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Curiosa la proposta tedesca, riportata dalla stampa francese, di ridurre di 80 milioni di euro l’anno il bilancio assegnato da Berlino all’Agenzia spaziale europea (Esa) per dirottare al programma spaziale nazionale ulteriori 12 milioni. Il tutto a soli dieci giorni dall’avvio della tre giorni della conferenza ministeriale di Siviglia che deciderà i fondi dei prossimi anni per l’Ente spaziale.

Nel 2019, la Germania è stata il secondo maggior contribuente al bilancio con circa 930 milioni di euro all’anno (pari al 22% del totale) dietro la Francia che ha superato il miliardo (1.200 milioni di euro pari al 28%) e prima dell’Italia che ha investito 420 milioni, pari all’11%. Ovvio che una riduzione di 80 milioni, corrispondente a meno del 10% del totale dei finanziamenti, costituisca solo un segnale più che un concreto disimpegno, ma anche i segnali vanno interpretati, soprattutto a pochi giorni all’inizio del vertice dove si dovrebbero stanziare tra i 12 e i 14 miliardi di euro per lo Spazio. I ministri degli Stati membri dell’Esa si incontreranno il 28 novembre per discutere di programmi spaziali futuri e del loro finanziamento, come illustrato pochi giorni fa nel workshop che si è svolto all’Agenzia spaziale italiana (Asi) per fare il punto sulle principali linee programmatiche elaborate dall’Agenzia e che saranno oggetto di discussione, di modifica ed approvazione da parte del Consiglio dei ministri.

La posizione ufficiale del nostro Governo è quella di “garantire all’Italia un ruolo adeguato nei programmi per la piena valorizzazione degli investimenti e del know-how sviluppati negli ultimi decenni e per favorire un migliore posizionamento competitivo del comparto nazionale”. Al di là delle generiche dichiarazioni ufficiali, ciò che sembra essere piuttosto sicuro è che l’Italia, grazie anche al coinvolgimento del Comitato interministeriale per lo Spazio riunitosi lo scorso 14 novembre, dispone oggi di idonee risorse per mantenere il ruolo di terzo contributore all’Esa anche incrementando il proprio budget rispetto al passato. Il punto però non è avere più fondi, ma spenderli in programmi idonei alla strategia politica e industriale del Paese. Il compito di elaborare queste linee strategiche è responsabilità della presidenza del Consiglio dei ministri, secondo quanto definito nella legge 7 del gennaio 2018, e da qui bisogna partire per affrontare le proposte di programma dell’Esa, che deve invece armonizzare le richieste di 22 Stati membri di cui due, Francia e Germania, contano per circa il 50%.

La ministeriale che sta per iniziare è la prima nella quale la nuova governance spaziale italiana dà prova di sé stessa e per chi, come lo scrivente, ha vissuto nel passato diversi vertici dell’ente spaziale, si tratta di una novità non di poco conto, anzi. Nel passato, durante la preparazione delle ministeriali, si tenevano delle riunioni di coordinamento con il governo, ma in pratica erano promosse dal ministero di controllo dell’Asi (il Miur) e sostanzialmente vertevano su una verifica a livello governativo dell’aderenza economico-finanziaria delle proposte di spesa con il quadro generale di finanza pubblica e, in misura inferiore, sugli aspetti strategici globali. La nuova governance oggi in essere è fatta proprio per ottimizzare questa armonizzazione strategica ed economica, inquadrando i due requisiti nel contesto di politica industriale e di sviluppo del Paese. In pratica, la partecipazione italiana ai programmi dell’Esa costituisce oggi uno degli strumenti che concorrono all’attuazione degli obiettivi strategici del Programma spaziale nazionale definiti nel documento “Indirizzi di governo in materia spaziale ed aerospaziale” della presidenza del Consiglio.

In esso però, ancora oggi si ritrovano obiettivi piuttosto diversificati accomunati dall’esigenza generale di mantenere in nostro Paese nel suo ruolo di leadership, o di co-leadership, in praticamente tutte le aree programmatiche dell’Esa: Scienza, Esplorazione, Osservazione della Terra, Lanciatori, Space situation awareness, Telecomunicazioni e Navigazione. “Vasto programma” si potrebbe dire, prendendo a prestito la celebre frase del generale Charles De Gaulle. Come detto sopra, il punto non è solo investire più risorse (cosa certamente importante per potersi sedere ai tavoli negoziali) ma di farlo su linee progettuali strategiche.

Per fare solo un esempio esemplificativo di cosa voglia dire in pratica tutto ciò, consideriamo i due settori dei lanciatori e dell’osservazione della Terra che costituiscono quasi la metà del budget Esa, rispettivamente il 22% e il 24%, e nei quali l’Italia ha forti interessi strategici e industriali. Dal 2014 a oggi, l’Esa ha lanciato sette “Sentinelle” e di queste solo due hanno volato sul Vega, ma l’ente spaziale europeo realizzerà nel prossimo decennio, grazie al supporto finanziario della Commissione europea nell’iniziativa congiunta Copernicus, una serie di missioni di osservazione della Terra di prossima generazione. I nuovi satellite Sentinel garantiranno la continuità operativa attuale e ne miglioreranno le prestazioni con nuovi strumenti e sensori. Al momento, la pianificazione dei loro lanci è ovviamente ancora da stabilirsi, ma in seguito sarà la loro configurazione tecnica, in altre parole massa e dimensioni al lancio, a stabilirne la compatibilità con il Vega C oppure con l’Ariane 6.2.

Dato che già in altre occasioni abbiamo sottolineato come importanti esponenti politici e industriali francesi considerino il lanciatore italiano come un competitor dell’Ariane 6 nella fascia bassa dei payload – per intenderci nell’intorno dei duemila chilogrammi – e visto che la recente dichiarazione congiunta franco-tedesca di Tolosa indica nel solo Ariane 6 il vettore di lancio preferenziale per i satelliti istituzionali europei, appare evidente che l’armonizzazione degli investimenti nazionali dovrebbe puntare a far sì che i fondi per il settore dell’osservazione della Terra contribuiscano, tra l’altro, anche a realizzare payload certi per il nostro lanciatore. In questo modo si attuerà una strategia coerente.

I vertici europei come quello della prossima settimana sono utili a porre le basi per queste strategie e ovviamente scontano le indubbie negoziazioni tra Stati per bilanciare le diverse richieste. In ogni modo, anche una volta terminato il meeting, la governance nazionale sarà chiamata a proseguire il suo ruolo di guida nel solco tracciato, controllando con attenzione che gli sviluppi industriali siano in linea con la strategia nazionale e, soprattutto, con quanto investito dal nostro Paese, cioè in ultima istanza dai contribuenti italiani.

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