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In circa due ore passate a Palazzo San Macuto, i vertici italiani di Huawei sono stati ascoltati oggi dal Copasir, nell’ambito dell’ampia indagine conoscitiva condotta dal comitato sul tema della cyber security. Nell’occasione, come aveva anticipato Formiche.net, sono stati diversi i temi affrontati, compreso quello delle reti 5G, un dossier che nel tempo ha dato vita a diversi ‘warning’ dell’alleato statunitense, impegnato in uno scontro tech con Pechino dai contorni ormai globali.

L’AUDIZIONE

Davanti ai legislatori che compongono la commissione parlamentare di vigilanza sull’intelligence presieduta da Lorenzo Guerini, i rappresentanti dell’azienda – tra i quali il presidente del colosso di Shenzhen in Italia, Luigi De Vecchis – hanno approfondito alcuni aspetti legati alle attività della telco nella Penisola: in primo luogo quelli relativi alla sua presenza già consolidata, come i dati del fatturato e del personale impiegato, ma anche i futuri investimenti in programma. Fino ad arrivare al ruolo della società nelle reti in esercizio e a una riflessione sugli scenari di sviluppo di una tecnologia strategica e di grande impatto come il 5G. Dalla compagnia cinese sono giunte rassicurazioni che nessun rischio di spionaggio o lesione della privacy arriverebbe dal coinvolgerla nell’implementazione della tecnologia 5G, perché – a detta dei responsabili dell’azienda sentiti dal Copasir – il governo di Pechino non potrebbe avere accesso ai dati che Huawei gestisce in altri Paesi. E che, ad ogni modo, preso atto della decisione dell’esecutivo italiano di estendere il Golden Power alle nuove reti – l’azienda si adeguerà.

GLI ASPETTI APPROFONDITI

Il 5G, assieme agli altri argomenti sopramenzionati, è stato oggetto dei quesiti dei componenti del comitato, che hanno chiesto maggiori informazioni su aspetti legati alla sicurezza di reti e device, soprattutto in termini di proiezione.

IL DOCUMENTO DEL COPASIR

Lo scopo dell’audizione infatti, è stato – fuor da ogni pregiudizio, è stato detto già alla vigilia – soprattutto quello di raccogliere ulteriori elementi utili a proseguire l’indagine conoscitiva sulla cyber security del Paese che il comitato ha avviato da tempo, ascoltando prima le istituzioni competenti, ministeri e agenzie. Ora è il turno delle telco. Prima di Huawei era stata sentita Vodafone, ed entro la fine di giugno sarà il turno di Wind-Tre e Tim. Poi si passerà a alcune imprese del settore, per chiudere con un esponente dell’intelligence. Questo lavoro porterà alla redazione di un documento da consegnare al parlamento, la cui uscita è prevista o nel mese di agosto, prima della pausa estiva, o al più tardi alla ripresa delle attività parlamentari, all’inizio di settembre.

IL TEMA 5G

Nel frattempo il tema del 5G, e  in generale, della presenza delle aziende cinesi del settore nella Penisola – un argomento, ha raccontato Formiche.net, da anni all’attenzione dei servizi segreti e dello stesso Copasir – continua a tenere banco. Dei rischi connessi alla pervasività dell’elemento tecnologico ha parlato più recentemente anche l’ultima relazione del Dis al Parlamento, presentata a fine febbraio dai vertici del dipartimento alla presenza dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte (che ha tenuto per sé la delega all’intelligence). Tutti suggerimenti che, nel tempo, non sembrano però aver trovato ascolto dagli esecutivi che si sono succeduti (l’inquilino di Palazzo Chigi, il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, titolare del dossier, e rappresentanti delle agenzie sono stati nei mesi passati a Palazzo San Macuto proprio per essere ascoltati sul 5G, in audizioni slegate dall’indagine conoscitiva in corso).

UNA QUESTIONE INTERNAZIONALE

Le implicazioni di sicurezza legate al 5G e al ruolo di Pechino nello sviluppo delle nuove reti mobili ultraveloci sono in cima ai pensieri di Washington, che ne sta ancora discutendo con l’Italia e con tutti i partner europei e Nato, cercando di sensibilizzarli (mentre oltreoceano la Casa Bianca ha già assunto provvedimenti specifici, inserendo Huawei in una ‘black list’ del Dipartimento del Commercio). Secondo produttore di smartphone al mondo dietro alla sudcoreana Samsung, e davanti all’americana Apple, Huawei è da tempo una osservata speciale da parte dell’amministrazione Usa, che teme l’espansionismo cinese condotto attraverso le nuove tecnologie, in particolare le nuove reti mobili ultraveloci di nuova generazione, oggetto di una vasta campagna di sensibilizzazione diplomatica da parte del Dipartimento di Stato.

LA POSIZIONE DELL’ITALIA

Riguardo il 5G (sul quale ha recentemente accesso i riflettori anche il Garante Privacy), a differenza di quanto accaduto in altri Paesi, Roma ha finora deciso di non escludere a priori le aziende della Repubblica popolare cinese. Mesi fa, attraverso una nota del Mise, è stata smentita l’intenzione di precludere alle aziende cinesi lo sviluppo della nuova tecnologia in Italia. Il governo ha poi proceduto all’istituzione di un nuovo Centro di valutazione e certificazione nazionale (Cvcn) – ancora non operativo – presso l’Iscti del Mise, e all’estensione del Golden power, la normativa sulle prerogative ‘speciali’ che lo Stato può usare a difesa degli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica in ambiti come l’energia, i trasporti e le comunicazioni – allargata alla stipula di contratti o accordi aventi ad oggetto l’acquisto di beni o servizi relativi alla progettazione, alla realizzazione, alla manutenzione e alla gestione delle reti inerenti i servizi” delle reti 5G, quando posti in essere con soggetti esterni all’Unione europea. Mitigare i rischi, però, allertano gli Usa, potrebbe essere difficile.

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