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Fino a pochi anni fa, qualunque dibattito sulla contrapposizione tra democrazia digitale e democrazia rappresentativa sarebbe apparso come un confronto riservato a soli costituzionalisti, filosofi o altri addetti ai lavori; tuttavia, alcune recenti prese di posizione del nuovo governo, hanno tratteggiato orizzonti sui quali nessuno aveva finora osato interrogarsi. La decisione di aggregare al ministero (ed al ministro) per i Rapporti con il Parlamento anche la delega alla “democrazia diretta”, seguita a stretto giro dalle dichiarazioni rilasciate da Davide Casaleggio in merito alla verosimile fine del parlamentarismo (o quantomeno ad un suo imminente superamento), hanno generato non poco clamore tra le opposizioni e non solo.

Ci troviamo davvero di fronte ad un bivio ineluttabile? Tra i principali esempi di e-democracy (Democrazia “elettronica” o digitale), attualmente presenti nel panorama internazionale, spiccano “Senador Virtual” in Cile, la piattaforma brasiliana “E-democracia” ed il “Caso Islandese”; in Italia, l’avanguardia in questo ambito è rappresentata da “Rousseau” (strumento forgiato dal M5S). Negli ultimi mesi, tuttavia, qualcos’altro bolle in pentola: tra dicembre e gennaio, Nicola Zingaretti e Francesco Boccia, hanno lanciato nell’oceano degli internauti due nuove piattaforme virtuali: rispettivamente, “PiazzaWeb” e “Hackitaly”.

Valutare oggi le piattaforme nate in casa Pd sarebbe di certo troppo avventato; per questo, ci soffermeremo sul sistema operativo del Movimento Cinque Stelle. Secondo il prof. Marco Deseriis della Northeastern University di Boston, dall’analisi del caso “Rousseau” emergerebbero scenari poco soddisfacenti: in particolare, i rapporti di forza disegnati da “Rousseau”, attraverso un particolare mix di partecipazione diretta e centralità dei vertici, comporrebbero quella che lo studioso definisce una “relazione asimmetrica” tra rappresentanti e rappresentati.

A suo modo di vedere, “Rousseau” è stato concepito in maniera tale da minimizzare l’impatto dei conflitti tra chi governa e chi rimane “fuori dai palazzi”, per cui è raro che, attraverso l’utilizzo della piattaforma, si registrino contrasti tra la base del Movimento e la sua rappresentanza politica (i cosiddetti “portavoce” nelle istituzioni). In una sua intervista a Giuliano Santoro de Il Messaggero, il prof Deseriis evidenzia, in particolare che “i processi di scrittura delle leggi comportano una serie di attività (come l’acquisizione di conoscenze specifiche, il dare priorità ad alcuni temi, la creazione di alleanze tattiche con altre forze politiche) che da Rousseau sono strategicamente lasciate fuori”.

In un contesto simile, il parametro chiarificatore per valutare correttamente lo stato di salute della nostra democrazia e ipotizzarne il trend è rappresentato dalla partecipazione politica. Partecipare significa attivarsi per dare il proprio contributo nella trasformazione della società. d.

A ben vedere, la politica in formato digitale non ha comportato neppure la scomparsa delle forze politiche dai luoghi fisici; al contrario, alcuni partiti stanno attraversando una nuova primavera di attivismo collettivo in grado di rievocare storiche stagioni di partecipazione. Ad oggi, è ragionevole sostenere che “Rousseau” e gli altri strumenti di e-democracy non abbiano lacerato le fondamenta delle architetture democratiche (anche perché, in tal caso, prevedibilmente sarebbero già stati banditi), né tantomeno si sono attivati timer di autodistruzione nell’istituto della democrazia rappresentativa, sulla quale continuerà a poggiarsi l’architrave legislativo dello Stato.

Rimane inteso che, in una fase di fervida transizione tecnologica e sociale come quella che stiamo vivendo, politologi, filosofi e giuristi dovranno inevitabilmente mantenere altissima la soglia di attenzione su questi temi onde scongiurare qualunque rischio di deriva autoritaria. Non sembrano tuttavia materializzarsi le dimensioni antropologiche congetturate da Orwell, né si intravedono in lontananza gli ammalianti dittatori virtuali prospettati da Black Mirror. Tutt’altra sfida sarà, invece, evitare di ritrovarsi a confidare in scenari simili in quanto migliorativi rispetto alla Realpolitik contemporanea.

democrazia social

Democrazia digitale vs democrazia rappresentativa. Quale futuro per la partecipazione politica?

Di Francesco Colonnese

Fino a pochi anni fa, qualunque dibattito sulla contrapposizione tra democrazia digitale e democrazia rappresentativa sarebbe apparso come un confronto riservato a soli costituzionalisti, filosofi o altri addetti ai lavori; tuttavia, alcune recenti prese di posizione del nuovo governo, hanno tratteggiato orizzonti sui quali nessuno aveva finora osato interrogarsi. La decisione di aggregare al ministero (ed al ministro) per i…

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