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A veder scorrere sul mega-schermo posto in fondo alla sala, a 60 anni di distanza (correva l’anno 1958), le immagini dei cantieri dell’Autostrada del Sole, viene un po’ di nostalgia. E magari un po’ di rabbia. L’Italia era una Paese che sapeva costruire infrastrutture ma soprattutto voleva farlo. Tutto questo sempre oggi un po’ preistoria visto che il grosso delle opere, piccole o grandi, è pressoché fermo. La Tav è solo il simbolo di tale immobilismo.

Rassegnarsi al declino sarebbe però un errore. Lo sapevano bene gli ospiti convenuti presso la Sala Zuccari del Senato in occasione del convegno Proposte per l’Italia – sì alle infrastrutture, sì allo sviluppo, organizzato dalle Fondazioni Italia Protagonista e Lorenzo Necci. Tra i presenti, il senatore Maurizio Gasparri, la giornalista Alessandra Necci, Giuseppe Bonomi ad di Arexpo, Edoardo Bianchi,  vicepresidente dell’Ance, Gianfranco Battisti ad di Ferrovie e Stefan Pan vicepresidente di Confindustria.

E proprio Pan, che per Viale dell’Astronomia coordina la Coesione Territoriale, ha spiegato ai microfoni di Formiche.net, perché oggi l’Italia non può fare a meno di strade, ferrovie, ponti e molto altro. Proprio ieri dal governo è arrivato l’ennesimo segnale di disattenzione al tema delle opere pubbliche e delle infrastrutture. Il consiglio dei ministri ha sì approvato il decreto Sblocca cantieri, ma con la solita clausola, stavolta più che mai intrisa di significato politico, di “salvo intese”. Che vuol dire che tanto, molto, è ancora da definire e che l’intesa politica fra grillini e leghisti sul provvedimento non c’è ancora.

“Nei giorni scorsi abbiamo lanciato dei segnali molto chiari al governo, dobbiamo assolutamente sbloccare questi cantieri fermi e farlo con i soldi che ci sono. Abbiamo promosso misure concrete che ci aspettiamo di trovare nel decreto una volta che sarà stato trovata l’intesa politica. Tra questi la possibilità di intervenire con un nucleo operativo apposito nelle situazioni di cantieri bloccati”, ha spiegato Pan. “Inoltre, dobbiamo contrastare il fenomeno della cosiddetta fuga dalla firma da parte dei funzionari pubblici i quali, per timore di incappare nel danno erariale, si rifiutano di apporre la firma finale, bloccando di fatto l’opera. Dobbiamo creare contesti di lavoro sereno per impedire che un cantiere rimanga ostaggio delle burocrazia e delle stesse leggi”.

Non è tutto. Secondo Pan un altro punto su cui intervenire è la crisi dell’impresa aggiudicataria di un appalto. Se l’azienda va in crisi di liquidità, non ha la possibilità di completare l’opera. In questo senso, secondo l’industriale altoatesino, occorre “realizzare un fondo di garanzia che permette all’impresa aggiudicataria di un appalto di poter esigere crediti non riscossi, al fine di avere la cassa necessaria a completare il lavoro e poterne continuare a fronteggiare i costi. Ancora, abbiamo proposto, una serie di interventi per velocizzare l’iter delle infrastrutture”.

Il pensiero di Confindustria espresso da Pan è chiaro. “Il messaggio delle imprese è che non possiamo permetterci di attendere un minuto in più, queste opere servono perché creano posti di lavoro, circa 400mila e non sono pochi, in un momento in cui l’economia è quasi ferma. Solo così possiamo rendere finalmente efficiente questo Paese, il nostro confronto con il governo è costante ma il punto di caduta è comunque sempre lo stesso. Il governo sfrutti questo slancio delle imprese, queste nostre proposte, perché questo treno, quello delle opere, non si può perdere, proprio no”.

Un contributo importante poi, in termini di nuovi posti di lavoro, arriverà anche dalle stesse Ferrovie, come ha spiegato il ceo Battisti. “Il prossimo piano industriale Fs, che presenteremo tra qualche giorno, Alitalia permettendo, sarà il più grande investimento infrastrutturale dei prossimi anni. Stimiamo per i prossimi cinque anni nuovi 120mila posti di lavoro, di cui 15mila diretti”.

Infrastrutture, quell'ultimo treno per l'Italia. Parla Pan (Confindustria)

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