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Domani, giovedì 27 settembre, sarà un giorno straordinario per la politica americana: il giudice che il presidente Donald Trump ha scelto per la Corte Suprema, il conservatore ortodosso Brett Kavanaugh, deporrà davanti ai senatori della Commissione Giustizia insieme a Christine Blasey Ford, professoressa di Palo Alto che ha raccontato nei giorni scorsi che ai tempi del college è stata molestata da Kavanugh – l’uomo che la Casa Bianca ha scelto per sentenziare i verdetti futuri della massima assise della giurisprudenza americana.

L’inchiesta del Washington Post che ha portato alla luce la vicenda di Blasey Ford – lei quindicenne, Kavanaugh diciassettenne ubriachissimo, festa in piscina, lei legata in un letto di una camera chiusa, l’attuale nominato alla Corte Suprema che prova (ma non riesce) con un amico a violentarla – è destina a premi giornalistici. La vicenda della doppia audizione live invece è storica. È stato Jeff Flake – che nella Commissione riveste il ruolo di battitore libero, perché è un repubblicano ma lascerà il Congresso e dunque non si sente frenato da vincoli di partito – a chiedere che prima di ratificare la nomina fosse necessario andare fino in fondo alla questione.

La scelta di un giudice della Corte Suprema è una questione enorme, perché permette a un presidente di lasciare un’impronta profonda decenni sul Paese: la Corte decide oltre le leggi, sceglie fondamentalmente la direzione delle regole che governano gli Stati Uniti. I giudici sono nove, e hanno nomina a vita, dunque è possibile che qualche presidente non abbia nemmeno la possibilità di sceglierne uno: Trump finora ha avuto l’occasione di nominarne uno poco tempo dopo la sua elezioni – e ha scelto il conservatore Neil Gorsuch, giovane e dunque con anni di lavoro potenzialmente davanti – e ora Kavanaugh è il secondo.

E potrebbe virare ulteriormente la Corte verso posizioni conservatrici. Nominare un giudice significa anche ottenere un ritorno elettorale pazzesco: per esempio, ora la Corte, sbilanciata verso certe posizioni, potrebbe avviare il progetto pro-life di ribaltare la sentenza che “Roe vs Wade” che ha liberalizzato l’aborto, come promesso dal presidente durante la campagna elettorale.

Significa ottenere i voti di tutto quel mondo immenso che si rifà al conservatorismo repubblicano, comprese le associazioni religiose – certe posizioni di Trump sono tra le ragioni principali sul perché questi gruppi socio-culturali conservatori e bacchettoni non scaricano il presidente dopo che vicende come il “pussy tape“, le “golden shower“, Stormy Daniels e via dicendo. Perdere Kavanaugh, invece, potrebbe significare ricevere uno schiaffo in faccia alla Casa Bianca a poco più di un mese dalle elezioni di metà mandato.

Le Midterms sono un enorme banco di prova per Trump, perché saranno votazioni in cui il rapporto tra la Casa Bianca e il partito si ridefinirà per i prossimi due anni di presidenza che dovranno lanciarlo per il secondo mandato. Al momento c’è una sorta di armistizio: i repubblicani del partito non lo adorano, ma non ostacolano troppo la linea di governo trumpiana – che comunque si sta spostando verso un neoconservatorismo più classico – perché sperano che il suo tiro elettorale li porti alla conferma al Congresso, dove hanno la maggioranza in entrambe le camere. I sondaggi, per quel che conta, dicono che per il momento Trump non sta ottenendo il ritorno di voti sperato: i democratici sono in vantaggio su tanti collegi per la Camera, e sembra probabile che ne otterranno la maggioranza, mentre al Senato la partita è ancora abbastanza aperta.

Dalla deposizione di domani dipende parecchio delle prossime settimane di campagna elettorale. I senatori della Commissione hanno il compito di ratificare la nomina del presidente, e poi passarla al voto definitivo del Senato. I repubblicani hanno una maggioranza di 10 a 11, per questo la mossa di Flake ha creato il panico, perché è ovvio che i democratici voteranno in massa contro. Per il partito dell’ex candidata Hillary Clinton, la cui piattaforma politica è stata distrutta dopo le presidenziali di due anni fa, l’occasione di trascinare la vicenda fino alle elezioni di midterm è ghiotta.

Kavanaugh nega tutto, ma Blasey Ford ha portato come prova la trascrizione di una seduta di terapia di coppia del 2012: l’analista aveva riportato a galla l’esperienza adolescenziale, che lei ha raccontato davanti al marito e lo psicologo ha registrato in cartella. Qualche giorno fa, inoltre, una ex compagnia di scuola della donna, Deborah Ramirez, ha detto che è tutto vero ed è uscito che una seconda donna, che s’è dichiarata cattolica e molto osservante, ha raccontato ai giornalisti del New Yorker di aver subito molestie da Kavanaugh durante il periodo che frequentavano Yale (anno accademico 1983-1984). Il giudice nominato ha respinto anche queste accuse come campagna diffamatoria, mentre è circolato un appello firmato da sessantacinque donne che lo conoscono e che garantiscono sulla sua integrità morale.

Ma oggi il Wall Street Journal ha scritto che una terza donna, Julie Swetnick, accusa Kavanaugh di aver avuto certi comportamenti durante il college: è stato poi l’avvocato di Swetnick, Michael Avenatti (che difende anche Stormy Daniels, la pornostar che ha raccontato di aver avuto una relazione adultera con Trump) a rendere pubblico qualche dettaglio. La donna dice di essere stata violentata nel 1982, e che Kavanugh e i suoi amici erano noti ai tempi delle scuole superiori erano noti per organizzare party alcolici e poi cercare di stuprare le ragazze: la donna dice di essere stata sedata con del Quaalude, una specie di barbiturico, per poi essere abusata (anche se Swtnick non fa il nome di Kavanaugh fra i suoi violentatori, dice che l’attuale nominato per la corte suprema era tra quei “ragazzi allineati fuori dalle stanze in molte di queste feste, in attesa del loro turno” per fare sesso contro la volontà di quelle compagne di scuola).

Alcuni giornalisti americani con ottime entrature alla Casa Bianca, hanno detto che il presidente è rimasto shockato dalle nuove rivelazioni di Swtnick, e secondo le loro fonti Kavanaugh potrebbe essere al capolinea (ossia, nomina ritirata, magari per offrirala a un giudice donna, sempre repubblicana e conservatrice). Il peso sull’opinione pubblica è enorme, maggiorato dal momento: siamo al tempo del #MeToo, il movimento spontaneo per portare a galla le molestie sessuali subite dalle donne, anche se avvenute in passato. È anche per questo che la Casa Bianca sta trattando la questione, delicatissima, con molta moderazione: “Dobbiamo ascoltarla” ha detto in televisione Kellyanne Conway, una consigliere politico di Trump – e il presidente sembra aver capito il messaggio, o quanto meno è tenuto a freno. Non a caso, l’articolo sul New Yorker l’ha cofirmato Ronan Farrow, che quest’anno ha vinto il Pulitzer per le inchieste sui casi di abusi sessuali a Hollywood.

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