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Le indicazioni del Fondo monetario internazionale al termine della missione italiana, la prima della presidenza di Kristalina Georgieva, sembrano molto la tesi che Mario Draghi ha ripetuto per tutta la durata del Quantitative easing. Il messaggio forte è quello che lega “gli attuali bassi tassi di interesse” alle riforme strutturali. Il costo del debito pubblico è ai minimi e questa è “una finestra di opportunità” per mettere mano ai tanti nodi dell’economia italiana. Principalmente l’alto livello del debito, al 135% del Pil e la bassa crescita: 0,5% nel 2020. Condizioni favorevoli che potrebbero non ripetersi, come sosteneva appunto l’ex presidente della Banca centrale europea.

I consigli dell’Fmi al governo sono in larga parte conosciuti. Ma spuntano anche idee nuove, destinate a condizionare il dibattito appena iniziato sulla prossima riforma fiscale. Ad esempio l’introduzione di gabbie salariali, detassazione del reddito delle famiglie e una contrattazione del lavoro più decentrata.

Mercato del lavoro. L’Fmi osserva come “nonostante la moderazione salariale degli ultimi anni, le paghe rimangano alte in rapporto alla produttività”. Riallinearle alla produttività “a livello di azienda incoraggerebbe investimenti e creazione del lavoro”. Per farlo serve una riforma della contrattazione che dia prevalenza al livello aziendale. Possibile introdurre un minimo salariale, che vari a seconda dei settori e “del costo del lavoro tra le regioni”. In sostanza secondo il Fondo l’Italia potrebbe considerare l’introduzione di un sistema simile alle gabbie salariali. Un tabù nel dibattito sulle policy.

Il welfare. L’Fmi prende di mira Quota 100 e reddito di cittadinanza. Nel primo caso la riforma previdenziale “ha creato una discontinuità” nei requisiti del pensionamento. Ma è importante “preservare l’adeguamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita”, e “un più stretto legame” l’assegno pensionistico e la contribuzione. Quindi, tradotto, contributivo per tutti. Critiche al reddito di cittadinanza, con l’invito ad allineare le misure per la povertà “con le migliori pratiche a livello internazionale,” in particolare per evitare “disincentivi al lavoro e dipendenza da welfare”.

Fisco. Altra idea inedita, la riduzione della pressione fiscale sui secondi redditi delle famiglie, con un rafforzamento dei servizi per la cura dell’infanzia e degli anziani, come soluzione per incrementare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, riducendo il gap di genere. In generale, il Fmi indica l’abbattimento del cuneo fiscale come priorità visto che in Italia “è intorno al 48 per cento rispetto ad una media Ue del 42%”. Il governo ha in programma una riduzione “modesta” dello 0,2/0,3% nel 2020-2021. “Una riduzione più ambiziosa” che porti l’Italia sui livelli europei “costerebbe il 2% del Pil”, finanziarlo significa quindi arrivare a un “significativo” ampiamento della base contributiva. Per farlo il Fmi chiede una razionalizzazione delle spese fiscali, delle agevolazioni fiscali e dell’Iva tenendo conto alle conseguenze per le fasce di popolazione più povera.

Ambiente. L’Fmi chiede una “forte azione politica” per attuare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Se le tasse sulle emissioni “sono alte in alcuni settori”, le emissioni in altri, “in particolare nell’energia elettrica” sono basse. La proposta è di una carbon tax di 70 euro per tonnellata di CO2, che avrebbe come effetto una riduzione delle emissioni del 20% entro il 2030. Le nuove entrate “potrebbero essere usate per compensare l’impatto sulle famiglie”. Anche “investimenti pubblici mirati”, incentivi e la liberalizzazione dei prezzi dell’energia potrebbero avere un ruolo positivo.

I consigli un po' scomodi del Fmi al governo

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