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Il governo giallorosso non è ancora nato ma c’è già chi teme Britannia due. La riedizione di quella crociera nel panfilo della Corona inglese dove manager e banchieri discussero (secondo alcuni decisero) le privatizzazioni dell’Italia post tangentopoli. Il governo nascente starebbe già pensando di cedere partecipazioni nelle società più competitive.
Tutto nasce da un tweet di Barbara Saltamartini, presidente leghista della commissione Attività produttive della Camera. “Dietro inciucio #m5spd agghiacciante verità: con le elezioni il popolo sceglierebbe #Salvini e loro sarebbero ridotti a comparse. Così invece si garantiscono la poltrona e un governo fedele all’élite francogermanica a cui svendere l’Italia”.

La notizia vera e propria emerge dalla riposta di Massimo Garavaglia, viceministro uscente all’Economia: “Occhio ai 18 miliardi di privatizzazioni: Eni, Leonardo, etc. Per un posto in cda questi svendono tutto”.

Il riferimento è ai 18 miliardi di privatizzazioni promesse dall’Italia all’Europa per il 2019. Impegno preso dal governo giallo verde. Per l’esponente leghista, insomma, potrebbero diventare la copertura per cedere asset di valore.

Segue una risposta a Garavaglia del deputato M5s Stefano Buffagni. “Tu sei il Vice Ministro Economia che ha scritto ed approvato quello però”. E una controreplica del viceministro Lombardo: “La cifra, che abbiamo votato tutti, non la composizione. Ovviamente mi riferisco al rischio svendita partecipate: dati i soggetti con cui vi alleate è un film già visto”.

L’obiettivo delle privatizzazioni era stato praticamente archiviato dal governo dopo gli accordi di Tria con Bruxelles che hanno come fondamento il rispetto dell’obiettivo di medio termine, quindi la riduzione del deficit strutturale, non le privatizzazioni per abbattere il debito. Anche prima dell’accordo si dava comunque per scontato non sarebbero state privatizzazioni ma cessioni alla Cassa depositi e prestiti, che per la contabilità europea non rientra nel bilancio della Pubblica amministrazione. Nel conto c’erano varie partecipazioni, ad esempio il 23,6% di Enel (13 miliardi), il 4,3% di Eni (2,47 miliardi), il 30% di Leonardo (1,8 miliardi) e il 29,2% di Poste (3,3 miliardi).

Tutte insieme sarebbero appena sufficienti a coprire l’obiettivo di un anno. L’operazione Cdp era stata pensata anche per gli immobili, per non scendere il patrimonio pubblico in una fase sfavorevole del mercato. “Vedo il rischio che si svendano fiori all’occhiello del Paese. Sulla difesa in Europa circola l’idea che la Francia la faccia da padrone. Non vorrei si favorissero altri, come è successo con l’operazione trivelle che ha dato un vantaggio al la Total”, a scapito di Eni, commenta con Formiche.net Garavaglia.

Per ora il M5S assicura di no (lo stesso Buffagni via Twitter dice che “non si svende il patrimonio pubblico”). Quello che è certo è che il tema è entrato nell’agenda del dibattito sulle mosse del governo Conte due. Ancora prima che l’esecutivo sia nato.

Eni, Leonardo & co. Britannia 2 in vista? I tweet di Garavaglia (con Buffagni)

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