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L’11 Settembre 2001, giorno dell’attentato che diciotto anni fa ha dato il via alla guerra americana al terrorismo di matrice jihadista, ha lasciato un segno indelebile nella politica estera statunitense che nel frattempo ha cambiato focus, mentre l’opinione pubblica sembra oggi voler voltare pagina.
A crederlo è lo storico e saggista John Harper, professore ordinario di Politica estera americana al SAIS Bologna Center della Johns Hopkins University, che analizza l’anniversario dell’evento in questa conversazione con Formiche.net.

Professor Harper, oggi sono passati diciotto anni dall’11 Settembre del 2001. Che cosa resta di quell’evento?

Molto o poco, a seconda dei punti di vista. Sicuramente ha lasciato un segno indelebile nella politica estera americana, che dopo una fase di pesante interventismo in Medio Oriente – soprattutto in Iraq e Afghanistan – sta oggi facendo passi indietro in quei teatri, concentrandosi molto di più sulla Cina. Parallelamente, mi ha molto colpito vedere che sui media americani e nel dibattito pubblico si sia parlato pochissimo di 11 Settembre. Probabilmente è il segno che, nella società statunitense, la memoria di quanto è accaduto e del suo significato sta a poco a poco scomparendo.

Crede che la pagina possa considerarsi voltata?

Sicuramente il Medio Oriente non è al centro dell’attenzione americana al momento, né a livello di opinione pubblica né delle élite. Il presidente Donald Trump sta proseguendo la politica obamiana di ridurre l’impegno nella regione. Ed è stata a mio avviso proprio questa una delle divergenze che ha portato al licenziamento del consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, che aveva un’idea molto più interventista, anche nei confronti dell’Iran. L’attuale inquilino della Casa Bianca cerca successi diplomatici e accordi, non conflitti in vista delle prossime elezioni presidenziali.

Come valuta ciò?

Il tempo passa e la gente ha altre preoccupazioni. O forse vuole solo dimenticare. La guerra senza fine al terrorismo iniziata dopo l’11 settembre – che ha lasciato in eredità un maggiore controllo federale ormai accettato come normale dai cittadini – ha spinto la popolazione americana a voler voltare pagina. La paura del terrorismo islamico ha condizionato il dibattito politico negli Usa per oltre 10 anni, quindi, da un lato, penso che sia un segno positivo che queste preoccupazioni finalmente vengano meno. Tuttavia, dall’altro, credo che ci sia ancora bisogno di parlarne e di rimanere vigili, perché il problema non è stato risolto, ma ha solo cambiato forma.

Che forma ha assunto oggi il terrorismo?

Lo Stato islamico è stato sconfitto sul terreno, ma l’ideologia che propaganda – così come quella di al-Qaeda e di altri gruppi terroristici – può ancora nuocere negli Usa così come altrove. Ma se guardiamo al dibattito americano, oggi, dopo gli ultimi episodi di violenza, l’attenzione è concentrata soprattutto sul terrorismo interno di estrema destra, reso più pericolo da un atteggiamento politico talvolta eccessivamento ambiguo nei confronti dei movimenti dell’Alt-right.

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