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Lasciamo da parte il dibattito sul riscatto e sulla conversione di Silvia Romano diventata Aisha. Serve ora chiedersi se quella operazione, un grande successo dell’Unità di crisi della Farnesina e dell’Aise, non sia stata minata da una vanità nella comunicazione che non soltanto ha offerto un’occasione di propaganda ai terroristi di Al Shabaab ma ha anche messo a rischio i nostri servizi segreti.

“Nel momento in cui Al Qaeda è ancora alla ricerca di un leader, lo Stato islamico si vede costretto ad approfittare del caos creato dal coronavirus in Iraq per tentare di rialzare la testa e i talebani sono spaccati tra chi vuole trattare con Washington e chi combatterlo, ai somali riesce un colpo milionari che li pone finalmente in una posizione di primo piano nel network jihadista mondiale”. È quanto scrive oggi Pietro del Re su Repubblica analizzando la doppia vittoria di Al Shabaab (su Formiche.net il profilo di Al Shabaab tracciato dai nostri 007) sul rapimento e la liberazione dietro riscatto della cooperante Silvia Aisha Romano: i diversi milioni di dollari — “che vanno a rimpinguare le già floride casse del gruppo”, si legge sul quotidiano diretto da Maurizio Molinari — e la conversione, avvenuta senza costrizioni come dichiarato da lei stessa. “Il che, al mondo musulmano ma non solo, li mostra per la prima volta sotto un’altra luce”: da “assassini crudeli e implacabili” a “carcerieri compassionevoli, poiché sono perfino riusciti a spingere l’ostaggio ad abbracciare il loro Dio. E tornando in Italia a mostrarsi con il hijab verde, il colore dell’Islam”.

Quindi, un sequestro per riscatto, ma non solo: un sequestro anche dal forte valore politico. Che, come racconta oggi La Verità, era uno degli obiettivi dell’organizzazione che emergevano già a novembre dalle carte dell’Alta Corte dello Stato del Sud Ovest, cui ha parte anche l’italiano Mario Scaramella, grande conoscitore del Corno d’Africa.

Sempre su Repubblica, il vicedirettore Carlo Bonini si interroga sul riscatto in un fondo dal titolo “Il dovere della sobrietà”. Dopo aver festeggiato il ritorno a casa di Silvia Aisha Romano e sottolineato i diversi approcci tra Italia e Paesi come Stati Uniti e Regno Unito, Bonini sottolinea come “meriterebbe anche la sobrietà dei comportamenti. Soprattutto se si conosce il prezzo per la libertà imposto dal nemico”. Così evidenzia il tweet del premier Giuseppe Conte, “che deve sorprendere e bruciare l’ignaro ministro degli Esteri” Luigi Di Maio “per lucrare qualche istante in più di consenso”.

Il tema evidentemente non è l’operazione in sé (cioè il pagamento di un riscatto) ma la gestione comunicativa e sensazionalistica di Palazzo Chigi — che, peraltro, difficilmente avrebbe potuto non sapere della conversione e di altri dettagli. Un particolare non secondario è il posizionamento del Partito democratico, soprattutto del ministro della Difesa Lorenzo Guerini, assenti alla passerella di Ciampino.

Il rientro si poteva gestire in maniera più riservata e discreta, senza fanfare, come ha sottolineato anche l’analisti Gianandrea Gaiani su Twitter. Per due ragioni. La prima è quella già citata del ritorno propagandistico per i terroristi. La seconda: per proteggere i nostri servizi segreti. La diretta televisiva ha rischiato di dare pubblicità al codice di registrazione (la targa) del Falcon in uso all’Aise, un dato sensibile attraverso il quale si può risalire senza troppa difficoltà ai suoi spostamenti e comprendere quali siano le operazioni in corso.

Se lo show con Silvia Romano favorisce i terroristi e mette a rischio i nostri 007

Lasciamo da parte il dibattito sul riscatto e sulla conversione di Silvia Romano diventata Aisha. Serve ora chiedersi se quella operazione, un grande successo dell’Unità di crisi della Farnesina e dell’Aise, non sia stata minata da una vanità nella comunicazione che non soltanto ha offerto un’occasione di propaganda ai terroristi di Al Shabaab ma ha anche messo a rischio i nostri servizi segreti. “Nel…

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