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Il rientro all’Eliseo dopo le vacanze è stato per Emmanuel Macron più traumatico di quanto immaginasse lasciando Parigi sulla scia dello “scandalo Benalla” che ha rischiato di travolgerlo. Sulla scrivania si è trovato, campeggiante su altri scottanti dossier, la lettera di dimissioni del ministro dell’Ambiente Nicolas Hulot, uno degli uomini a lui più fedeli che non ha ritenuto di parlargli direttamente, né di annunciare le sue intenzioni al primo ministro Edouard Philippe.

Unitamente a lamentele generiche che rivelano un’insofferenza politica che, si dice, stia contagiando il movimento presidenziale ed il partito nato da “En Marche!” che fatica a trovare una sua dimensione organizzativa, Hulot ha motivato l’abbandono con l’insostenibile “presenza di lobby nella cerchia del potere” e ricordando a Macron che proprio una riunione con il consigliere politico dei cacciatori lo ha convinto a dimettersi. Il riferimento di Hulot è alla seconda riunione in sei mesi organizzata lunedì scorso da Macron sulla caccia con il presidente della Federazione nazionale dei cacciatori (Fnc) Willy Schraen, Hulot e il suo sottosegretario Sébastien Lecornu che lavora alla riforma su quello che è un segmento delicato interessando milioni di elettori.

Alla riunione partecipava, impropriamente a quanto sembra e non invitato dal ministro competente, anche Thierry Coste, consigliere politico della Federazione cacciatori, al quale Hulot ha detto chiaramente “che non aveva niente da fare in quella stanza”. Alla stampa l’ex-ministro ha poi aggiunto: “Sembra un aneddoto ma per me era sintomatico ed è probabilmente un elemento che ha finito di convincermi che le cose non funzionano come dovrebbero funzionare. È sintomatico della presenza delle lobby nella cerchia del potere. Bisogna prima o poi mettere questo problema sul tavolo perché è un problema di democrazia: chi ha il potere, chi governa?”.

Le dimissioni di Hulot, come lui stesso ha ammesso, non deriva semplicemente da una “divergenza sulla riforma della caccia, è un accumulo di delusioni ma è soprattutto perché non ci credo più”.

Hulot ha messo il dito nella piaga. Macron, giorno dopo giorno, ha assunto le fattezze di un despota che si circonda, come ha rivelato il “caso Benalla” (l’agente non autorizzato ad intervenire come un poliziotto nelle manifestazioni pubbliche che gode del favore presidenziale e di quello di sua moglie e ciò lo autorizzava a fare quello che voleva non rispondendone a nessuno: l’Assemblea nazionale ha promosso una mozione di sfiducia al riguardo) di un ristretto gruppo di collaboratori che molti già definiscono i “nuovi oligarchi” dell’Eliseo nelle cui mai è concentrato un potere che nessun altro funzionario sembra abbia mai avuto nella cerchia presidenziale.

Nel giugno scorso la Procura nazionale francese che indaga sui reati finanziari ha aperto un’inchiesta per corruzione sul segretario generale dell’Eliseo, Alexis Kohler, uno degli uomini più potenti e motore di “En Marche”. Kohler, è stato accusato di “cattura illegale di interessi” e “traffico di influenze”. In sostanza gli sono stati imputati gli stretti legami con l’armatore MSC, un gruppo privato italo-svizzero con il quale lo Stato ha condotto una serie di negoziati negli ultimi anni, mentre Kohler ha ricoperto cariche chiave nel ministero dell’economia. MSC è uno dei clienti più importanti dei cantieri navali francesi di Saint-Nazaire. La presidenza francese ha “preso nota” della denuncia presentata dall’associazione Anticor per “appropriazione indebita di interessi”, “traffico di influenza” e “corruzione passiva” e ha aggiunto che “Alexis Kohler fornirà alla Procura tutti i documenti che dimostrino la sua condotta rispettosa della legge in tutto il percorso della sua carriera professionale”. E, per ora, tutto è finito lì. Ma l’opinione pubblica è rimasta sconcertata da tanta disinvoltura che in altri tempi non sarebbe stata tollerata.

Nei giorni scorsi il sito d’informazione indipendente Mediapart ha rivelato che nel 2010 e nel 2011 Kholer, in qualità di membro del consiglio di sorveglianza del porto di Le Havre, approvò la firma di contratti con la filiale francese dell’armatore italo-svizzero Msc, la Tnmsc, società fondata e diretta, come si è saputo nelle more dell’inchiesta, da cugini della madre. All’epoca dei fatti contestati il numero due dell’Eliseo sedeva nel consiglio dell’importante porto francese accanto all’allora sindaco di Le Havre, l’attuale primo ministro Edouard Philippe. Macron non ha ancora trovato il modo di dire una sola parola al riguardo. Arroganza?

Dopo la “sporca storia” del bodyguard Benalla, il presidente riteneva esaurita la sequela di piccole e grandi accuse sull’operato dei suoi fedelissimi. Ma la rentrèe è stata costellata anche da un altro scandalo: il ministro della Cultura, Françoise Nyssen, è stata accusa di abusi edilizi ed è sotto inchiesta tanto dalla Sovrintendenza ai Beni architettonici (sui quali ha diretta competenza) che dal Comune di Parigi: ce n’è di che dimettersi se non altro per ragioni di opportunità, ma la signora, tenuta in grande considerazione dalla coppia presidenziale, non ci pensa neppure e neppure si è scusata per il patente conflitto d’interessi che la coinvolge.

Politica estera e rapporti con il mondo mediterraneo, oltre ai conflitti con i partners dell’Unione europea rendono la presidenza Macron traballante. Il suo partito non decolla e a molti sembra una bolla di sapone. Le personali fortune politiche del giovane inquilino dell’Eliseo che ormai sembra dedicarsi soltanto alla battaglia contro il populismo, stanno rapidamente declinando. I sondaggi di opinione sono impietosi e settimana dopo settimana lo vedono scendere: la stessa parabola di Hollande.

Chi diceva che Macron era un prodotto dell’oligarchia forse non si sbagliava. L’onda lunga è durata poco. Riuscirà a risalire la china? Durante l’estate è rimasto pressoché recluso nel suo buen retiro nel sud della Francia, insieme con Brigitte. Nessun bagno di folla. Nessuna uscita né pubblica, né privata. Ha coltivato presumibilmente le amate letture nella speranza che il ritorno a Parigi fosse più tranquillo della partenza dal caldo Eliseo. Macché. L’autunno di Macron si annuncia infernale.

repubblicano macron

L’autunno di Macron si annuncia infernale. Ecco perché

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