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“Dovremmo assolutamente impedire una balcanizzazione della Libia, perché così si rischierebbe la retrocessione dell’Eni”. Lo dice a Formiche.net il deputato Andrea Delmastro, capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Esteri, secondo cui al momento c’è un’azione a tenaglia di Ankara e Parigi che danneggia gli interessi italiani nel dossier energetico e accusa Roma di aver aperto frettolosamente alla Via della Seta facendo diventare Trieste il cavallo di Troia per la penetrazione commerciale di Pechino.

Cosa porta in grembo la gaffe diplomatica del governo sulla Libia?

L’ulteriore allontanamento dell’Italia dallo scenario libico con un grave danno per la sicurezza nazionale, internazionale e per l’approvvigionamento energetico. Resistiamo in loco con bandiere a macchia di leopardo di Eni, ma proprio il nostro maggiore player, nonostante la sua proverbiale capacità, temo non possa da solo far fronte ad una situazione molto complessa anche per via di un governo come quello attuale.

La sovrapposizione tra Chigi e Farnesina su questioni delicatissime come la Libia può essere pericolosa? E come evitarla?

Per una questione di competizione interna tra Premier e ministro degli Esteri siamo riusciti ad invitare, evidentemente senza farlo sapere, il generale Haftar ma provocando la reazione di Al Serraj. Il presidente del Consiglio pensava forse di guadagnare un pizzico di visibilità politica in più rispetto a Di Maio. Ma la politica internazionale è cosa decisamente più seria. Ciò che è accaduto ritengo sia gravissimo.

La Turchia sta svolgendo il ruolo che spettava all’Italia?

È diventata il ponte per Serraj, mentre Russia e Francia appoggiano ancora Haftar. Dovremmo impedire una balcanizzazione della Libia, perché non corrisponderebbe all’interesse nazionale italiano. In tale scenario siamo stati guidati da una politica affetta da nanismo, degna dei capponi di manzoniana memoria, senza comprendere come il mondo all’esterno si attendesse dal nostro governo tutt’altra visione strategica.

La Francia, candidandosi a sostituire gli Usa in Medio Oriente, supererà anche l’Italia come influenze ed equilibri in Libia?

Come denunciamo da tempo, le mosse di Haftar sono state ispirate da Parigi. Lo dimostrano i contatti intensissimi sull’asse Cirenaica-Eliseo poco prima dell’offensiva del generale. Per cui da un lato c’è una partita che la Francia, come sempre, gioca contro l’Italia e dall’altro anche contro l’Europa, nonostante Macron si dica campione di europeismo, visto che in questo modo si è frantumata la politica estera comune degli Stati membri sulla Libia. Ci si illude che il problema relativo ad eventuali infiltrazioni del jihadismo islamico tocchi solo l’Italia, mentre il rischio è per tutta l’Europa. Non dimentichiamoci che la Turchia ha liberato i miliziani dell’Isis in Siria e li sta usando come contractors in Libia. Di qui la consapevolezza che l’ambizione francese sia ormai quella di sostituirsi agli Usa nel generale silenzio dell’Italia.

Come invertire la rotta?

L’Italia non è stata in grado di andare a Bruxelles e dettare un’agenda, né di anticipare le mosse che poi Erdogan ha messo in essere. Ciò fa parte di un disegno della Turchia che coinvolge l’intero dossier energetico. Pochi giorni prima di scatenare l’offensiva in Libia, Ankara aveva sloggiato militarmente Eni dalla Zona economica esclusiva di Cipro, avvicinandosi con proprie navi militari e violando la sovranità di uno stato membro. È la ragione per cui abbiamo proposto più volte che l’Europa non consideri più Erdogan un partner della futura Ue, con una serie di benefici economici che dovrebbero essere così interrotti.

5G, Via della Seta e Libia: talune posture italiane rischiano di gettare del fumo sulla tradizione atlantista dell’Italia?

L’Italia non è riuscita a bloccare Macron in Libia né a impedire che Erdogan beneficiasse di alcuni contributi Ue, nonostante il Presidente turco avesse invitato i suoi cittadini a fare cinque figli a famiglia per turchizzare l’Europa. Vorrei sottolineare che l’unico scenario possibile per l’Italia è quello euroatlantico rispetto al pericolo cinese, mentre il massimo che siamo riusciti a fare è aprire frettolosamente alla Via della Seta facendo diventare Trieste il cavallo di Troia per la penetrazione commerciale di Pechino, con la minima contropartita di ottenere uno zero virgola in più di esportazioni.

Il nostro maggiore player, l’Eni, ha interessi strategici tanto in Libia quanto nel Mediterraneo orientale, nei super-pozzi Zohr e Noor, e a Cipro. Come tutelarli al meglio?

Dovremmo impedire una balcanizzazione della Libia, perché così si rischierebbe in soli sei mesi la “retrocessione” dell’Eni. Sul versante di Cipro credo che un Paese serio avrebbe chiesto immediatamente all’Europa di poter inviare propri mezzi per difendere gli interessi nazionali. In quel caso avremmo avuto dei vantaggi anche sul fronte libico.

twitter@FDepalo

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