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Il consolidamento nel settore dell’auto è in pieno divenire. E le mancate nozze fra Fca e Renault hanno fatto emergere due diverse filosofie dei governi nazionali. Da un lato, infatti, è ricomparsa la dottrina del patriottismo economico francese a difesa dell’industria nazionale e dei posti di lavoro. Dall’altro, il governo italiano si è invece espresso a favore del mercato. Per dirla con le parole del sottosegretario M5S al Mise, Andrea Cioffi, “la domanda è: abbiamo bisogno di più mercato o di più intervento dello Stato? È una vecchia discussione che non trova mai una soluzione”. Ma che torna d’attualità ogni qual volta ci sono operazioni di aggregazioni transnazionali.

Per il leader M5S, Luigi Di Maio, “l’interventismo di Stato ha provocato il fallimento dell’operazione Renault”. Inoltre, come il vicepremier ha spiegato in un’intervista a Radio24, “la Francia non ha fatto bella figura. Noi anche se in contatto con Fca, abbiamo rispettato un’operazione di mercato”. Per il governo di Èdouard Philippe, invece, lo Stato è socio di Renault e ha quindi tutto il diritto di dire la sua soprattutto quando ci sono in ballo interessi pubblici superiori come il futuro della filiera automotive e la creazione di posti di lavoro nel Paese.

IL REPORT DI MEDIOBANCA

Per ora di certo c’è solo il fatto che l’approccio francese ha fatto aumentare in patria le quotazioni del governo transalpino. Anche a dispetto del fatto che Parigi sia entrata a gamba tesa su una questione relativa a due società quotate che hanno bisogno di alleanze per assicurarsi un futuro solido. Non a caso, in tempi non sospetti, Mediobanca securities aveva espresso un giudizio positivo sulle possibili nozze fra Fca e Renault. Ma, in un report datato 27 maggio 2019, Piazzetta Cuccia aveva anche anticipato le difficoltà di “gestione” di un’azionista ingombrante come lo Stato francese. “Fca e Renault hanno una forte sovrapposizione in termini di capacità di produzione in Europa (Renault ha 20 impianti nel Vecchio continente, di cui 14 in Francia contro Fca 40 fabbriche in Europa di cui 27 in Italia – si legge nel report di Mediobanca – La riduzione dei costi potrebbe causare alcune chiusure di impianti che potrebbero essere difficili archiviare. Inoltre il governo francese ha il 15% di Renault e potrebbe opporsi ad un potenziale merger. Per non parlare del fatto che, dopo un eventuale deal, Parigi potrebbe diventare socio rilevante in un gruppo che include la terza casa automobilistica americana. In uno scenario di guerra commerciale, non è certo che gli Stati Uniti diano il via libera a questa intesa”.

COSA PENSANO GLI ANALISTI

Non a caso quindi la proposta di matrimonio è stata respinta dallo Stato francese. Al momento Parigi non esclude infatti di poter riaprire la trattativa nonostante Fca sia meno possibilista sul tema. Sullo sfondo resta il problema che il Lingotto, al pari di Renault, ha bisogno di un partner internazionale. E, secondo gli analisti, non sarà facile trovare un alleato. “Non crediamo che Fca possa essere coinvolta in una nuova operazione, almeno nel breve termine – sottolinea una nota odierna di Mediobanca Securities – GM ha già dichiarato di non avere interesse, Psa Peugeot ha il governo francese come principale azionista e questo rappresenta un potenziale ostacolo, mentre le opzioni Hyundai o di gruppi cinesi non sono fattibili probabilmente considerando la guerra commerciale in corso”. Con il risultato che la partita per il consolidamento internazionale si prospetta nettamente in salita. In questo scenario viene facile immaginare che vincerà chi avrà una carta in più da giocare. Magari anche mettendo sul piatto investimenti pubblici in infrastrutture per smart-car ed auto pulite.

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