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In bilico. Come un equilibrista su una trave l’Italia va incontro alla sua prima manovra giallorossa, senza sapere se, come e quando una ripresa strutturale dell’economia ci sarà. L’alternativa è una stagnazione pressoché secolare. Ancora una volta spetta agli industriali suonare il campanello di allarme. Dopo le prove di intesa andate in scena la scorsa settimana in occasione dell’assemblea di Assolombarda,  è toccato al Centro studi di Confindustria dare la cifra del momento, dinnanzi al ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri e a numerosi economisti. Il senso del rapporto (qui il testo) elaborato dagli esperti coordinati da Andrea Montanino, è tutto compreso in due considerazioni: primo, la manovra 2020 è buona per tenere i conti in ordine, ma non per fare Pil. Secondo, per i prossimi due anni l’Italia procederà a fari spenti, senza sapere se la strada è quella giusta oppure no.

UN PAESE IN BILICO

Il punto di partenza è un Paese in equilibrio precario. “L’economia italiana è in bilico tra ripresa e recessione. Il Paese appare ancora sulla soglia della crescita zero, rischiando di cadere in recessione in caso di eventuali nuovi shock, che soprattutto dal fronte estero sono sempre possibili, come mostra l’elevatissimo grado di incertezza oggi presente sui mercati”. Tra i fattori che hanno frenato l’economia italiana e continueranno presumibilmente a pesare negativamente sulla crescita, spiega Confindustria, c’è un problema di domanda interna. Ovvero, “l’apporto sotto le previsioni ai consumi delle famiglie del reddito di cittadinanza: le domande pervenute sono state molto inferiori alle attese e potrebbero esserci alla fine di quest’anno 200 mila nuclei beneficiari in meno”. Non è finita. “C’è il rallentamento della Germania, più profondo e duraturo di quanto atteso e la fiducia che è su livelli molto ridotti e spinge imprese e famiglie a una gestione più parsimoniosa dei propri bilanci (non ha caso è aumentato il potere d’acquisto, conseguenza del fatto che si spende di meno, ndr)”.

UNA MANOVRA RIGORISTA

L’altro messaggio pervenuto da Viale dell’Astronomia è che la legge di Bilancio in fase di gestazione, non è certo espansiva, anzi è qualcosa di studiato a tavolino per tenere sotto controllo i conti. Gli industriali l’hanno addirittura definita come “la più restrittiva dai tempi del governo Letta (2013, ndr)”. Da mesi Confindustria chiede al governo, prima quello gialloverde, ora il giallorosso, massicci investimenti nelle infrastrutture, al fine di dare lavoro alle imprese e generare posti di lavoro. Niente di tutto questo secondo gli imprenditori.  “La manovra 2020 si profila finora come parzialmente restrittiva per 8 miliardi di euro, pari a 0,5 punti di Pil”. Attenzione però perché come ha precisato lo stesso capo del Csc Montanino, “non si tratta di un giudizio negativo: la precedente legge di bilancio aveva lasciato un’ipoteca forte sui conti pubblici”.

Colpe di chi a parte, la sostanza del discorso però non cambia. Secondo il Csc, “la parte di risorse destinate all’economia reale equivale a circa 5,5 miliardi, pari a 0,3 punti di Pil. Sulla base degli obiettivi di deficit indicati nella Nadef, la manovra sarà espansiva per 0,8 punti di Pil (15,3 miliardi). Ma in realtà – osserva Csc – la parte di manovra che inciderà effettivamente sull’economia reale si otterrebbe escludendo i 23,1 miliardi necessari ad annullare la clausola di salvaguardia. In questo caso il deficit tendenziale sarebbe il 2,7% del Pil e per portarlo all’obiettivo del 2,2% serve una manovra netta restrittiva per 0,5 punti di Pil, circa 8 miliardi di euro”.

csc (2)

I DUBBI SUL DEFICIT

Dubbi sulla capacità espansiva della manovra, dubbi sulla possibilità dell’Italia di perdere il delicato equilibrio sulla manovra e ora dubbi anche sul deficit. La Nota di aggiornamento al Def infatti fissa l’asticella al 2,2% per il 2020. Ma gli industriali sembrano non crederci. E il motivo è presto spiegato. “Nonostante l’economia italiana sia ferma da più di un anno, i conti pubblici non ne stanno risentendo. Nelle previsioni economiche del Centro Studi di Confindustria il deficit Pil quest’anno scenderà all’1,8% mentre, senza aumento dell’Iva e delle accise, nel 2020 salirà al 2,4%“. Bloccare l’Iva, dunque, considerata una stima bassa del Pil (+0,4% per il 2020), farà aumentare il deficit oltre le previsioni del governo. Certamente, l’anno prossimo dovrà portare in dote svolte significative sul costo del lavoro, alias cuneo fiscale.

Il 2020 “può essere un anno di svolta a patto che il dividendo dei tassi d’interesse ai minimi storici venga utilizzato per ricreare il clima di fiducia, rilanciare gli investimenti privati e avviare in modo significativo la riduzione del peso fiscale sui lavoratori”. Per la prossima manovra il Centro studi ha fatto due simulazioni circa la riduzione del cuneo fiscale allo studio del governo: una che estende il bonus 80 euro agli incapienti che costerebbe 2 miliardi e funzionerebbe come incentivo al lavoro da modulare insieme al Reddito di cittadinanza, l’altra che rimodula lo scaglione Irpef dal 27% al 23% e riguarderebbe 23 milioni di lavoratori con un costo di 7,9 miliardi.

LA DIFESA DI GUALTIERI

Il ministro Gualtieri naturalmente ha difeso a spada tratta l’operato del governo, ma senza peccare di presunzione. “Vediamo aspetti positivi in termini di ridistribuzione dei redditi da una limitata rimodulazione Iva, magari a gettito zero, che possono avere funzione ridistribuiva positiva e supportare la transazione del nostro sistema dei pagamenti verso il digitale”, ha spiegato. Secondo Gualtieri, l’Europa non farà obiezioni alla manovra, anche perché le stime del governo sul Pil 2020 (+0,6%, ndr) sono equilibrate e prudenti: Questo ci incoraggia a ritenere che sia sul 2019 che sul 2020 le nostre stime non siano ottimistiche ma ancorate alla realtà fattuale”. Parola di ministro.

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