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Al rientro dalle vacanze di Natale, noi alunni della V B del Visconti abbiamo rinunciato all’utilizzo degli smartphone per un’intera settimana e abbiamo sperimentato dal lunedì al sabato il “vivere disconnessi”, seguendo le modalità dell’esperimento sociale suggerito dalla nostra professoressa di italiano.

Il progetto aveva l’obiettivo di fare capire ai giovani studenti il peso che il telefono esercita sulla società e nella loro vita quotidiana, e di suscitare la  consapevolezza del valore del tempo e di cosa significhi vivere iperconnessi.

Quindi abbiamo lasciato i tanto amati cellulari in una cassaforte a scuola e ci siamo totalmente immersi in un tempo passato, ovvero nel meraviglioso decennio degli anni ’80, quello di Madonna, dei Queen ma, soprattutto, dei nostri genitori e professori. Per documentarci, abbiamo svolto ricerche su innovazioni, musica, politica, moda e cinema di quegli anni e le abbiamo presentate in classe usando rigorosamente dei cartelloni, niente tecnologia anche in questo caso!

In un primo momento le nostre reazioni a questa proposta, che è apparsa subito come una sfida, sono state diverse: alcuni erano entusiasti, altri si sono mostrati inizialmente contrari, come Leonardo, che riteneva fosse un esperimento “inutile”.

Ad esperienza conclusa, però, ognuno di noi ha scritto un tema in cui ha potuto analizzarne i risultati ed esprimere le proprie valutazioni. Così sono emerse molte cose interessanti. Lo stesso Leonardo ad esempio ha scritto: “Riguardo lo stare senza cellulare all’inizio ero contrario, non avrei mai voluto essere separato dall’oggetto con il quale trascorro più tempo al giorno. Ma poi, lontano dal telefono, ho fatto qualcosa che non avevo mai fatto prima su questo argomento: riflettere”.

Le riflessioni sono state sempre più acute, abbracciando le diverse tematiche che l’esperimento aveva fatto vivere. E così Mariangela, riflettendo sulla dimensione dell’attesa, scrive: “Ho scoperto che ormai non siamo più abituati all’attesa. Quando ci serve sapere qualcosa abbiamo a portata di mano il telefono, che ci toglie subito ogni dubbio”.

Giulia ha addirittura riscoperto l’otium: “Ho ritrovato tempo per me stessa, dice, tempo per leggere, tempo per poter guardare un film o anche tempo per non fare nulla”.

Lavinia invece ha riscoperto il piacere del dialogo con i genitori e dice: “A tavola, non avendo nessuna fretta di alzarmi per controllare i messaggi, ho passato molto più tempo a parlare con mamma e papà trattando anche argomenti apparentemente banali o scontati”.

Anche lo studio ha beneficiato di questa “limitazione”. Racconta Carlo: “Durante i miei pomeriggi non avevo nessun tipo di distrazione e riuscivo a studiare in modo più efficace del solito. Normalmente quando torno a casa dopo scuola, perdo molto tempo con il cellulare e mi capita di iniziare tardi a studiare. Poi, mentre studio, vengo spesso interrotto da una notifica o dalla chiamata di un mio amico. Perciò,  a volte, non studio bene e non capisco alcune cose. Durante quella settimana, invece, queste distrazioni non c’erano e spesso mi rimaneva anche un po’ di tempo il pomeriggio per incontrare i miei amici”.

C’è stato poi anche chi, come Ruben, pur non essendo a scuola in quel periodo perché all’estero con i genitori, non ha rinunciato a partecipare a quest’esperienza e anche lui in quei giorni il telefono lo ha tenuto spento. Ci racconta: “Devo dire che mi è servito molto non avere il telefono, non solo perché  mi sono goduto di più la vacanza, ma anche perché nei momenti morti, invece di tenermi aggiornato su cosa stesse mangiando uno sconosciuto follower di Instagram, ho riflettuto. E aggiunge  Siamo giovani non abituati a riflettere prima di agire, ma piuttosto portati a compiere azioni intuitive con grande immediatezza. Riceviamo informazioni e ne condividiamo subito delle nuove senza nemmeno fermarci a riflettere”.

Ma cambiare un’abitudine ormai così connaturata in noi non è facile e Silvia confessa che nei primi giorni di esperimento, ricordo di aver controllato insistentemente le tasche della giacca e l’interno della borsa perché fermamente convinta di aver dimenticato qualcosa, forse a casa o in classe. Potrebbe sembrare un’esagerazione, ma è una cosa capitata alla maggior parte di noi ed è un evidente sintomo di quanto siamo, anche fisicamente, attaccati al telefono tanto da considerarlo quasi un arto fantasma.

Alcuni piccoli inconvenienti però ci sono stati. Più di qualcuno infatti ha rischiato di rimanere chiuso fuori casa non potendo prontamente avvertire di un qualunque contrattempo.

Per Mariangela, infatti, uno dei lati peggiori dell’esperienza è stata l’impossibilità di effettuare subito le comunicazioni urgenti, anche perché Roma non è più provvista di cabine telefoniche funzionanti.

A Giulia invece è mancata la possibilità di avere la musica sempre con sé. Ed effettivamente i vecchi Walkman non sono così pratici e soprattutto così facili da reperire ancora funzionanti, per non parlare delle musicassette…

Ci siamo accorti, per la prima volta, di quanto il telefonino possa diventare uno strumento irrinunciabile fino alla dipendenza. Proprio come ci ha detto Papa Francesco, durante l’udienza del 13 Aprile, quando ha affermato che il telefonino è un grande aiuto, uno strumento utile ma che bisogna usarlo senza diventarne schiavi senza perdere la nostra libertà. Il telefono deve servire per comunicare ma la comunicazione non deve diventare semplicemente “contatti”.

In conclusione, la scoperta più interessante, e forse più incredibile, è stata quindi quanto il telefonino ci tolga tempo. Se Angelo si è reso conto che Durante i pomeriggi trascorsi a casa senza telefono, il tempo sembrava passare più lentamente e questo era sicuramente un bene, Ismaele ci suggerisce La società con Internet pretende la nostra attenzione, il nostro ascolto e quindi, soprattutto, il nostro tempo.

Se è vero, infatti, che lo smartphone  da un lato ci facilita la vita e apparentemente ci fa guadagnare tempo, dall’altro ce lo sottrae nelle sue forme più belle, quelle dell’attesa, dell’ozio, della riflessione solitaria e di quella condivisa. Accelera il nostro tempo ma poi non ci restituisce quello che avanza, ci accorcia la giornata senza concederci il piacere di viverla fino in fondo. Avendone preso coscienza, quando siamo “ritornati al futuro”, e abbiamo ripreso possesso dei telefoni ci siamo ripromessi tuttavia di provare ad usarli con intelligenza.

Per tutto questo crediamo che sarebbe una buona idea replicare questo progetto, magari aumentando il periodo di “astinenza” e soprattutto estendendolo a più classi se non all’intero istituto. Un Visconti anni ’80… Che ne pensate?

In fondo ammette Benedetta “nonostante tutto sarebbe ipocrita non accettare che io mi sia divertita anche lontana…’anni’ dal telefono”.

(Adriana Livi, Teodora Giacomoni, Ismaele Calaciura, studenti della VB liceo Visconti di Roma)

politica

Vivere dis-connessi. Una settimana immersi negli anni ‘80

Di Adriana Livi, Teodora Giacomoni, Ismaele Calaciura

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