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Gli investimenti cinesi in Italia “potrebbero non rispondere – come vorrebbe la nostra logica capitalistica – a realizzare profitti, bensì sono orientati a una penetrazione politica e culturale”.

A delineare i rischi che il nostro Paese starebbe correndo nel suo lento ma continuo avvicinarsi a Pechino è il professore e saggista Mario Caligiuri, direttore del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, che in una conversazione con Formiche.net commenta la controversa (e criticata) adesione della Penisola alla nuova Via della Seta, ma anche i massicci investimenti di società tecnologiche come Huawei e Zte, al centro dello scontro globale tra Washington e Pechino.

Prima l’ipotesi Huawei nel 5G e nella videosorveglianza, e l’inserimento delle telecomunicazioni nel Memorandum d’Intesa con la Cina sulla Belt and Road Initiative. Ora la creazione a Roma di un hub europeo di Zte sulla cyber security. Che cosa significa questa crescente presenza cinese per un Paese come l’Italia?

L’Italia non può non confrontarsi con una potenza economica e tecnologica come quella cinese. Bisogna tenere presente che la Cina, quando investe, lo fa sempre tramite società direttamente o indirettamente controllate dallo Stato e quindi dal Partito comunista. Questo significa che i suoi investimenti potrebbero non rispondere – come vorrebbe la nostra logica capitalistica – a realizzare profitti, bensì sono orientati a una penetrazione politica e culturale.

Si riferisce ai timori sollevati dall’alleato americano?

La presenza cinese in Italia si inserisce a pieno titolo nella strategia della Nuova Via della Seta, che non è una rete solo di infrastrutture terrestri e marittime ma anche una “via delle informazioni”. Infatti, Huawei Marine poggia i cavi sottomarini seguendo all’incirca il percorso della nuova via della seta marittima. Dunque, il controllo delle infrastrutture attraversate dalle informazioni sono il primo obiettivo da valutare. Nel caso specifico, bisognerà verificare quali sono i termini esatti dell’investimento di Zte nel nostro Paese, valutandone in maniera puntuale rischi e benefici, alla luce dell’interesse nazionale.

Diversi osservatori, e gli stessi Stati Uniti, sottolineano che in Europa si starebbe sottovalutando la penetrazione cinese nelle telco. Che cosa ne pensa?

Il mercato europeo è monitorato dalla Cina ormai da anni. Pechino sa bene che l’Italia, come anche tanti Paesi europei, è in crisi economica e quindi è interessata ad attrarre capitali dall’estero. Le risorse cinesi sono appetibili per diverse ragioni: dall’entità degli investimenti al costo ridotto dei prodotti, fino alla stabilità della governance politica. L’Italia dovrebbe tuttavia tenere conto delle conseguenze nel medio periodo degli investimenti indirizzati verso il nostro Paese. Infatti, attraverso l’export di beni e servizi verso l’Europa, la Cina sta tentando legittimamente di cambiare a piccoli passi i rapporti di forza all’interno del pianeta. Bisogna a questo punto valutare con attenzione se questa strategia possa rappresentare o meno un vantaggio per l’Italia.

Quanto conterà il controllo delle tecnologie nel prossimo futuro?

Il tema delle tecnologie è particolarmente delicato quando si parla di interesse nazionale. Pensiamo al fatto che l’Intelligenza artificiale – inseguita con impegno dalla Cina – costruirà il nuovo ordine mondiale in cui l’Italia comunque avrà inevitabilmente una collocazione. È stato dimostrato come la penetrazione economica cinese non sia facilmente controllabile. Iniziata decine di anni fa dal basso, soprattutto con l’apertura di esercizi commerciali diffusi, l’espansione del modello economico cinese adesso proviene dall’alto, tramite l’acquisizione di quote nelle principali aziende nazionali e con investimenti nei settori cruciali che seguono la strategia di lungo periodo della Nuova Via della Seta. Una circostanza che, se legata al mercato delle Telco, invita a soffermarsi sul tema decisivo della sicurezza. Il nostro Paese ospita il numero maggiore di basi Nato in Europa. Sarà per questo motivo che gli alleati americani non hanno eccessivamente apprezzato la sottoscrizione del memorandum of understanding?

Questi investimenti e questi accordi sortiranno degli effetti negativi per le relazioni internazionali dell’Italia?

Presentano opportunità e rischi allo stesso tempo. L’opportunità è quella di poter utilizzare tecnologie avanzate a costi vantaggiosi, i rischi riguardano la collocazione internazionale del nostro Paese e la sicurezza economica delle informazioni. Valutare l’interesse nazionale significa appunto esaminare l’aspetto strategico di un fenomeno nel lungo periodo. Siamo in condizione di definire oggi qual è il nostro interesse nazionale? In uno scenario mai così fluido, abbiamo necessità di uomini di Stato che lo perseguano.

Bri, Huawei, Zte: gli investimenti cinesi contrastano con i nostri interessi nazionali. Parla Caligiuri

Gli investimenti cinesi in Italia "potrebbero non rispondere - come vorrebbe la nostra logica capitalistica - a realizzare profitti, bensì sono orientati a una penetrazione politica e culturale". A delineare i rischi che il nostro Paese starebbe correndo nel suo lento ma continuo avvicinarsi a Pechino è il professore e saggista Mario Caligiuri, direttore del Master in Intelligence dell'Università della…

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