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Il classici puntini sulle i. La Banca centrale europea ci ha messo poco più di 48 ore per mettere in chiaro che la giustizia tedesca non è la giustizia d’Europa. E se una Corte costituzionale di uno Stato membro dice che il Qe della Bce è parzialmente illegale, non vuol dire che lo sia. E, qualora lo fosse, di certo Francoforte non dovrebbe risponderne nei tribunali tedeschi, ma alla Corte di giustizia europea (qui l’intervista in merito all’economista Alberto Quadrio Curzio).

Dall’Eurotower è arrivato un uno-due contro la Corte di Karlsruhe, che due giorni fa ha messo in dubbio la legittimità del Qe da 2.600 miliardi, con cui da cinque anni la Bce compra titoli sovrani. Prima il vicepresidente Luis De Guindos, poi direttamente la numero uno Christine Lagarde.

“Siamo una istituzione europea e sotto la giurisdizione della Corte di Giustizia europea e della Corte dei Conti europea”, ha messo subito in chiaro De Guindos, rispondendo così per le rime al duro e anomalo attacco della Corte costituzionale della Germania contro il piano di acquisti di titoli pubblici della Bce. Durante l’audizione al Parlamento europeo, sulla presentazione del rapporto 2019, il banchiere centrale ha indirettamente respinto gli ultimatum giunti dai giudici tedeschi e contestato alcune dello loro accuse chiave.

“Siamo tenuti a rispondere al Parlamento europeo e lo facciamo in maniera totalmente aperta. La Bce non è seconda a nessuno in termini di trasparenza”, ha detto. “Operiamo in base al nostro mandato istituzionale, in maniera indipendente da governi e lobby”. Tradotto, la Germania non decide sui destini della Bce e soprattutto sui suoi programmi.

Il riferimento alle lobby potrebbe anche essere un rimarcare indiretto del fatto che, all’opposto, le accuse lanciate ieri dalla Corte tedesca si basano su assunti forniti da periti molto di parte: i giudici tedeschi avrebbero infatti dato retta quasi esclusivamente a esponenti del panorama bancario e assicurativo tedesco, spesso alfieri di visioni ultra ortodosse del quadro e supercritici della politica monetaria.

Ma quello che De Guindos ha confutato in maniera più esplicita e energica è la tesi della Corte tedesca, secondo cui sul suo programma di acquisti di titoli pubblici la Bce avrebbe fatto una valutazione di proporzionalità con adeguati studi di impatto. All’opposto “la nostra valutazione di proporzionalità è continua”, ha rimarcato più volte il vicepresidente. “Ad esempio sulla stabilità finanziaria valutiamo continuamente gli effetti collaterali delle nostre policy”.

Christine Lagarde ci ha messo persino del sarcasmo, citando una frase che ai tedeschi piace davvero poco. “Siamo una istituzione europea, con competenze sull’eurozona, rendiamo conto al Parlamento Ue e ricadiamo sotto la giurisdizione della Corte di giustizia europea. E siamo guidati dal nostro mandato e il mandato dice che dobbiamo fare tutto il necessario: whatever it takes”.

 

La Germania non è padrona della Bce. L'uno-due di Lagarde e De Guindos

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