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Una corsa contro il tempo per tentare di salvare l’accordo nucleare del 2015 con l’Iran. Questo è il messaggio di Wang Qun, ambasciatore cinese presso le Nazioni Unite a Vienna, a margine del vertice sul futuro del patto tenutosi questo mercoledì nella capitale austriaca. Presenti anche Russia, Unione europea e gli E3, cioè Francia, Regno Unito e Germania, che soltanto un mese fa avevano accusato Teheran di violare l’accordo innescando il meccanismo per eventuali nuove sanzioni.

Il capo della diplomazia europea, lo spagnolo Josep Borrell, con un passato recentissimo da grande amico del regime degli ayatollah, ha spiegato che c’è “seria preoccupazione” riguardo alle violazioni iraniane. Ma mentre le potenze mondiali, orfane degli Stati Uniti sul Jcpoa, sembrano aspettare un atto di buona volontà da Teheran, l’Iran torna a puntare su Instex, il veicolo di pagamenti per tornare al commercio aggirando le sanzioni statunitensi. Tuttavia, nelle parole del viceministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi – l’Iran rimane “aperto a qualsiasi iniziativa che possa garantire i dividendi iraniani del Jcpoa” – si può leggere una certa cautela da parte del regime, schiacciato dal coronavirus e dalle proteste interne per la repressione e l’economia che non decolla.

Teheran ha trovato la sponda di Borrell, convinto – come d’altronde Federica Mogherini che l’aveva preceduto alla guida della diplomazia europea firmando il patto nucleare nel 2015 – che Instex vada portato a termine. Manca poco, dicono sia l’Iran sia i P4+1. Ma è la stessa espressione che ormai viene adottata da mesi. 

Come ha spiegato su twitter l’esperto Esfandyar Batmanghelidj, negli ultimi sei mesi Instex ha rafforzato il proprio personale assumendo un Ceo, un Coo, un responsabile della compliance e un manager delle relazioni. Ha ricevuto un’iniezione di nuovo capitale da sei nuovi azionisti. Ha aumentato il ritmo delle sue consultazioni con aziende europee  e iraniane. Manca poco, dicono. Ma Instex non decolla.

Quindi, che cosa sta accadendo? Bruxelles sta frenando. Tre le ragioni. Prima: il timore maggiore è che gli Stati Uniti di Donald Trump possano rispondere a un’apertura europea all’Iran inasprendo le sanzioni. Seconda: il nuovo round di sanzioni statunitensi contro l’Iran ha preso di mira, più di quelle precedenti, anche individui cinesi accusati di aver collaborato con il regime di Teheran nel programma missilistico. Terza: ora che i moderati sono fuori gioco, dopo le elezioni di venerdì scorso, non avrebbe molto senso né dimostrerebbe coerenza impegnarsi con l’Iran.

L’Ue naviga a vista sul patto nucleare con Teheran: da una parte si attende di capire se e come Iran e Stati Uniti torneranno ai tavoli negoziali, dall’altra l’instabilità del regime non sembra offrire sufficienti garanzie a Bruxelles.

Perché l'Ue frena su Instex, il meccanismo per fare affari con l'Iran (aggirando le sanzioni)

Una corsa contro il tempo per tentare di salvare l’accordo nucleare del 2015 con l’Iran. Questo è il messaggio di Wang Qun, ambasciatore cinese presso le Nazioni Unite a Vienna, a margine del vertice sul futuro del patto tenutosi questo mercoledì nella capitale austriaca. Presenti anche Russia, Unione europea e gli E3, cioè Francia, Regno Unito e Germania, che soltanto…

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