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Nella scena iniziale del libro di Mario Puzo, Il Padrino, l’impresario delle pompe funebri Amerigo Bonasera si presenta al cospetto del padrino per chiedere giustizia per la figlia ventenne, aggredita e sfigurata da due giovani americani. La giustizia americana li ha assolti e lui capisce che solo l’intervento di Don Vito Corleone potrà dargli soddisfazione. Il boss non chiede nulla in cambio, ma gli ricorda che un giorno tornerà a chiedere di rendergli il favore. Il Padrino attacca quindi un filo invisibile alla schiena del disilluso immigrato italo americano, bisognoso di aiuto; un filo che sarà pronto a tirare quando necessario, facendo muovere il suo nuovo burattino secondo i suoi bisogni e in accordo con i suoi valori.

In una intervista a Repubblica di ieri, il nuovo consulente economico del governo Mariana Mazzucato racconta degli aiuti dello Stato alle imprese in questo momento difficile della pandemia e ricorda che “per ora le si aiuta, mettendo fra le clausole che rispetteranno alcune regole, per esempio su cosa e come investire”. Carlo Stagnaro, il direttore dell’osservatorio sull’economia digitale dell’Istituto Bruno Leoni, ha fatto notare ieri con un tweet che Mazzucato è così passata dallo “Stato innovatore”, suo cavallo di battaglia, allo “Stato padrino”. Lo Stato, novello Don Vito Corleone, aiuta oggi le imprese in difficoltà per la pandemia e non chiede nulla in cambio, ma attacca un filo invisibile e, domani, gli chiederà di muoversi come burattini investendo dove la sua consulente, pianificatore avveduto e onnisciente, sa già che sarà necessario e soprattutto moralmente giusto.

Qualcuno ha obiettato che non ci sarebbe nulla di male in tutto questo: lo Stato come padrino immaginato dalla Mazzucato non è dissimile dalla matrigna Europa che presta soldi agli stati in difficoltà solo a seguito di condizioni da applicare per il rientro. Il paragone non regge. La prima differenza è che, almeno da quanto si capisce dalla intervista di Mazzucato, le condizioni a cui sarebbero sottoposti questi aiuti alle imprese non sono chiari al momento dell’erogazione. Nel caso degli Stati si accede a prestiti concordando prima le condizioni. L’operazione di cui si sta rendendo protagonista lo Stato italiano è basata sulla necessità di fornire liquidità a imprese chiuse o che fronteggiano una totale estinzione della propria domanda, in ragione di norme imposte dallo Stato stesso.

Non risulta ci siano condizioni ex ante da firmare per il rientro e il meccanismo passa dalle banche proprio perché esercitino il loro ruolo di valutatori del merito creditizio, giudicando i richiedenti capaci di restituire sulla base delle loro caratteristiche. Il secondo punto riguarda la profonda differenza tra i meccanismi di funzionamento degli Stati e quelli dell’impresa. Lo Stato non raccoglie denaro per le proprie spese di funzionamento cercando di soddisfare una domanda di beni e servizi. Esercita il proprio potere coercitivo, senza concorrenza da parte di altre entità, per riscuotere tasse e imposte che dovrebbe spendere con la massima efficienza. Le imprese invece stanno sul mercato e cercano di soddisfare una domanda mutevole e complessa, in concorrenza con altre imprese, in una continua rincorsa all’efficienza necessaria per comprimere i costi e ottenere un profitto.

Come può Mazzucato decidere, al posto dell’impresa, cosa sia più corretto fare per soddisfare quella domanda e prosperare? Come può sapere Mazzucato quale sia la funzione di utilità dei consumatori delle imprese che prendono a prestito denaro o come reagiranno i clienti alle nuove regole sulla convivenza con il virus? È la hybris tipica del pianificatore onnisciente, convinto di sapere cosa sia meglio per ciascuno di noi, insensibile alla nostra voglia di libertà anche nei consumi e feroce censore di quei comportamenti che reputa non etici e non corretti.

Lo Stato sta fornendo garanzie perché le banche prestino soldi alle imprese, non sta regalando soldi direttamente a queste ultime. E lo sta facendo perché il corpo dell’economia può funzionare solo grazie a una spina dorsale fatta da quelle che Robertson definiva isole di potere consapevole, disperse in quell’oceano della cooperazione inconsapevole che è il mercato. Se è davvero questo il volto dello Stato che Mazzucato ha in mente, allora sarà meglio che le imprese sappiano che sarà molto simile a quello di un padrino pronto a fare l’offerta che non si può rifiutare.

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Di Carlo Amenta

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