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Il documento conclusivo della Cop 24 di Katowice conferma quanto era emerso nel 2009 con il fallimento della Cop 15 di Copenaghen e nel 2015 con l’apparente successo della Cop 21 di Parigi: nonostante il grande impegno delle Nazioni Unite, le Conferenze annuali sul Clima non sono in grado di affrontare in modo efficace i nodi critici del rapporto tra aumento della temperatura e politiche energetiche.

I numeri sono molto chiari e “crudi”: sulla base delle valutazioni del Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (Ipcc), già nel 2009 la Cop 15 di Copenaghen aveva assolutamente chiaro che il trend globale dei consumi combustibili fossili avrebbe determinato una crescita progressiva delle emissioni di CO2 con il conseguente aumento della temperatura media ben oltre il “limite di sicurezza” di 2°. Ma nessuna decisione era stata presa per invertire il trend di crescita dei consumi di combustibili fossili nell’economia globale.

Nel 2015, la Cop 21 di Parigi aveva assunto come riferimento le valutazioni di Ipcc, ed aveva raggiunto un accordo quadro sull’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°, attraverso programmi nazionali volontari di riduzioni delle emissioni di CO2. Ma, come a Copenaghen, non era stato individuato il quadro di riferimento delle misure industriali ed economiche da adottare per ridurre progressivamente i consumi dei combustibili fossili: per attuare l’accordo di Parigi, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, il primo step “intermedio” dovrebbe consentire entro il 2040 la riduzione del peso dei combustibili fossili nell’economia mondiale dall’85% al 50%. L’accordo di Parigi non offre alcuna indicazione in merito.

Il “Libro delle Regole” approvato dalla Cop 24 di Katowice, 4 anni dopo Parigi, individua le linee guida per la riduzione del consumo dei combustibili fossili ma rinvia di fatto le decisioni in merito alle misure che dovrebbero essere adottate. Il documento, pur raccogliendo molte dei suggerimenti in merito alle politiche e iniziative possibili, non risolve il nodo ben rappresentato dalla continua crescita dei consumi dei combustibili fossili e delle emissioni di CO2 sostenuta dagli investimenti a lungo termine per l’estrazione di carbone, olio e gas, che inevitabilmente trascinano l’aumento delle emissioni di CO2 e di conseguenza della temperatura. In sostanza la Cop 24 individua i problemi ma non le soluzioni. Chi crede che il cambiamento climatico sia il risultato di una trama politica, dopo la Cop 24 può trarre un sospiro di sollievo.

Eppure, le valutazioni e le previsioni di Ipcc mettono in evidenza che senza una riduzione urgente e drastica dei consumi dei combustibili fossili la temperatura media del pianeta è destinata a crescere almeno di 3,5 C°, con l’intensificazione degli eventi climatici estremi e costi tali da mettere in crisi la sostenibilità di molte economie a partire da quelle dei paesi più poveri ma senza “sconti” per le economie più sviluppate come abbiamo avuto modo di verificare nell’ultimo decennio.

I dati dell’ultimo rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, World Energy Outlook 2018, nonostante le promettenti indicazioni sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, mettono in evidenza che il trend prevalente è quello di un’economia ancora fortemente dipendente dai combustibili fossili.
Se sono condivise le valutazioni e le previsioni di Ipcc, la comunità internazionale deve assumersi la responsabilità di scelte strategiche globali e decisioni per indirizzare nel breve periodo (2040) le politiche energetiche verso un’economia a basso contenuto di carbonio, ovvero sostenuta dalle fonti rinnovabili e da tecnologie ad alta efficienza.

Queste scelte richiedono tre condizioni: La consapevolezza, condivisa, dei rischi crescenti del cambiamento climatico e della urgenza di misure per la riduzione delle emissioni. La disponibilità a condividere limiti progressivi all’impiego dei combustibili fossili attraverso misure fiscali globali efficaci in tutte le economie (carbon tax), e impegni vincolanti per la riduzione graduale dell’uso dei combustibili a maggiore contenuto di carbonio (carbone e olio) secondo uno schema analogo a quello adottato dal Protocollo di Montreal per l’eliminazione dei clorofluoro carburi. E infine la disponibilità alla cooperazione tecnologica e industriale internazionale per lo sviluppo delle tecnologie e delle soluzioni efficaci nel breve e medio periodo.

Per esempio, il progetto cinese per la realizzazione dell’interconnessione globale delle reti elettriche allo scopo di valorizzare la potenzialità delle fonti rinnovabili nelle diverse regioni del pianeta potrebbe essere una base concreta di cooperazione.

Forse è ora che queste scelte vengano discusse al più alto livello, in sedi in grado di assumere decisioni impegnative capaci di risolvere la schizofrenia tra le politiche per la protezione del clima e quelle per la produzione e il consumo di energia. L’Unione Europea, dopo i risultati della Cop 24, potrebbe assumere un’iniziativa in questa direzione.

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