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Sembra Pontida ma è l’isola Tiberina. Matteo Salvini arriva ad Atreju, la storica kermesse di Fratelli d’Italia giunta alla sua ventiduesima edizione, accolto da un bagno di folla. C’è perfino chi, con la maglietta da militante ancora addosso, confessa di aver cercato invano un selfie all’adunata nel bergamasco. Lo scorta Giorgia Meloni, leader e padrona di casa della destra italiana, li segue in disparte Giancarlo Giorgetti. È un ritorno atteso, che affolla centinaia di curiosi nel tendone allestito sulle rive del Tevere. Un anno fa il leghista si era presentato nelle vesti di ministro dell’Interno di un governo considerato ostile dal mondo meloniano. Gli avevano fatto il quarto grado per l’abbraccio con i Cinque Stelle. Tutto perdonato oggi, o quasi. “Lascio sette ministeri ma dignità e onore ne valgono 77” esordisce il fu ministro sul palco intervistato dal direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, e giù un fiume di applausi.

Spara a zero sui grillini, “almeno ho liberato l’Italia da quel genio di Toninelli”. Difende la rottura di agosto, che ora lo vede imbrigliato all’opposizione, spettatore passivo di un governo che non ha intenzione di tornare al voto prima del 2022. “Lei davvero crede ci sia stata una manovra per estrometterla?” lo incalza Fontana. “Si!” lo precede il popolo di Atreju, “che fra Pd e M5S ci fosse un accordo è ormai chiaro anche ai pali della luce” – chiosa Salvini – “questi si sono venduti quando hanno votato la von der Leyen”.

Il leader del Carroccio martella gli ex amici per un’ora. Nel mirino c’è soprattutto Giuseppe Conte, accusato di essersi “svenduto alla Merkel”, “ieri era un burattino e ora tutti lo considerano uno statista”. Ce n’è anche per Matteo Renzi e Italia Viva, il suo “nuovo partitino che ora chiede il proporzionale perché è dato al 3%”. Lo incontrerà a duello nel salotto di Bruno Vespa fra tre settimane, “non ho mica paura di lui, ma la vera sfida sarebbero le elezioni”.

La buona accoglienza di pubblico è interrotta solo da qualche momento di imbarazzo. Come quando è costretto a spiegare alla platea che ne sarà del centrodestra. Non che i militanti ci credano più di tanto, “il futuro è la destra” gli urla uno di loro dalle retrovie. Salvini rassicura, la coalizione esiste e farà il pieno alle regionali. Umbria, Calabria, Emilia, Toscana, Marche, Campania, Puglia, Liguria, Veneto, elenca una ad una le prossime tornate elettorali che vedranno gli ex alleati sfidare l’asse Cinque Stelle-Pd. “La nostra squadra già governa bene metà delle regioni italiane ed è alternativa alla sinistra, mi auguro che si mettano insieme ovunque perché sarà più bello batterli”, spiega lui, ma non convince la sala. Anche perché non fa accenno a un accordo per le politiche, che invece Meloni chiede a gran voce, magari alla presenza di un notaio.

Silenzi che fanno rumore, e raccontano di un clima tutt’altro che disteso, dietro le quinte. C’è alta tensione con Fdi per la battaglia più dura in arrivo, quella nella rossa Emilia Romagna dove la candidata leghista Lucia Borgonzoni, sondaggi alla mano, rischia di non riuscire a strappare la regione al dem Stefano Bonaccini, anche con il supporto di tutto il centrodestra. Fra i big della Meloni c’è qualche mal di pancia, “meglio perdere da soli” è la linea di alcuni fra i maggiorenti di partito. Ma Salvini, che ha lanciato Borgonzoni dal Papeete a inizio agosto, non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro.

Sullo sfondo resta il grande gelo con Forza Italia. Silvio Berlusconi è alle prese con le spinte centrifughe che vedono una parte degli azzurri strizzare l’occhio alla nuova creatura di Renzi. La psicosi per una cena organizzata da Mara Carfagna sembra rientrata ma il travaglio è solo all’inizio. Anche perché a metterci il peso da 90 c’è la nuova battaglia annunciata dal Carroccio, quella per un sistema maggioritario da sottoporre a un referendum.

Una causa che piace da sempre a Fdi ma non convince neanche un po’ il Cavaliere e i forzisti, ben consapevoli che una simile legge elettorale condannerebbe all’irrilevanza un partito oggi sondato ben al di sotto del 10%. “Sogno un Paese che va a votare e la sera sa chi governa – ribadisce Salvini da Atreju, prendendo a prestito un vecchio cavallo di battaglia di Renzi, oggi riconvertito al proporzionale. Berlusconi viene canzonato dal leghista per un’ora intera. “Dobbiamo essere atlantisti, europeisti, moderati? Anche Conte è tanto moderato e questo è il risultato”. E davanti a chi vocifera di un accordo con il patron di Mediaset per la presidenza della Repubblica Salvini taglia corto: “non ho sussurrato nulla a nessuno, quelle cose le fa Conte alla Merkel, le poltrone nel 2022 se le sta spartendo il Pd”.

Atreju come Pontida. Ma fra Salvini e centrodestra resta il gelo

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