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Episodi apparentemente distinti come le interferenze russe registrate dagli Usa nelle presidenziali del 2016, le connessioni con Mosca dei promotori della Brexit nel Regno Unito, i fondi di una banca ceco-russa al Front (oggi Rassemblement) National di Marine Le Pen raccontati da Mediapart fino ai legami tra la Federazione e la Lega di Matteo Salvini – dei quali si è tornato a discutere dopo l’audio pubblicato da BuzzFeed (e la precedente inchiesta dell’Espresso) – sarebbero parte di un unico “pattern”, ovvero di uno schema.

L’ANALISI DI ANNE APPLEBAUM

A credere nell’esistenza di questo filo rosso – che, qualora provato, dimostrerebbe l’esistenza (finora sempre negata con forza dal Cremlino) di un disegno geopolitico ben preciso teso all’indebolimento delle fondamenta del progetto di unione del Vecchio continente attraverso il sostegno dato a partiti euroscettici – è Anne Applebaum.
Saggista, editorialista di peso del Washington Post e docente alla Lse, già premio Pulitzer, la giornalista e storica americana ha scritto ampiamente su temi come marxismo, leninismo e lo sviluppo della società civile nell’Europa centrale e orientale (una regione del pianeta che conosce bene anche per motivi familiari, perché coniugata con l’ex ministro della Difesa e degli Esteri della Polonia Radoslaw Sikorski).

IL TWEET (E IL COLLEGAMENTO)

Con un tweet, pubblicato in queste ore, l’editorialista del WaPo ha rilanciato una sua analisi di qualche mese fa sulle mosse dei sostenitori del “Leave” al referendum britannico per uscire dall’Ue, legandolo al caso che in queste ore chiama in causa la Lega. “Alla luce delle nuove rivelazioni sulle connessioni russe di Salvini”, ha “cinguettato” Anne Applebaum, “ecco il mio articolo di alcuni mesi fa su alcune delle connessioni russe del Brexiteer. Solo un promemoria, questo è uno schema”.

Un’ipotesi, la sua, che fa senz’altro discutere, ma che è da tempo al centro del dibattito e nelle convinzioni di molte agenzie di intelligence che credono che Mosca abbia come obiettivi quelli di ridurre la fiducia dei cittadini occidentali nei sistemi democratici (e nel liberismo, che il presidente russo Vladimir Putin, parlando col Financial Times, ha definito superato) e utilizzare i partiti euroscettici come strumenti (non si sa bene se consapevoli o meno di esserlo) per alimentare le già esistenti divisioni tra Paesi europei.

IL COMMENTO DEGLI ESPERTI

Su quest’ultimo punto in particolare sembrano esserci pochi dubbi tra gli esperti di geopolitica. “Che Mosca provi a influenzare la politica europea”, ha detto a Formiche.net lo storico ed economista Giulio Sapelli (che ha tuttavia invitato alla cautela sulla questione dei presunti fondi alla Lega) “è fuor di dubbio. Prova a farlo con tutto l’armamentario a sua disposizione, che va dagli strumenti diplomatici classici a finanziamenti economici, sostegno di vario tipo, fino a un utilizzo degli strumenti informatici. D’altronde è la storia che ce lo dice. Prima l’Unione sovietica di ieri e poi la Russia di oggi hanno sempre avuto, nella loro politica estera, due obiettivi fondamentali: diventare un Paese eurasiatico e indebolire l’Europa. Il dubbio, semmai, è come intende farlo: da sempre ci sono due correnti di pensiero che vedono da un lato la possibilità che Mosca si allei con la Germania, dall’altro che porti avanti questo progetto in modo solitario”.

La strategia di Mosca, raccontò sempre a questa testata Alina Polyakova, oggi fellow del think tank Brookings Institution e in precedenza direttore della ricerca presso l’Atlantic Council, poggerebbe sul tentativo di “influenzare la politica europea attraverso reti proxy”, ovvero sostenendo tutte le forze politiche europee che mostrano un atteggiamento favorevole nei suoi confronti.

“Questo tipo di operazione di influenza, vale a dire l’acquisto di persone”, evidenziò, è molto più costoso rispetto all’installazione di bot su Twitter”. Mosca, proseguì l’esperta, non sembrerebbe tuttavia assumersi in Occidente l’onere di dare vita a movimenti che ne sostengano le posizioni, ma si limiterebbe ad appoggiare quelli già esistenti. Ad esempio, la rivolta dei Gilet Gialli dei mesi scorsi, sottolineò la Polyakova, “fa capo ad un movimento organico con specifici obiettivi”. Ma Mosca “vede l’opportunità nel caos”, e quindi cerca di amplificarne la risonanza mediatica” con ogni strumento a sua disposizione.

Quel filo rosso che lega le interferenze di Mosca. L'analisi di Anne Applebaum

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