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Il presidente della Repubblica turca, Recep Tayyip Erdogan, sta clamorosamente perdendo il braccio di ferro contro il principe ereditario saudita, Mohammad Bin Salman, sul caso Khashoggi. Il presidente americano, Donald Trump, sembra sempre più reticente a muovere anche solo un dito contro Riad, che rappresenta il suo alleato più forte in Medioriente. Quindi sia che la Turchia sapesse del macabro omicidio prima della sua esecuzione, sia che sia stata colta di sorpresa, nonostante i proclami in mondo visione e le minacce, rischia di rimanere con poco più che un pugno di mosche in mano. Per questo, il quarto appuntamento del Comitato supremo strategico fra Turchia e Qatar, oggi a Istanbul, assume un significato simbolico ancora più importante.

Le relazioni fra Ankara e l’Emirato hanno iniziato a intensificarsi progressivamente dal 2013. Dal 2016 si è assistito a un rapido consolidamento, avvenuto in concomitanza con la reazione del blocco saudita di punire il Qatar, ufficialmente per i legami con organizzazioni terroristiche di stampo jihadista, ma ufficiosamente per la sua linea troppo autonoma dal resto dei Paesi del Golfo. Di questa situazione ha approfittato subito la Turchia che, non si è ancora capito bene a che titolo, si è posta come difensore dell’Emirato. Teoricamente avrebbe dovuto cercare di appianare i dissidi ma, complice soprattutto la vicinanza di Ankara e Doha ai Fratelli Musulmani, osteggiati da Riad, si è venuto di fatto a creare un muro contro muro all’interno dell’Islam sunnita, che rischia di provocare più di un fastidio a Washington.

Oggi a Istanbul questo asse si è ulteriormente consolidato. L’emiro Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani è stato accolto a braccia aperte da Erdogan. I due, hanno firmato 10 nuovi protocolli di intesa, facendo così arrivare a 50 quelli siglati negli ultimi 4 anni. Gli accordi vanno dall’industria di difesa, all’addestramento militare, dall’aumento dello scambio commerciale, alla creazione di una zona di libero scambio. Il Qatar, in pochi anni, è diventato uno dei maggiori investitori in Turchia, con oltre 23 miliardi di dollari. Lo scambio commerciale fra i due Paesi, nel 2018, dovrebbe superare i due miliardi di euro.

L’Emirato in Turchia punta soprattutto al settore bancario, energetico, manifatturiero, turistico e agricolo. Probabilmente sarà proprio qui che deciderà di spendere parte dei 15 miliardi di dollari in investimenti, promessi lo scorso 15 agosto al presidente Erdogan, mentre la lira turca viveva il momento più difficile degli ultimi 10 anni, con una svalutazione e misure imposte dagli Usa che hanno colpito duramente l’economia della Mezzaluna. Il gesto dell’emiro al-Thani, era stato forte tanto quanto quello di Erdogan due estati prima, a significare che questo asse è chiaramente in ottica anti saudita e anti americana.

Non è quindi solo una questione di interessi economici, né per Ankara, che comunque ha costruito molte infrastrutture e complessi negli Emirati, né per Doha. La Turchia in Qatar ha una base militare molto importante. Quello che si sta venendo sempre più a delineare è una contrapposizione all’interno dell’Islam sunnita, dove prima o poi qualcuno vorrà fare sentire chi comanda.

turchia, erdogan, gas

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