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L’ambizione continua a rappresentare il dna della prima manovra gialloverde. A un mese o poco più dalla prima stesura della ex Finanzaria al Tesoro si continuano a fare le somme e le sottrazioni, sotto l’occhio vigile del ministro dell’Economia Giovanni Tria. Sarà lui infatti a dover presentarsi al cospetto europeo per dire che sì, il bilancio italiano sta in piedi anche con dentro flat tax, reddito di cittadinanza (qui l’approfondimento di Formiche.net) e revisione della legge Fornero.

Domani a Palazzo Chigi è in programma un nuovo super-verice Tria-Conte-Di Maio-Giorgetti (Salvini assente) per affrontare l’altro capitolo portante della manovra: le pensioni. La sfida è di quelle importanti per due ragioni essenziali. Innanzitutto quando in Italia si va a toccare il sistema pensionistico c’è sempre da usare i guanti perché argomento di grande impatto sull’opinione pubblica. Secondo, i conti vanno fatti bene perché c’è di mezzo il debito pubblico, come più volte sottolineato dallo stesso presidente dell’Inps, Tito Boeri.

Il governo mira alla cosidetta quota 100: si potrà andare in pensione non più a 66 anni, bensì non appena la somma tra gli anni e l’anzianità lavorativa toccherà tale importo (per esempio 64+36). Ma tutto questo ha un costo, più meno 4 miliardi. Dove prenderli? Ammesso che lo scatto dell’Iva al 24%, che vale dai 12 ai 15 miliardi, vada a finanziare i cardini del contratto, dunque flat tax e il reddito di cittadinanza, i soldi per cominciare a smontare la Fornero dovranno necessariamente arrivare da qualche parte.

L’idea che si sta facendo largo in queste ore è la cosiddetta pace fiscale, ovvero la possibilità per i contribuenti in difficoltà di rimettersi in regola con il fisco. L’idea è questa: chiunque abbia debiti col fisco superiori inferiori ai 100 milioni potrà pagare, in una finestra del 2019, il 25% del dovuto. Questo, secondo i calcoli della task force del Mef al lavoro sulla manovra, dovrebbe fruttare circa 3,5 miliardi di euro, quanto basta per sferrare un primo attacco alla Fornero.

La misura potrebbe essere inserita anche nel decreto fiscale tradizionalmente collegato alla legge di Bilancio. Bisogna però limare qualche spigolatura, per esempio la possibilità che la pace fiscale si sovrapponga alla rottamazione delle cartelle ancora in corso. Qualcosa poi si potrebbe ottenere dal taglio delle pensioni d’oro, che lo stesso Di Maio ha rilanciato questa mattina, annunciado la calendarizzazione del taglio per settembre, dunque in tempo per la manovra.

Ma proprio mentre tra Palazzo Chigi e Via XX Settembre prende corpo la manovra legastellata, si fanno sempre più insistenti le voci che vogliono la legge di Bilancio come il vero banco di prova per i rapporti tra Europa e Italia. Questa mattina Peter Cardillo, responsabile economista dei mercati presso Spartan Capital Securities, dalle colonne del CorSera ha avvertito che sarà il mercato a stabilire “fin dove si potrà spingere il governo italiano”. Un alert particolare è proprio sull’obiettivo ambizioso dell’esecutivo di smantellare la riforma Fornero.

“La riforma sulle pensioni porterebbe il governo di Roma allo scontro frontale con l’Unione europea. Nel Paese potrebbe riaprirsi la discussione se restare o uscire dall’euro. Tutto ciò potrebbe scatenare una grande speculazione, lo spread schizzerebbe a livelli inauditi e l’Italia ne uscirebbe a pezzi. Sulle tasse il discorso è diverso: forse ci può essere qualche margine per una riduzione graduale”. E per Le Monde “l’Italia prepara lo scontro con l’Ue”. Ma la regola del mercato può valere anche al contrario. Se il mercato è sovrano allora qualcuno potrebbe anche apprezzare il lavoro del governo. E la speculazione non accendersi.

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