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I rapporti tra governo e mondo industriale sono ai minimi termini, con le imprese sul piede di guerra all’indomani dei tentennamenti dell’esecutivo sulle grandi opere, Tav in primis (qui l’intervista odierna a Giampaolo Galli). Eppure la Cassa depositi e prestiti disegnata questo pomeriggio dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, dal presidente Massimo Tononi, dal ceo Fabrizio Palermo sembra sposare in pieno la causa della crescita.

La prova è nei numeri contenuti nel piano al 2021, illustrato nella cornice dell’Auditorium di Via Veneto. Numeri con il quale Palazzo Chigi, attraverso la Cassa, ha inteso mandare anche un messaggio molto chiaro all’Europa: non è vero che in Italia non si pensa alla crescita, i soldi per le imprese ci sono e sono anche tanti.

200 MILIARDI IN TRE ANNI

La Cassa colorata di gialloverde, al suo primo piano industriale da quando Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono al governo, è in attesa di un possibile cambio di pelle. Il Movimento Cinque Stelle ne vorrebbe fare una sorta di banca per lo sviluppo del Mezzogiorno mentre il Tesoro (azionista all’80%), la vedrebbe bene nel ruolo di veicolo per la dismissione di immobili pubblici, in chiave taglia-debito. In attesa di capire quale sarà l’effettivo ruolo, il gruppo ha varato il nuovo piano industriale 2019-2021 mettendo in campo 200 miliardi in tre anni a supporto di imprese, infrastrutture e territorio.

L’OPERAZIONE VERITÀ DEL GOVERNO

La verità è che con la presentazione del piano triennale, il governo ha voluto fare a suo modo una grande operazione trasparenza. Un’occasione per sgombrare il campo dai dubbi di chi, fino ad oggi, ha tacciato l’esecutivo di scarsa propensione alla crescita. “Ho sostenuto fin dall’inizio del mio mandato la necessità di un rilancio degli investimenti pubblici”, ha spiegato Tria nel corso del suo intervento. “Una strategia che serve anche a contrastare un rallentamento dell’economia che si sta accentuando, a livello globale ma con un riflesso anche in Italia”. Di qui l’altro 3% indicato da Tria, non quello del deficit (ormai superato e abbassato al 2,2-2%) ma degli investimenti, pari al 3% del Pil.

LA SPINTA ALLE INFRASTRUTTURE

Impossibile però non pensare alle infrastrutture, nei giorni in cui la Tav che ne è un po’ un simbolo, è seriamente messa in discussione dallo stesso governo. Le risorse mobilitate dalla Cassa sono troppe per non domandarsi se parte dei denari non prenderà la strada di qualche cantiere. La risposta è sì, “le infrastrutture rimarranno uno dei centri della nostra azione, sia grandi, sia piccole”, ha spiegato il ceo di Cdp, Palermo. “Le infrastrutture sono da sempre nel nostro Dna e questo piano lo dimostra”.

VIETATO GIOCARE D’AZZARDO

Insomma, 200 miliardi in tre anni di cui 83 solo alle imprese potrebbero essere numeri abbastanza grandi da far cambiare idea al più rigido funzionario europeo. Il che però non vuol dire fare il passo più lungo della gamba. Massimo Tononi, presidente della Cassa, ha fissato un paletto molto preciso sulla capacità di spesa di Cdp. Non si può immaginare di investire in operazioni non redditizie o addirittura in perdita.  “Il nuovo piano industriale di Cdp punta allo sviluppo economico e sociale di comunità, di territorio, dove operiamo. Ma noi garantiamo la responsabilità verso i cittadini e per questo non possiamo sprecare soldi in investimenti in perdita, azzardati, sbagliati”, avverte. “Ci occuperemo anche di operazioni straordinarie (Alitalia?, ndr) se sarà il caso, ma la nostra attività è di altra natura”.

ASPETTANDO LA RETE UNICA

Il grande outsider dell’evento Cdp, era la partita per la rete unica che vede protagonisti Open Fiber, partecipata al 50% da Cdp e Tim. Il governo come noto punta alla costituzione di un’entità unica alla quale affidare la gestione dell’infrastruttura. Una visione che ha trovato la sponda anche di Tononi (la Cassa è azionista di Tim al 5%). “La duplicazione può rappresentare uno spreco di risorse. Tutto quello che accade lo vediamo da osservatori esterni  e siamo osservatori esterni delle iniziative del governo che tuttavia ci sembrano ragionevoli perché una duplicazione può rappresentare uno spreco di risorse”.

Investire è possibile. Dalla Cdp un messaggio all'Europa (e alle imprese)

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