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Chi si aspettava una Banca d’Italia diversa e snaturata, rimarrà deluso. Pazienza. Via Nazionale è viva, vegeta ma soprattutto solida anche dopo mesi di attacchi più o meno diretti da parte del governo gialloverde, sponda Lega. Le nomine uscite dal Consiglio dei ministri, e arrivate come una manna dal cielo dopo mesi di impasse, stanno lì a dimostrarlo. Nuovo direttore generale di Bankitalia è Fabio Panetta, nominato il 28 marzo dal Consiglio superiore della Banca d’Italia e che andrà a sostituire Salvatore Rossi mentre vice direttori generali sono Daniele Franco e Alessandra Perrazzelli (proveniente da Barclay’s), insieme a Valeria Sannucci. Sbloccata poi anche la nomina di Federico Signorini a vice direttore generale per un secondo mandato che era rimasta congelata da febbraio

Il nuovo Direttorio è così completo e legittimato da un mandato (non vincolante visto che l’ultima parola spetta al Capo dello Stato) politico che fino ad oggi è risultato assente. Angelo De Mattia, una vita nelle alte sfere di Via Nazionale e oggi editorialista, non può che dirsi soddisfatto degli equilibri sanciti prima dal Consiglio superiore e avallati dal governo nel Cdm del 30 aprile.

De Mattia, il governo finalmente ha sciolto le riserve su Bankitalia. Era ora…

Altroché se era ora. Erano mesi che i vertici della vigilanza erano in balia dell’incertezza per non dire dello stallo. Le decisioni del governo sono arrivate tardivamente ma alla fine meglio tardi che mai. L’esecutivo ha preso coscienza del fatto che non era possibile tenere queste nomine appese, io più volte avevo espresso critiche per questa situazione che rischiava di paralizzare i vertici della nostra vigilanza. Meno male che il governo, il cui parere giova ricordarlo è obbligatorio ma non vincolante, alla fine si è deciso a prendere in mano la situazione.

Qual era il rischio di un ulteriore rinvio?

La catastrofe istituzionale, oltre a diventare lo zimbello d’Europa con la vigilanza bancaria paralizzata. Non è mai successo dalla sua fondazione (1893, ndr), sarebbe stato inaudito. Abbiamo già rischiato, se non vissuto almeno per un momento, una paralisi dell’Ivass, la vigilanza sulle assicurazioni, non potevamo permetterci un blocco della nostra banca centrale. Le nomine sono state decise dal Consiglio superiore e dovevano diventare operative entro il 10 maggio. Siamo arrivati a ridosso della scadenza ed è stato un errore perdere tutto questo tempo. Abbiamo rischiato anche problemi sui mercati.

In che senso? 

Nel senso che protrarre lo stallo oltre la scadenza, avrebbe significato dare un cattivo segnale del tipo che avevamo una vigilanza impossibilitata a svolgere il proprio mestiere di regolatore. Qualcuno in questi mesi ha sempre sperato che prevalessero buon senso e ragione. E così è stato.

De Mattia, entriamo nel merito delle nomine. Come ne esce Bankitalia?

Direi bene. Mi pare che sia stato ribadito e confermato il tradizionale assetto di Via Nazionale. La figura del governatore (Ignazio Visco, ndr) non è stata toccata e questo ha fatto sì che dentro Palazzo Koch si mantenessero gli equilibri. Più che altro, quello che ha rischiato di creare problemi è stato lo scarso tempismo delle nomine non i nomi del Direttorio. I quali ribadiscono perfettamente l’autorevolezza della banca centrale.

La Lega però ha avuto qualcosa di ridire, sembra.

Se si riferisce al fatto che avrebbero voluto una miglior valorizzazione delle risorse interne, le rispondo che dobbiamo prima fare pace col cervello. Prima dicevano che bisognava rivoluzionare il tutto chiamando gente nuova. Poi adesso dicono che era meglio puntare su persone interne. Vorrei far notare due cose. Primo, i dirigenti di Bankitalia sono tutte risorse pregiate, preparate. Secondo, i grandi colossi dell’istituzione erano per così dire esterni. Guido Carli, Donato Menichella e persino Luigi Einaudi.

Ancora la Lega. Il Carroccio ha parlato di una riforma di Bankitalia…

Francamente non so se sia un annuncio spot o una vera proposta politica. In ogni caso sarebbe meglio non crearci problemi con la Bce che non so quanto gradirebbe la cosa. E poi, diciamolo, sarebbe bene pensare alla crescita e allo sviluppo del Paese piuttosto che parlare di riorganizzazione della vigilanza.

Una domanda extra. Che ne pensa del presunto interesse di Unicredit per Commerzbank? 

Innanzitutto bisogna capire quanto sia fondata un’operazione del genere visto che più volte la stessa Unicredit ha escluso aggregazioni. Se però l’interesse fosse vero e, non dimentichiamo, si è parlato anche di un interesse per SocGen, la banca francese dalla quale proviene l’attuale ceo Unicredit Mustier, bisognerebbe fare un passo in avanti e valutare l’opportunità dell’operazione.

Si spieghi…

Certo. Immaginare una Unicredit per così dire transfrontaliera, è possibile: francese o tedesca non importa, non si può escludere questo scenario. Ma bisogna capire se un’ipotetica aggregazione sia funzionale alla banca, al suo miglioramento oppure no. Se un’operazione di questo calibro aiuta la banca, per esempio riducendo i costi, allora se ne può parlare, in caso contrario no. Perché sarebbe solo gigantismo bello e buono.

Su Bankitalia rischiata la figuraccia. Unicredit, pericoli di gigantismo. Parla De Mattia

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