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Mettiamola in questo modo. Il debito, l’Iva non sono dei mostri a sei teste. E nemmno Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono strane creature venute da Marte. Tutto è, insomma, normale, gestibile. Giuseppe Conte ci ha provato in tutti i modi a dare un quadro rassicurante di sei mesi di governo gialloverde. E forse ci è riuscito. Diciamolo, non sono stati mesi facili. Lo spread a 300, la Borsa sull’ottovolante, lo scontro, durissimo, con l’Europa, i malumori dei Paesi membri. Insomma, ce ne è abbastanza per fermarsi un attimo e tirare il fiato. E per una volta ammettere che sì, la manovra sarà stata anche incompresa dai più, ma alla fine la partita economica si può vincere.

IL DEBITO? NON FA (TROPPA) PAURA

Prima ventata di ottimismo, il debito pubblico. Per l’Italia è come parlare del Diavolo. Eppure, dice Conte, niente panico. Perché “i fondamentali del sistema economico italiano sono solidissimi”. Vero, peraltro. Ma poi? Certo, “abbiamo un debito che a guardarlo così incute un certo timore ma se includiamo altri fattori scacciamo questo timore, è qualcosa con cui conviviamo da anni e non così spaventoso. Molti paesi hanno un debito più contenuto ma non risparmio privato, noi invece per buona parte riusciamo a finanziare questo debito con nostre risorse”.

FISCO DURO MA QUALCUNO DI SALVA

Altro mostro, forse un po’ più umano da oggi. Il Fisco. A una domanda sull’aumento della pressione fiscale appena certificato dall’Upb, Conte ha risposto di non avere “il dato finale, ma se anche avessimo la conferma che oggi la pressione fiscale è passata dal 42% al 42,4%, questo non significa che l’andamento sia riconducibile a un aumento di tasse dei cittadini, ma più probabilmente all’incremento della tassazione per banche e assicurazioni, che viaggia insieme all’introduzione della webtax sui giganti della rete e l’aumento del prelievo sul gioco d’azzardo”. Insomma, le tasse aumentano, ma solo per chi fattura a sei zeri. “Abbiamo alleggerito la pressione fiscale per i cittadini”, rivendica il premier, sottolineando soprattutto lo spirito redistributivo delle misure previste dal ddl di Bilancio.

L’IMPEGNO SULL’IVA

E che dire dell’Iva? Un’aliquota al 26,5% al 2021 spaventerebbe anche il più ottimista degli ottimisti. Forse però tutto questo si potrà evitare. Sempre secondo Conte, s’intende. “Il governo”, ha chiarito il premier in conferenza, “farà di tutto per evitare l’aumento dell’Iva. Ci impegniamo a disattivare gli aumenti dell’Iva . Per il 2020-2021 le clausole di salvaguardia recano numeri importanti, ma non bisogna dimenticare che in pochi mesi abbiamo dovuto reperire 12 miliardi per disinnescare gli aumenti Iva ereditati dal precedente governo”.

UNA MANOVRA ALL’ITALIANA

Respinta poi al mittente anche l’accusa che la manovra sia stata scritta dai burocrati di Bruxelles. Anche qui Conte ha dato una lettura alternativa. “Tutte le volte che mi sono seduto con Bruxelles non ho mai consentito che mettessero in discussione i punti qualificanti della manovra e devo dare atto loro che non hanno mai cercato di valutare nel merito tali punti”. L’interlocuzione “ha riguardato i saldi finali, un problema di sistema ma mai di impostazione delle misure. Questa idea che la manovra sia stata scritta a Bruxelles non è affatto vero, è stata scritta in Italia”.

TRA PENSIONI E MOLIÈRE

Ancora una questione, anzi due. Le pensioni, per le quali il conto non è così salato. La manovra prevede “un taglio progressivo che non tocca le pensioni più basse”, ha spiegato Conte. “Ma ci sono anche pensioni da 500 mila euro l’anno, non lo sapevo…mi sembrano così tanto queste cifre. Invece il contributo sarà quasi impercettibile per le pensioni basse. Neppure l’avaro di Molière forse si accorgerebbe di qualche euro al mese in meno. Ora scendono in campo, ma li ricordo silenti per la legge Fornero. Facciano la loro protesta in strada, ma non c’è un attentato alle pensioni, abbiamo operato con discernimento per una redistribuzione”.

IL DESTINO DELLA TAV

Non poteva mancare, per chiudere il pacchetto economia, la Tav. Il terreno su cui si è consumato (e si sta consumando) uno scontro inedito tra imprese e governo. Il destino della ferrovia Torino-Lione sarà deciso prima delle elezioni europee. “La Torino-Lione è ancora nell’ambito di una procedura istruttoria i cui risultati saranno resi noti entro fine dicembre dalla commissione di tecnici. Successivamente, continua il premier, andremo sul territorio e prima delle europee il governo comunicherà in modo trasparente la decisione”.

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