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Un po’ come cercare la stazione giusta alla radio, c’è sempre quel fruscio quando si passa da un’emittente all’altra. Tra governo e mondo produttivo sta succedendo esattamente questo. Il primo non è sintonizzato sulle frequenze del secondo. Ed è un problema. Lo si è capito ieri, a Torino (qui il resoconto di Formiche.net), dove quasi tre quarti del pil italiano, riunito in 12 associazioni d’impresa, ha detto che no, così non si può andare avanti. O si pensa alla crescita, si aprono cantieri e si completano quelli esistenti (la Tav, perché no) oppure è inutile che Matteo Salvini e Luigi Di Maio si riempiano la bocca di parole tipo “Italia, lavoro, crescita”.

DA TORINO A ROMA (NEL NOME DELL’INDUSTRIA)

La verità è che le imprese sono scontente, nervose, dinnanzi a un governo che non sembrano più riuscire a comprendere. Un disagio che si è percepito anche oggi pomeriggio all’hotel Plaza di Roma, dove si è tenuta l’assemblea di Anfia, l’associazione dei costruttori di auto. Un altro pezzo, e mica piccolo, di pil, visto che l’automotive tricolore vale su per giù 100 miliardi di euro, il 6% della ricchezza nazionale. Certo, i toni non erano quelli di Torino e a differenza della mobilitazione in Piemonte, dove non c’era nemmeno un rappresentante del governo, oggi c’era il premier Giuseppe Conte. Ma la sostanza del discorso non cambia: così non va.

IL GRIDO DELL’AUTOMOTIVE

“Il mondo produttivo italiano non è più sintonizzato. Bisogna tornare a mettere al centro dell’agenda politica la crescita del tessuto industriale italiano, con la sua capacità di generare posti di lavoro e sostenere la crescita del sistema Paese”, ha attaccato il neo-presidente di Anfia, Paolo Scudieri. “Occorre agire su quei fattori di produzione che per troppo tempo hanno creato un gap di competitività tra il fare impresa in Italia o negli altri Paesi europei. Questo è il primo messaggio che vogliamo dare oggi al governo. L’industria merita un posto centrale nel programma di un Paese: non c’è crescita sociale e occupazionale senza la creazione di condizioni favorevoli per il rafforzamento e l’ampliamento del tessuto imprenditoriale italiano”.

L’INDUSTRIA AL CENTRO DEL VILLAGGIO

Per i costruttori di auto è arrivato il momento di armarsi di penna e taccuino e prendere nota una volta per tutte: l’Italia non può continuare a non crescere e per crescere bisogna rimettere l’industria al centro del villaggio. E se qualcuno pensa di poter rimettere in moto il Paese a suon di incentivi, si sbaglia. Per le imprese dell’automotive riunite nell’Anfia, c’è solo ed esclusivamente una leva: le infrastrutture, discorso che vale anche per la mobilità sostenibile, che sempre crescita è.

PIÙ INFRASTRUTTURE, MENO INCENTIVI

“Se la strada verso la mobilità a zero emissioni è ormai tracciata e richiede all’industria investimenti e obblighi che, se non raggiunti, comporteranno pesanti sanzioni economiche per i costruttori, ci aspettiamo un impegno concreto alla realizzazione delle infrastrutture”, ha rimarcato il numero uno di Anfia. E lo chiediamo oggi a gran voce ai rappresentanti di governo che, in Europa, si sono espressi a favore di obiettivi estremamente ambiziosi, raggiungibili solo con un mercato prettamente elettrico, seppur consapevoli di rappresentare un Paese leader nella produzione delle altre tecnologie”.

CONTE INCASSA E RILANCIA

Il premier Conte era presente in sala, arrivato appena in tempo per sentirsi dire dai costruttori che è arrivato il momento di “convincere l’Europa” sulla bontà della politica economica. Conte ha incassato a dovere, trovando il modo di dire alle imprese quello che volevano sentire. “L’Italia è tornata a espandersi sui mercati internazionali, la caduta della domanda si è arrestata facendo tornare la nostra industria manifattura in salute. Il settore dell’auto ha avuto e continuerà ad avere un ruolo trainante in questa svolta e non poteva che essere così”, ha detto il premier. “Adesso però è ora di pensare alle sfide e io vi dico una cosa: voi meritate un’attenzione particolare perché siete un comparto che richiede elevata capacità di competere al livello globale”.

La sindrome di Torino contagia anche l'automotive (nonostante Conte)

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