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Le elezioni austriache sembrano avere avuto un esito chiaro e un solo vincitore: Sebastian Kurz, il leader dei popolari che ha assorbito (e non era logico che così fosse) più della metà dei voti in caduta libera dell’ultradestra della Fpoe (che perde 10 punti in percentuale scendendo al 16 % dei consensi).

Con il 37,2% Kurz si appresta a governare potendo scegliere fra ben tre alleati: la Fpoe, come era già nel precedente governo, che però è caduto proprio sugli scandali del suo leader Heinz-Christian Strache; i socialdemocratici e i Verdi. I quali ultimi sono, insieme a Kurz, i grandi beneficiari di questa tornata anticipata delle elezioni politiche: rientrano in Parlamento ottenendo ben il 14,3% dei suffragi. Non è da sottovalutare poi il fatto che i socialdemocratici, pur essendo la seconda forza politica del paese, continuano la loro discesa libera, perdendo quasi 5 punti e scendendo al 22%.

Questi risultati mandano dei messaggi ben precisi e insegnano molte cose, anche agli italiani. Certamente, la caduta della Fpoe è infatti imputabile agli scandali, ma probabilmente si spiegano anche in parte con la percezione sempre più diffusa di un naturale affievolirsi in tutta Europa della spinta delle forze sovraniste. Le quali hanno intercettato bisogni ed esigenze concrete e vive, e che giocheranno un ruolo fondamentale anche in futuro, ma che si sono dimostrate incapace di tradurle in politiche praticabili e realistiche.

Sarebbe però un errore sia non tener conto di quei bisogni diffusi (preservazione dell’identità culturale, sicurezza, protezione sociale), come sembra fare buona parte della sinistra, dimentica della sua stessa origine popolare; sia, per i “sovranisti”, continuare il loro percorso lungo una strada che li porta all’isolamento e appunto all’inefficacia. Partiti come quello di Kurz, conservatore e cristiano al tempo stesso, sembrano i più attrezzati per cogliere questa sfida del tempo.

Anche in Italia, dove il campo un tempo presidiato da Forza Italia, è sempre più sguarnito (ma il vuoto in politica si riempe). Tanto più che la socialdemocrazia è in bancarotta un po’ ovunque e il suo posto a sinistra viene gradualmente occupato dall’ideologia ambientalista, vera e propria religione secolare delle classi colte (ma nel senso della Mid Cult) e benestanti del nostro tempo. Una ideologia che può temperarsi e evolversi verso fini di ragionevolezza, come fu in senso socialista la parabola seguita dalla socialdemocrazia, o assumere tratti inquietanti e di “purificazione”, che fra l’altro questa parte d’Europa ha già vissuti seppure in un senso estremizzato che oggi è comunque, e per fortuna, altamente improbabile nelle nostre società.

Il fatto che però tendenzialmente i Verdi siano i competitor dei popolari non significa che, con molta probabilità, proprio a loro Kurz si rivolgerà per formare il nuovo governo. Questo significherà stemperare il suo programma elettorale, ma darà un’aria di novità e aderenza alle tendenze più profonde della società al suo esecutivo. Certo, anche le altre due opzioni sono plausibili e possibili, ma non si vede perché Kurz dovrebbe ridare fiato a una destra che gli farebbe concorrenza su terreni attigui o ridar vita a una coalizione fra popolari e socialisti che sa tanto di arroccamento delle classi dirigenti (o almeno dei partiti) tradizionali e di difesa nei confronti dell’avvento del nuovo.

Austria, cosa ci dice la vittoria di Kurz

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