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“Orbán è sempre stato un buon equilibrista, un uomo politico dotato di un certo intuito col quale ha costruito le sue fortune politiche. Da buon pragmatico sceglierà a seconda delle convenienze per rafforzare la sua posizione e il suo potere in patria“. A crederlo è Massimo Congiu, studioso di geopolitica dell’Europa centro-orientale, curatore dell’Osservatorio Sociale Mitteleuropeo (OSME) che in una conversazione con Formiche.net analizza le ultime mosse del primo ministro ungherese in vista delle prossime elezioni europee, tra Partito popolare europeo e sovranisti guidati da Matteo Salvini.

Partiamo dalla visita di Salvini da Orban: sembrava che fosse la premessa per il dialogo tra le correnti di destra del Ppe e le forze sovraniste, che però sembra morto sul nascere. Il Ppe non vuole un’alleanza con i sovranisti?

La situazione sembra per certi versi ancora un po’ confusa anche per il gran parlare che se ne fa con tesi spesso contrastanti. Se ne parla tuttora ma l’operazione non è proprio semplice. Hans-Gert Pöttering (già presidente del Parlamento Ue e storico capogruppo dei popolari europei, ndr), per esempio, si dice scettico e fa notare che tra le parti non ci sono molte cose in comune, anche perché i cosiddetti sovranisti sono antieuropei. Non dimentichiamo che Pöttering fa parte della struttura insediata dal Ppe per valutare l’eventuale applicazione delle sanzioni al governo Orbán per le sue politiche giudicate una minaccia per lo stato di diritto in Ungheria e un cattivo esempio per l’Europa. Ricordiamo anche che a settembre i popolari europei hanno sostenuto in modo rilevante il rapporto della Sargentini. Weber ha poi assunto una posizione di chiusura rispetto a questa possibilità e avrebbe anche affermato di non voler essere eletto alla presidenza della Commissione europea con i voti degli ungheresi. La cosa ha portato Orbán e i suoi a ritirare il loro sostegno a Weber in quanto questi avrebbe offeso gli ungheresi. Insomma, dopo un lungo periodo di compromessi per la convivenza si è creato un conflitto fra le parti che mettono in evidenza delle incompatibilità di fondo sui temi della democrazia e dell’europeismo. Occorre vedere se le questioni di principio avranno la prevalenza sulle convenienze. Al momento sembrerebbe di sì, almeno per i popolari. Poi bisognerà vedere.

Ieri, inoltre, il partito di Orban ha fatto sapere di non essere stato invitato dalla Lega all’incontro delle forze sovraniste che si terrà a Milano il 18 maggio. Un altro fronte dello scontro?

Più che altro la risposta di Orbán è che non ci andrà e la sua decisione è evidentemente dovuta al fatto che non considera definitivamente chiusa l’epoca della presenza del suo partito nel Ppe. È vero che la dirigenza dei popolari ha espresso chiusura rispetto all’eventualità di un’alleanza fra il Ppe e forze sovraniste, i “partiti patriottici” per dirla con Orbán e Strache. Di fatto, il primo ministro ungherese parla di valori nei suoi discorsi; questi riferimenti caratterizzano la sua retorica, è vero, ma l’azione che porta avanti da statista è intrisa di realpolitik e di opportunismo e tutto sommato spera ancora in un riavvicinamento al Ppe anche se afferma che i popolari stanno dando troppo spazio a tendenze pro-immigrazione. C’è quindi un certo attendismo da parte di questo leader che osserva attentamente lo sviluppo dei fatti per poi prendere una decisione sul futuro del suo partito.

Orban pare essere tra due fuochi, quello dei sovranisti e quello del Ppe. Chi sceglierà, alla fine? E perché la sua figura è così rilevante?

Orbán è sempre stato un buon equilibrista, un uomo politico dotato di un certo intuito col quale ha costruito le sue fortune politiche. Da buon pragmatico alla fine sceglierà a seconda delle convenienze per rafforzare la sua posizione e il suo potere in patria. Come sempre. Ora è in una situazione di conflitto col Ppe ma sembra non preoccuparsene troppo, almeno così dà a vedere. Sa di avere delle carte da giocare, i seggi spettanti all’Ungheria fanno comodo ai sovranisti e ai popolari, e come ho detto prima in fondo spera in un riavvicinamento con questi ultimi. Orbán non ha mai mostrato di voler uscire dal Ppe ma di volerlo cambiare dall’interno spostandone l’asse politico a destra, in senso nazionalista. Certo, ora è tutto più complicato, ma l’azione di Orbán è sempre ispirata dal gioco degli equilibri di potere e delle convenienze. Se la sua figura è così rilevante è per i voti che può portare in sede europea e per la sua valenza simbolica presso i nazionalpopulisti.

A chi conviene un’alleanza con i sovranisti, tra Ppe e Orban?

Consideriamo che il Ppe è la più grande famiglia europea in termini numerici e di peso politico. Orbán lo sa ed è per questo che da tempo coltiva l’ambizione di riuscire a cambiare questo importante soggetto politico dall’interno, in funzione dei suoi interessi politici e di potere. Per questo lo critica di aver dato troppo spazio alle tendenze di sinistra, a quelle liberali che a suo dire vorrebbero riempire l’Europa di migranti musulmani. Lo stesso Salvini vorrebbe modificare la politica del Ppe dall’interno e attraverso queste operazioni portare tra l’altro il deficit di bilancio al 3% del PIL ed evitare pesanti manovre economiche. A questi leader conviene portare il Ppe dalla loro. Come già specificato al Ppe farebbero comodo i seggi spettanti all’Ungheria e senza Orbán potrebbe perderne oltre dieci, ma poi resterebbe il problema di gestire il rapporto con parti politiche che tendono a deviare nettamente dal percorso europeo voluto dai vertici popolari e questo non sarà facile.

A volere i sovranisti alleati col Ppe, nel fronte italiano, pare essere Forza Italia. A spingerlo sono interessi di natura interna (possibile ritorno del centrodestra unito Berlusconi-Salvini)?

Orbán ha per Berlusconi parole di grande ammirazione, ma è proprio quest’ultimo che potrebbe trarre profitto da un’uscita di scena del premier ungherese dal Ppe. A quel punto il suo partito potrebbe entrare nel ruolo di mediatore per ricomporre i rapporti con la destra diciamo meno moderata anche se la proposta di fondo di Berlusconi è quella di dar luogo ad un impegno fattivo per una saldatura tra i popolari e la destra democratica. In generale, comunque, Forza Italia sarebbe per un rinnovamento delle alleanze del Ppe e in ogni caso per un distacco di questo partito dalle sinistre e uno schieramento con i liberali e le destre moderate, senza escludere un avvicinamento a quelle più oltranziste che secondo Berlusconi da sole non hanno un gran futuro in Europa e che potrebbero essere portate dalla sua parte.

orban

Orban non vuole lasciare il Ppe. Lui con Salvini? Sceglierà quel che gli conviene di più

"Orbán è sempre stato un buon equilibrista, un uomo politico dotato di un certo intuito col quale ha costruito le sue fortune politiche. Da buon pragmatico sceglierà a seconda delle convenienze per rafforzare la sua posizione e il suo potere in patria". A crederlo è Massimo Congiu, studioso di geopolitica dell'Europa centro-orientale, curatore dell'Osservatorio Sociale Mitteleuropeo (OSME) che in una…

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