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Si scrive Iva, si legge catastrofe. Se davvero il governo gialloverde non riuscirà a trovare i soldi necessari per disinnescare le clausole di salvaguardia incastonate nella manovra (e frutto a loro volta dell’accordo con l’Ue) per il 2020 (23 miliardi di nuove tasse, 9 solo di Iva) e per il 2021 (28 miliardi di nuove imposte, di cui 13 di Iva) sarà molto più di una bastonata per le imprese. Forse più uno tsunami (qui l’intervista di ieri ad Andrea Montanino, capo del Centro studi Confindustria). Perché l’Italia si ritroverebbe tra le altre cose con un’aliquota ordinaria Iva al 26,5%, seconda solo all’Ungheria. Male.

Le prime ad essere in allarme, non è un mistero, sono le aziende, soprattutto quelle piccole. Che non capiscono essenzialmente una cosa: come si possa continuare a parlare di manovra espansiva quando il prezzo del reddito di cittadinanza e della quota 100 vale oltre 20 miliardi di tasse, dunque di spesa, solo per il 2020. “A pensarci bene, ma non serve un grande sforzo mi creda, c’è un grande controsenso di fondo”, spiega a Formiche.net Vincenzo De Luca, responsabile Fisco di Confcommercio. “Voglio dire come facciamo a parlare di crescita se poi abbiamo perennemente lo spettro dell’attivazione delle clausole di salvaguardia. Misure che il governo ha inserito, su nostro suggerimento, come l’aumento della deducibilità Imu dal 20 al 40% per gli immobili strumentali, sono senza dubbio lodevoli ma assolutamente irrisorie se poi il prezzo da pagare è un aumento così forte dell’Iva”.

“Nell’attuale contesto economico, un ulteriore innalzamento della tassazione sui consumi, e in particolare dell’Iva, avrebbe avuto effetti catastrofici sui consumi delle famiglie ed avrebbe penalizzato i livelli di reddito medio-bassi”, aggiunge De Luca. “Ora, però, è necessario sia attraverso l’impulso alla crescita sia attraverso una seria politica di revisione e contenimento della spesa pubblica improduttiva sia attraverso interventi di contrasto all’evasione fiscale, continuare su questa strada e scongiurare, totalmente, gli aumenti delle aliquote Iva previsti nel 2020 e nel 2021”.

Per il capo dell’area fiscale della confederazione, è ora di darci un taglio: “Facciamola finita con questa storia delle clausole di salvaguardia, sono anni che ce le trasciniamo. Ogni manovra è costantemente condizionata da questo meccanismo sull’Iva, che blocca ogni possibilità di vera crescita. Questa mattina abbiamo tutti sentito che il governo punta a una spending review da 23 miliardi il prossimo anno, proprio per disinnescare le clausole. Ma sono anni che queste operazioni permettono di racimolare solo qualche miliardo euro. Noi invece da sempre proponiamo una revisione della spesa vera, strutturale, profonda. E poi vera crescita. Noi, come commercianti, non possiamo che respingere l’ipotesi di un simile aumento delle aliquote Iva, avviando, speriamo, un confronto con l’esecutivo a stretto giro di posta”.

De Luca rincara la dose. “C’è anche un problema di comunicazione. Quando si parla di Iva si pensa subito a noi commercianti. Le cose non stanno così. L’aumento dell’imposta travolgerà tutto, un intero sistema produttivo, non solo i commercianti. Questo è il problema di cui non ci si rende conto. L’Iva è qualcosa di erga omnes. Come? Abbiamo già parlato della revisione della spesa, più spot che altro. Faccio notare come l’esecutivo si aspetti 2 miliardi di gettito Iva aggiuntivo grazie alla fatturazione elettronica inserita in manovra. Ma sarà davvero così? Speriamo, perché appare un po’ folle pensare di incassare di più alzando le tasse. Molto meglio trovare il modo di ottenere gettito tramite i moderni sistemi, no?”.

Come scongiurare gli aumenti dell'Iva. L'analisi di De Luca (Confcommercio)

Si scrive Iva, si legge catastrofe. Se davvero il governo gialloverde non riuscirà a trovare i soldi necessari per disinnescare le clausole di salvaguardia incastonate nella manovra (e frutto a loro volta dell'accordo con l'Ue) per il 2020 (23 miliardi di nuove tasse, 9 solo di Iva) e per il 2021 (28 miliardi di nuove imposte, di cui 13 di…

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