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Il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, ha inaugurato il nuovo anno scolastico non proprio “educatamente” : questa decisione di diramare una circolare che promuove la partecipazione degli studenti in orario scolastico alla manifestazione in programma per la salvaguardia dell’ambiente non è proprio una idea illuminata. Ed è poi di oggi la notizia che a Ustica la scuola è rimasta chiusa perché il ministero non ha fatto le graduatorie sia per le insegnanti che per il personale amministrativo, quindi i bambini fuori dai cancelli e diritto all’istruzione negato! Rivolgiamo dunque al Ministro qualche riflessione e proposta.

Qualche numero come Adi ( associazione nazionale docenti e dirigenti scolastici) è bene rammentarlo: il 29% di Neet, giovani fra i 20 e i 34 anni inattivi che non studiano e non lavorano, il doppio della media europea. Un abbandono “indecente” nella scuola secondaria di 2° grado, 3 milioni e mezzo di studenti negli ultimi vent’anni su 11 milioni di iscritti, un gap che si allarga spaventosamente tra formazione e mercato del lavoro, un bassissimo livello complessivo di scolarizzazione. Ancora il 39% della popolazione tra i 25 e i 64 anni possiede la sola licenza media,il 30% di “analfabeti funzionali”, il doppio rispetto alla media europea mentre il 35% degli alunni di 3^ media non comprende un testo in italiano (in Calabria il 50%) secondo i dati Invalsi.

La programmazione è estranea alla scuola italiana, non si riesce mai ad iniziare l’anno scolastico regolarmente e con il calo della natività fra 10 anni alunni e studenti saranno un milione e 300 mila in meno e il 40% degli attuali insegnanti lascerà la scuola. Questo impone una visione dello sviluppo dell’istruzione nei vari gradi scolastici dal nido all’università e all’istruzione terziaria non universitaria e del corrispondente fabbisogno di personale. La macchina arrugginita del ministero e della politica deve assumere decisioni importanti: bisogna spostare il reclutamento a livello locale perché i mega-concorsi nazionali sono ingestibili, al punto che il numero delle immissioni in ruolo per sanatoria è di gran lunga superiore a quello per concorso ordinario. I concorsi vanno gestiti a livello di ambiti o reti di scuole, secondo una programmazione certa e verificabile. Ed è fondamentale differenziare la carriera docente a partire dalla figura del vicario. Bene dunque l’idea del ministro di eliminare il bonus per merito, ma si superi l’unicità della figura docente, si avvii una carriera concorsuale che individui figure di leadership intermedia a cominciare dal vicario. E, ancora, riattivare immediatamente i percorsi di formazione iniziale dei docenti della scuola secondaria perché l’assenza di formazione professionale degli insegnanti della scuola secondaria, è un balzo indietro intollerabile.

L’istruzione professionale e la formazione professionale vanno ricomposte eliminando l’attuale istruzione professionale statale che è stata omologata all’istruzione tecnica, bisogna trasformare una parte degli Istituti Professionali in Istituti Tecnici, ed è fondamentale riconvertire una parte consistente degli Istituti professionali per impartire le qualifiche e i diplomi dell’istruzione e formazione professionale. Ciò diventa particolarmente importante al Sud, dove la formazione professionale è quasi inesistente. L’Italia è uno dei paesi in cui l’istruzione terziaria non universitaria è meno diffusa: è invece un settore importantissimo che favorisce ampiamente l’occupazione e che va quindi rilanciato e sviluppato. Il problema della denatalità si affronta anche ampliando i nidi e la loro gratuità misurando i tempi, i costi e i modi della sua attuazione. Se si vuole essere realistici e procedere tempestivamente, la priorità è quella di garantire l’accesso innanzitutto ai bambini di 2 anni e lo si può fare rendendo le così dette sezioni primavera parti integranti della scuola dell’infanzia laddove non ci sono nidi, e come la scuola dell’infanzia, dovranno essere gratuite.

In fase di calo demografico questa operazione può essere molto più facilmente gestita ed efficacemente attuata aiutando così le famiglie e soprattutto le madri a tornare al lavoro. Siamo poi convinti come Adi da sempre della decentralizzazione della gestione dell’istruzione, che significa dare attuazione al Titolo V della Costituzione. Riteniamo anche che se opportunamente gestita l’autonomia regionale differenziata, costituzionalmente prevista, possa rappresentare un passo avanti. In questo senso sarebbe un errore bloccare la richiesta delle tre Regioni che l’hanno avanzata. Parimenti riteniamo che occorra avere il coraggio di dare agli Istituti che lo richiedano una sostanziale autonomia, agli Istituti Scolastici ad Autonomia Speciale, Isas. Qualsiasi processo autonomistico, ma non solo, richiede un puntuale monitoraggio e una precisa valutazione dei risultati. Solo con i dati si può impostare una coerente politica scolastica di miglioramento e perseguimento dell’equità. Senza dati si barcolla nel buio, si procede alla cieca sulla base di “opinioni soggettive”. Per questo è utile rivalutare politicamente ed economicamente l’Invalsi, la cui funzione è stata svilita.

La scuola avamposto della civiltà va aiutata: mai più come a Ustica

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