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È prevedibile una “moderazione dei toni” nella polemica Italia-Ue a proposito della manovra triennale (tale è, per legge, l’ottica del Documento di economia e finanza, Def, della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, Nadef, e del Documento programmatico di bilancio, Dpb – i maggiori documenti di politica di finanza pubblica) e della legge di bilancio?

Lo auspicano tutti, dal capo dello Stato al presidente della Banca Centrale Europea (Bce). Nella compagine governativa italiana, sino ad ora il ministro dell’Economia e delle Finanze ha dato prova di flemma, ma i due vice presidenti del Consiglio ed il ministro degli Affari Europei hanno risposto con veemenza alla prese di posizione della Commissione europea e di alcuni esponenti politici dell’eurozona.

Senza entrare nel merito delle posizioni delle due parti, non credo ci si possa attendere una “moderazione” dei toni che diventeranno più infuocati man mano che ci si avvicinerà alla scadenza del termine entro cui l’Italia dovrà presentare un nuovo o modificato Dpb. È possibile prevedere un allentamento della tensione verso la fine dell’anno ed una nuova esplosione in primavera 2019 quando il “caso Italia” verrà esaminato non dalla Commissione ma dai ministri dell’eurozona ed una ancora più forte all’approssimarsi delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo nel prossimo maggio.

In effetti, più che a risultati di breve periodo (quali modifiche al Dpb e quindi al disegno di legge di bilancio), tutte le parti in causa guardano alle elezioni di maggio del Parlamento europeo (Pe). La Commissione è pure in scadenza e dai risultati alle urne dipenderanno in gran misura a quali forze politiche andranno i “portafogli” più pesanti del nuovo esecutivo – in primo luogo chi ne avrà la presidenza.

Ci sono pochi sondaggi affidabili sugli esiti delle elezioni europee. Un lavoro interessante, e recente, è stato presentato a un seminario ad inviti della sede italiana della Fondazione Konrad Adenauer. Per quanto questi dati vadano presi con prudenza e come molto indicativi dato il lasso di tempo che ci separa dalle urne, e gli avvenimenti che da ora ad allora possono accadere, il sondaggio suggerisce che, nonostante perdite a ragione dell’onda euroscettica, il Partito popolare europeo (Ppe) manterrebbe la maggioranza relativa del Pe. La consistenza del gruppo parlamentare, oggi al 29% dell’assise, verrebbe limitata di due-quattro punti percentuali. Infatti, il Ppe soffrirebbe meno degli altri gruppi dalla Brexit; nella rappresentanza britannica al Pe c’erano numerosi euroscettici e socialisti. Per questa ragione subirebbero un colpo pesante i Socialisti e Democratici (S&D), il cui gruppo parlamentare europeo passerebbe dal 25% al 19% circa. Unitamente agli altri “moderati” (liberali, verdi, Europe en Marche), il centro manterrebbero tra il 64% ed il 68% dei seggi del Pe. La estrema destra e sinistra sono, infatti, ben localizzate in alcuni Stati dell’Unione, ma hanno una rappresentanza relativamente modesta nell’Ue nel suo complesso. Tuttavia, il nuovo Pe sarà più variegato e ciò renderà più complessa la formazione della nuova Commissione Europea. Nella tornata precedente, ci vollero circa sei mesi perché dalle elezioni del Pe si arrivasse, in Novembre, all’insediamento della nuova Commissione. È probabile che il negoziato sarà più lungo, sino all’inizio del 2020.

Più complesso il “caso Italia” in quanto le forze euroscettiche sono oggi legate da un “contratto di governo”, non un’alleanza, e si misureranno per vedere quale delle due è più forte e per giudicare la convenienza di ciascuna a mantenere il contratto in vita. Il nodo viene complicato dal fatto che probabilmente al Parlamento europeo, gli eletti della Lega e del M5S siederanno su banchi opposti. Elemento che accentuerà le divisioni e che non potrà non riverberarsi sul piano interno e nazionale. Quindi ad una fase in cui si alzeranno i toni euroscettici, ne seguirà una seconda un cui, da giugno, inizierà una inevitabile riflessione sulla rispettiva collocazione al Pe e sulle implicazioni per la loro collocazione in Italia. A quel momento sarà arrivata anche la prima relazione trimestrale di cassa che richiederà un’attenta riflessione sulla finanza pubblica. Ambedue le riflessioni comporteranno un abbassamento dei toni. E forse anche altro.

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