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L’avvocato della moglie dell’ex capo dell’Interpol, il cinese Meng Hongwei, ha fatto sapere ieri che la donna chiederà alla Francia protezione come rifugiata politica. Grace Meng, che vive a Lione (dove ha sede l’Organizzazione internazionale della polizia criminale che il marito dirigeva), aveva denunciato la scomparsa del marito lo scorso ottobre, sparito senza dare notizie alla famiglia durante un viaggio in Cina.

Meng era riapparso a Pechino dove le autorità cinesi lo avevano accusato di in modo vago di corruzione, carichi penali che ufficialmente sono stati definiti questo mese, con l’alto funzionario che dovrà affrontare un processo per abuso di potere e tangenti. Intanto è in carcere. A marzo, il Partito comunista cinese aveva dichiarato che indagando su Meng s’era scoperto che spendeva “abbondanti” somme di fondi statali, abusando del suo ruolo e rifiutandosi di seguire le decisioni del partito.

Secondo la moglie, le accuse sono false: respinte come politicamente motivate. Ossia, Meng era uscito dalle grazie del presidente Xi Jinping – che l’aveva voluto a capo dell’Interpol all’interno del piano cinese di accaparrarsi posti di leadership nelle organizzazioni internazionali – perché in passato aveva preso posizioni critiche sui piani del governo, e per questo rientrato nella campagna anti-corruzione di cui Xi si fregia, che però viene considerata anche un vettore per il repulisti con cui intende rafforzare ancora la propria posizione.

Ieri l’ultra assertivo portavoce del ministero degli Esteri cinese, Geng Shuang, ha parlato della situazione: “Posso dirvi che Meng ha preso mazzette”, e non c’entrano niente “fattori politici” sulle sue accuse. Poi una sottolineatura che nasconde una minaccia: “Una buona fiducia reciproca politica è la base per lo sviluppo sano e stabile delle relazioni sino-francesi. Speriamo che questo caso sia la Cina che la Francia possano gestirlo congiuntamente secondo la legge, e sulla base di una buona cooperazione”.

Secondo Geng, se i francesi – che per ora non commentano – dessero asilo alla moglie di Meng si tratterebbe di “un abuso delle procedure legali”. Il caso è destinato a diventare uno di quegli elementi che potrebbero logorare le relazioni tra stati. Pechino ci tiene molto alla non intromissione di altri paesi nei propri affari interni, e la vicenda di Meng potrebbe sommarsi al tour della fregata “Vendemiaire” sullo stretto di Taiwan, territorio che i cinesi considerano un inviolabile affare casalingo e su cui invece gli Stati Uniti, e da poche settimane anche Parigi, rivendicano diritti di navigazione (strizzando l’occhio all’indipendenza taiwanese, che per Pechino è semplicemente impossibile).

Nonostante la recente chiusura di un maxi accordo commerciale con Airbus, il presidente Emmanuel Macron ha più volte sostenuto che con la Cina l’Unione europea deve trovare forme di intesa che possano tener conto anche delle tematiche dei diritti. La caccia agli oppositori politici interni è una di queste faccende, di cui Pechino non tollera nemmeno sentir parlare però.

(Foto: Flickr, Web Summit 2017 , Meng Hongwei)

 

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