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Va dato atto a Giuseppe Conte di essere un grande mediatore e quindi di riuscire a tenere insieme maggioranze impossibili, come era quella del suo primo governo e come lo è, nonostante le dissimulazioni, forse ancor più quella che regge l’esecutivo in carica. C’è però sempre un momento in cui la corda viene tirata così tanto da spezzarsi. Lo abbiamo visto in agosto, per iniziativa di Matteo Salvini, potremmo vederlo nei prossimi giorni a causa del passaggio in aula della contestata e discutibile legge sulla prescrizione.

Che suddetta legge, sia demagogica e dannosa per il funzionamento della giustizia in Italia lo dicono un po’ tutti: un’opinione dato che per una volta ha messo d’accordo persino, per opposti motivi, magistrati e avvocati. Il fatto è che però su di essa, tipico provvedimento di una politica (o post-politica) fatta di issues e senza una visione organica dei contesti, il ministro della giustizia ci ha messo la faccia. E Alfonso Bonafede non è un pentastellato qualsiasi, bensì in qualche modo l’architrave del precario equilibrio su cui si regge il Conte bis. L’accordo sottinteso e non esplicito che ha dato vita al governo, soprattutto quello con Nicola Zingaretti, era che il Pd su alcuni provvedimenti-simbolo, primo fra tutti questo, facesse buon viso a cattivo gioco e li facesse passare, casomai solo un po’ edulcorati.

Per la stabilità, e soprattutto per tenere lontano dal governo l’odiato Salvini, questo ed altro! Senonché i giochi si sono complicati strada facendo, in questi giorni: da una parte, con l’intervento di magistrati e avvocati, che fa rischiare addirittura una crisi istituzionale; dall’altra, con quello a gamba tesa di Matteo Renzi, che ci ha messo anche lui la faccia facendo dell’affossamento della legge una battaglia ideale. L’ex premier è passato poi dalle parole ai fatti e ha preso la decisione di mettere l’out out e preparandosi a votare con le opposizioni. Il che al Senato potrebbe, nel segreto delle urne, mandare giù il governo.

Perché Renzi agisce in questo modo? È davvero interessato a far cadere in questo momento il governo rischiando che si vada alle urne e Italia Viva non possa incassare altro che una irrisoria percentuale di deputati? A lume di logica sembrerebbe di no. Ciò anche in considerazione della possibilità di partecipare, al banchetto delle prossime nomine da una posizione di forza (certo, è un “ricatto” ma la politica è questo!). Il fatto è che Renzi, per dare qualche possibilità al suo partito, deve trasmettere una immagine di intransigenza sui principi che il Pd non ha. E la prescrizione si presta molto al caso. Solo che il rischio è appunto di tirare troppo la corda e di arrivare a un punto ove non è possibile sottrarsi dignitosamente dal gioco in cui ci si è messi.

Certo, a Renzi andrebbe alla grande se il governo cadesse e il Presidente della Repubblica non sciogliesse la legislatura ma trovasse un nuovo premier in parlamento: con Conte non si è mai preso, e il presidente del consiglio è in sostanza un suo competitor diretto nell’area moderata di centrosinistra. Ma puntare su questo contesto è un gioco troppo d’azzardo: in una situazione del genere Mattarella si esporrebbe così tanto politicamente che è difficile pensare che possa assecondarla.

Bonafede, Renzi e l'azzardo della prescrizione. L'opinione di Ocone

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