exit. È facile osservare i profili di criticità di un simile modus operandi.

In primo luogo, questo nuovo accordo non ha visto il coinvolgimento dei sindacati. Si è dunque paventato che, al di là della richiesta di un piano industriale maggiormente ecologico, la vera posta in gioco sia il ridimensionamento della forza lavoro da assorbire; risultato questo che Arcelor Mittal avrebbe negoziato col governo appunto all’insaputa dei sindacati e comunque senza il loro intervento diretto.

In secondo luogo, non è in alcun modo chiaro quali siano le modalità di ingresso della mano pubblica nella nuova Ilva.
Infine, c’è da dire che mentre in precedenza Arcelor Mittal era esposta a una richiesta di risarcimento indefinita e potenzialmente incalcolabile, ora il corrispettivo per l’esercizio del recesso è fissato e immodificabile. In tal modo si verifica un’asimmetria tra le parti giacché Arcelor Mittal è in grado di sapere se e come predisporrà il nuovo piano e quanto eventualmente possa costarle la decisione di recedere. In effetti non è tale aspetto a destare meraviglia; fissare una multa penitenziale è invero prassi di molti contratti e semmai può solo discutersi sulla congruità dell’importo. Già maggiormente problematico è l’aspetto della mancata negoziazione in presenza dei sindacati, visto l’enorme rilievo sociale della vicenda.

Ma ciò che appare davvero critica è la mancanza di indicazioni chiare in ordine a modalità, tempistiche ed entità dell’intervento pubblico. Appare davvero sorprendente che tale intervento sia prospettato ancor prima che il piano industriale venga presentato. In ciò dobbiamo purtroppo constatare una conferma di quanto già abbiamo rilevato in ordine alla vicenda Alitalia. Anche lì vengono destinate risorse pubbliche senza una preventiva analisi e senza la presentazione di un piano industriale. L’allarme che Romano Prodi lanciava già nel novembre 2019 non era dunque così infondato: si individua una vera e propria linea di tendenza rappresentata dalla prospettiva di un intervento pubblico a sostegno di società insolventi senza che tale intervento sia chiaramente e rigorosamente destinato alla “cura” dei mali che hanno condotto le società al dissesto.

Come abbiamo più volte osservato, non desta scalpore l’intervento pubblico in sé, né l’intervento in società insolventi. Tuttavia, precondizioni necessaria – e ancora neppure sufficiente – per tale intervento è che esso sia risolto alla risoluzione di un problema tanto grave da cagionare l’espulsione dell’azienda dal mercato.

Sono queste, come minimo, le riforme che l’Ue ci chiede e continuerà a chiedere. Diversamente, il problema dell’intervento pubblico Italiano non si porrà poiché lo Stato non potrà attingere ai fondi europei di cui, oggi più che mai, ha un impellente bisogno.

Ilva… ne va pas. Nuova battaglia in vista tra Arcelor Mittal e i commissari straordinari

Il governo Italiano ospita in questi giorni le massime istituzioni europee in una riunione informale le cui finalità appaiono alquanto complesse ma che, in estrema sintesi, possono così esporsi: illustrare la politica economica che l’Italia dovrà perseguire per uscire prima possibile dalla crisi della pandemia. Di contro, appare chiaro quali siano le finalità e le aspettative dei vertici Ue e…

Cina e Chiesa cattolica, priorità complessa ma irrinunciabile. L'analisi di Cristiano

In un saggio di recente pubblicazione su La Civiltà Cattolica a firma di padre Federico Lombardi e relativo alle memorie di Celso Costantini, primo delegato pontificio nella Cina post imperiale e pre comunista, dal 1922 al 1933, si può leggere questa citazione: "Di fronte specialmente ai cinesi, ho creduto opportuno di non dover accreditare in alcun modo il sospetto che…

Perché Alex Zanardi è l'uomo a cui aggrapparsi, quando le nostre vite vanno storte

Ben poche volte ho sentito così forte, quasi fisicamente, il pensiero e le preghiere di una moltitudine per un solo uomo. È come se per Alex Zanardi tutta Italia avesse trattenuto il respiro. All’unisono e portandosi alla mano alla bocca, milioni di persone hanno compiuto gesti uguali e sono stati attraversati da emozioni perfettamente riconoscibili. Non è possibile che sia…

Perché (e come) il Pentagono tiene d'occhio i russi in Libia

Mentre si attendono le mosse del decisore politico (semmai arriveranno, visto il delicato periodo pre-elettorale), la partita libica per conto degli Stati Uniti la portano avanti i diplomatici e il Pentagono. Se i primi cercano di mantenere costantemente il contatto con il governo onusiano di Tripoli, e con i suoi partner, i secondi si occupano del lavoro più duro. L'attenzione…

La guerra Usa-Cina all’Onu. Primo punto per Trump, in attesa del Wto…

La crisi sanitaria ed economica del Covid-19 sembra aver messo in discussione il sistema multilaterale. Basti pensare alla decisione degli Stati Uniti di porre fine ai rapporti con l’Organizzazione mondiale della sanità (di cui sono di gran lunga i maggiori finanziatori a livello mondiale), accusata di essere “sottomessa” alla Cina. Ma guardando oltre gli annunci dal sapore un po’ elettorale…

Nucleare iraniano. Così l’Europa richiama Russia e Cina alla responsabilità

Germania e Francia hanno avvertito l’Iran che per quanto riguarda l’accordo sul nucleare così non va. In un incontro, venerdì a Berlino, i ministri degli Esteri dei Paesi europei parte del Jcpoa – l'accordo per congelare l'atomica iraniana sottoscritto a Vienna nel luglio 2015 da Teheran insieme a Cina, Francia, Regno Unito, Russia, Stati Uniti e Germania – il ministro degli Esteri…

Nuovi voli Rimini-Teheran. Rischio Covid e terrorismo? Zennaro interroga il governo

Il rischio di nuovi contagi da Covid-19, il terrorismo e l’apertura al regime iraniano. Ci sono questi tre elementi al centro dell’interrogazione presentata da Antonio Zennaro (primo firmatario), Fabiola Bologna e Michele Nitti (Misto - Popolo protagonista - Alternativa popolare) al premier Giuseppe Conte, al ministro della Salute Roberto Speranza e a quello delle Infrastrutture e dei trasporti Paola De…

Il passo di lato di Di Battista che guarda alle elezioni del 2023

Un passo di lato, ma non indietro. Quando Alessandro Di Battista parla, l'onda d'urto delle sue parole colpisce il Movimento 5 Stelle (e di riflesso il governo). Forse per questo nell'intervista rilasciata ieri dall'ex parlamentare grillino e ora attivista di primo piano non traspare volontà di scuotere, ma di costruire. Durante l'intervista andata in onda ieri sera su Accordi&Disaccordi, un…

Trump riparte da Tulsa (tra coprifuoco, virus e contestazioni). Il punto di Gramaglia

La notizia di un episodio sanguinoso, risalente al 6 giugno, ma di cui s'è appreso solo ora, aumenta la tensione a Tulsa, in Oklahoma, in previsione del comizio, questa sera, di Donald Trump, il primo del magnate presidente dopo l'epidemia da coronavirus. La guardia privata di un motel ha ucciso un afro-americano di 36 anni, Carlos Carson, che si era…

La leadership globale Usa è a rischio? Al Brussels Forum risponde Stacey Abrams

Il 19 giugno negli Stati Uniti è “Juneteenth”, anche noto come Freedom Day, in ricordo della fine della schiavitù nel 1865. Quello del 2020 ha avuto un sapore amaro, tra le proteste per la morte di George Floyd, la crisi da Covid-19 e i toni accesi in vista delle prossime elezioni presidenziali. “Una crisi profonda”, che intreccia diversi malcontenti sociali…

×

Iscriviti alla newsletter