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Un contratto per cinque progetti di ricerca e sviluppo segna l’accensione dei motori per Naviris, la joint venture nel campo delle navi militari tra Fincantieri e la francese Naval Group. Assegnato dall’Organizzazione europea per la cooperazione in materia di armamenti (Occar), è “la chiave di volta per la cooperazione a lungo termine” tra i due Gruppi. Tra Pesco e ipotesi tedesca per Fincantieri, conferma inoltre il fermento che sta attraversando la Difesa europea e, in particolare, il segmento navale.

LA DIVISIONE DEL LAVORO

Si tratta del primo contratto per Naviris, operativa dallo scorso gennaio con sede a Genova, con il francese Claude Centofanti nel ruolo di ceo e l’italiano Enrico Bonetti in qualità di chief operational officer. Per i progetti commissionati dall’Occar (che li prende in carico su richiesta degli Stati), la joint venture agirà in qualità di prime contractor, coordinando le attività tecniche affidate a Fincantieri e Naval Group. La proprietà intellettuale di tutti i risultati della ricerca sviluppata apparterrà a Naviris mentre per i due Gruppi, saranno coinvolti rispettivamente i siti di Genova e Trieste (con le controllate Cetena e Sasterna) e quelli di Nantes, Ollioules e Loriente (con la contrallata Sirehna). D’altra parte, l’obiettivo dei progetti (di una durata di tre anni mezzo) è proprio quello di migliorare le prestazioni delle unità realizzate da Fincantieri e Naval Group.

I PROGETTI

Il primo dei cinque progetti è la “nave digitale”, finalizzata a potenziare le capacità di simulazione così da valutare nell’intero ciclo di vita delle navi le loro prestazioni. In questo modo, sarà possibile ottimizzare il lavoro, dalla progettazione alle operazioni quotidiane a bordo. C’è poi “l’ottimizzazione del consumo di energia”, per identificare architetture ed equipaggiamenti innovativi per migliorare i consumi elettrici delle unità navali. Il terzo progetto è Fcs, acronimo per sistema di celle a combustibile, al fine di integrarle su navi militari di superficie.

Naviris lavorerà inoltre sulla “logistica del futuro”, dalla produzione alle attività successive di ispezione e manutenzione, per ottimizzare la gestione di tutto il ciclo di vita del prodotto. L’ultimo progetto riguarda il “winning a sea state”, per sviluppare strumenti e soluzioni ingegneristiche che permettano alle navi di condurre in sicurezza operazioni quotidiane in condizioni ambientali peggiori di quelle attualmente possibili.

DIFESA IN FERMENTO

I contratti dall’Occar rappresentano il via definitivo a Naviris, entrata in operatività lo scorso gennaio con il primo consiglio d’amministrazione. Sebbene la parte civile dell’intesa tra Roma e Parigi nel settore navale resti bloccata (riguarda l’acquisto da parte di Fincantieri dei Chantiers de l’Atlantique, ex Stx), quella militare è andata avanti con rapidità. Segue il particolare fermento che sta vivendo la Difesa europea. “Da tempo – ha detto l’ad del Gruppo italiano Giuseppe Bono commentando i progetti di Naviris – riteniamo che il consolidamento dell’industria navale europea rappresenti uno degli strumenti fondamentali, se non il principale in termini di massa critica e sinergie, per consentire al nostro continente di non finire in disparte e affrontare invece le prossime sfide sugli scenari globali da protagonista”.

L’IPOTESI TEDESCA PER FINCANTIERI

Non è un caso che un paio di settimane sia emersa notizia dell’ipotesi tedesca per il Gruppo di Trieste, con le riportate trattative in corso con Thyssenkrupp. Per Fincantieri, il discorso si inserisce nel consolidamento del comparto europeo e riguarda la componente sottomarina, non coinvolta nell’accordo con i francesi. Con i tedeschi, c’è d’altra parte già l’esperienza di cooperazione sul programma dei sottomarini Type 212A, avviato negli anni 90 con quattro unità dirette alla Marina italiana (U 212-A) realizzate dal Gruppo italiano su licenza tedesca.

IL MIRINO DI NAVIRIS

Per Naviris, nel mirino c’è il programma Orizzonte (quattro navi, per l’Italia le unità Andrea Doria e Caio Duilio), per cui l’ammodernamento di mezza vita era dato come primo progetto di lavoro sin dall’avvio degli accordi per la joint venture italo-francese. Lo ha confermato oggi Pierre-Eric Pommellet, da un paio di mesi al vertice di Naval Group. Per la joint venture, l’altro grande interesse riguarda il programma European patrol corvette (Epc), entrato all’intero della cooperazione strutturata permanente (Pesco) dell’Unione europea tra i progetti avallati lo scorso novembre. Già da prima gli Stati maggiori delle Marine dei due Paesi avevano avviato uno studio congiunto sulla comune esigenza operativa, concernente progettazione e sviluppo di un prototipo della corvetta europea destinata a missioni multiruolo e di pattugliamento.

LA SPINTA POLITICA

Al momento della presentazione del progetto erano a bordo Italia (alla guida) e Francia. Hanno poi aderito la Grecia e (più di recente) la Spagna, desiderosa di far salire a bordo il suo campione nazionale, Navantia. L’interesse per la Pesco è forte, testimoniato dalla lettera inviata la scorsa settimana all’Alto rappresentante dell’Ue Josep Borrell da Lorenzo Guerini e le colleghe di Francia, Germania e Spagna: Florence Parly, Annegret Kramp-Karrenbauer e Margarita Robles. Il rafforzamento dello strumento è “il framework politico centrale della cooperazione europea in materia di Difesa”, affermano i ministri, chiedendo all’Ue (e agli altri Stati membri) di procedere con convinzione.

LA FORZA DELLA PESCO

Potenzialmente agile e meno macchinosa dei tipici procedimenti comunitari, la Pesco può servire, spiegano i ministri, a favorire progetti di investimento tra i partner europei e rendere più competitive le industrie della Difesa, anche a fronte di un Fondo (l’Edf) destinato ad avere un finanziamento minore alle attesa. Rispetto alla proposta di 13 miliardi di euro del giugno 2018, il nuovo prospetto sul bilancio pluriennale della Commissione targata Ursula von der Leyen ne prevede 8. Un calo che sembra soffrire le spinta al ribasso arrivata, prima della pandemia, dai negoziati tra Paesi membri.

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