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C’era una volta la concertazione. Il governo di turno convocava le parti sociali, sindacati in primis, per condividere le scelte di politica economica e sociale. Solo un lontano ricordo nell’era gialloverde, visto che più volte l’esecutivo legastellato è stato accusato di scarsa propensione al coinvolgimento dei vari settori dell’economia nei processi decisionali.

Adesso la concertazione ha cambiato natura spostandosi sull’asse lavoratori-imprese, che mai come oggi stanno convergendo su alcuni temi di fondamentale importanza viste e considerate le sempre più difficili condizioni dell’economia italiana (qui i dati Istat diffusi oggi). E cioè sviluppo, infrastrutture, energia, posti di lavoro: in una parola, Pil. Dentro l’agenda condivisa c’e di tutto, dalle trivelle, alla Tav, alle strade al welfare e i ponti, insomma cantieri. Li vogliono i sindacati tanto quanto le imprese. Data la gravità della situazione sembra essere arrivato il momento di seppellire le antiche divisioni da Prima Repubblica tra capitalisti e proletari. Ora è tempo di cambiare registro. I primi segnali di un mutamento delle relazioni industriali erano arrivati già lo scorso novembre da Torino, con la grande manifestazione trasversale pro-Tav, che aveva abbattuto le insegne per erigerne una sola, quella della lotta alla decrescita.

E domani arriverà un’altra prova di questo strano esperimento sociale, con la mobilitazione (100 pullman e almeno 10mila persone) a Roma, indetta da Cgil, Cisl e Uil al grido #Futuroallavoro.  L’agenda non si scosta di una virgola da quella delle imprese, come spiega a Formiche.net Alessandra Damiani, membro della segreteria nazionale della Fim-Cisl guidata da Marco Bentivogli. Ovvero “chiedere interventi concreti per lavoratori e pensionati, per i giovani, per lo sviluppo, la crescita e i diritti sociali a partire dalla creazione di lavoro di qualità, investimenti pubblici e privati a cominciare dalle infrastrutture”, spiega Damiani. “Il nostro obiettivo è molto semplice: ribaltare l’attuale gestione delle politiche economiche e industriali da parte del governo. Le assicuro che non c’è nulla in questo momento che stia andando nella direzione di un sistema industriale, dell’istruzione o del welfare efficiente. Con questa visione attuale da parte del governo non c’è quello sviluppo che noi domani chiederemo a Roma”.

La sindacalista ai vertici della Cisl non ha problemi ad ammettere la convergenza con le imprese sui temi della crescita. “Questo governo, non so se suo malgrado o no, ha innescato un cambiamento delle relazioni industriali. C’è stata una sorta di concertazione silenziosa che ha avvicinato le esigenze dei lavoratori con quelle delle imprese”. Tra gli anelli di congiunzione c’è anche l’aspra critica verso quel reddito di cittadinanza appena divenuto operativo e che sia le imprese sia i sindacati giudicano solo un palliativo. “La ricchezza, il sostegno si crea con il lavoro il quale a sua volta si crea con lo sviluppo. Inutile pensare di continuare a vivere di sussidi, questa misura non è la vera medicina contro la povertà, la quale è e rimane lo sviluppo”.

E non si salva nemmeno la quota 100. “Di cosa hanno bisogno le imprese oggi? Di competenze e chi pensa che l’andare in pensione in anticipo possa creare opportunità ai giovani commette un errore di valutazione. I giovani oggi vanno formati e non messi in sostituzione di altre persone. Anche per questo noi domani scendiamo in piazza, per dire un secco no al governo e un sì allo sviluppo”. Un’ultima considerazione è di carattere prettamente politico. I sindacati rimangono piuttosto freddi per non dire scettici dinnanzi a chi equipara il Movimento Cinque Stelle ai gilet gialli. “Francamente non mi pare di vedere una qualche sorta di assonanza. Vedo nel Movimento Cinque Stelle una grande propaganda elettorale che però si ferma lì. Tante promesse non mantenute. In Francia c’è qualcosa di diverso. Credo che il M5S abbia bisogno di recuperare il terreno perduto in questi mesi e per questo stia giocando la carta dell’operazione mediatica coi gilet gialli”.

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In piazza per dire no al declino e sì allo sviluppo. Parla Damiani (Fim-Cisl)

C'era una volta la concertazione. Il governo di turno convocava le parti sociali, sindacati in primis, per condividere le scelte di politica economica e sociale. Solo un lontano ricordo nell'era gialloverde, visto che più volte l'esecutivo legastellato è stato accusato di scarsa propensione al coinvolgimento dei vari settori dell'economia nei processi decisionali. Adesso la concertazione ha cambiato natura spostandosi sull'asse lavoratori-imprese,…

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